11/03/11

Il lutto non si addice alla lotta

A Faenza non è un giorno di festa, ma di lotta. Tornano in piazza le lavoratrici della fabbrica del gruppo Golden Lady, da un anno in cassa integrazione perchè la proprietà ha deciso di trasferire la produzione in Serbia

di STEFANIA PARMEGGIANI

La mimosa appuntata sulla giacca, infilata nei capelli, stretta nel pugno. La mimosa venduta in piazza ma senza sorriso, con il volto segnato dalla rabbia e dalla preoccupazione, con al braccio una striscia nera, il simbolo del lutto. A Faenza oggi non è un giorno di festa, ma di lotta. L'ennesimo che coinvolge le lavoratrici della Omsa, fabbrica del gruppo Golden Lady, provate da una lunghissima vertenza sindacale e da un futuro senza alcuna certezza. E' l'8 marzo delle lavoratrici che solo un anno fa varcavano serene il cancello dell'azienda con la più alta percentuale di manodopera femminile del territorio, le stesse donne che una mattina si sono sentite dire: "Ci dispiace, la fabbrica trasloca in Serbia".

E' l'8 marzo delle dipendenti che hanno deciso di lottare: dodici mesi di cassa integrazione, scioperi, riunioni, cortei, firme, dodici mesi di una esposizione mediatica a cui avrebbero volentieri rinunciato e a cui sono state costrette per difendere i propri diritti. Sono andate in televisione e sui giornali, hanno posato per una mostra fotografica e recitato in un documentario, hanno raccolta la solidarietà in rete e sui social network, hanno gridato con voce sempre più alta il rifiuto di pagare sulla propria pelle, la decisione del gruppo Golden Lady di delocalizzare la produzione in Serbia, chiudendo lo stabilimento Omsa di Faenza e lasciando a casa i dipendenti, nella maggioranza dei casi donne e madri. Un colpo durissimo all'economia della città romagnola e un'offesa alla storia che proprio dentro quelle mura aveva compiuto passi importanti nel percorso di emancipazione femminile.

Oggi, 8 marzo, la Cgil di Faenza e alcune lavoratrici dell'Omsa, sono in piazza del Popolo a Faenza per vendere la mimosa con il braccio listato a lutto. "Come rappresentanti di queste lavoratrici - dice Samuela Meci della Filctem - pensiamo che non ci sia proprio nulla da festeggiare, dal momento che dopo un anno di cassa integrazione l'azienda non ha dato nessun tipo di risposta sul fronte della riconversione, e anche se avremo un altro anno, grazie alla fuoriuscita volontaria di 80 persone con la firma di un incentivo più corposo, non ci illudiamo assolutamente per il futuro".

L'incentivo più corposo è stato raggiunto dopo un serrato confronto: le lavoratrici dovranno decidere entro il 12 del mese se accettare 30mila euro per andarsene o se restare in azienda con un nuovo anno di cassa integrazione e il rischio di ritrovarsi in mobilità. Chi decidesse di andarsene dopo il 12 marzo, ammesso che ci siano ancora buoni-uscita (ne sono stati previsti 80) vedrebbe scendere l'incentivo a cinquemila euro.

"L'azienda si è dimostrata becera, arrogante e insensibile e oggi non può essere considerata una proprietà di cui fidarsi nonostante gli impegni sottoscritti al Ministero - continua la sindacalista -. Dovremo fare fronte comune assieme alle Istituzioni, affinchè l'azienda si impegni veramente alla riconversione e a dare una risposta occupazionale concreta. Nei prossimi giorni dovremo affrontare subito la complessa e difficile situazione che richiede soluzioni condivise e di pari dignità per tutti i lavoratori interessati all'incentivo e all'esodo".

Non c'è nulla per cui stare tranquilli, ecco perchè a Faenza oggi è una giornata particolare: "Siamo qua anche per ribadire l'importanza del lavoro delle donne su cui invece questo governo sta scaricando le conseguenze di un feroce attacco al diritto al lavoro e allo stato sociale che rischia di ricondurle dentro casa sostenendo un lavoro di cura pesante, non riconosciuto né socialmente, né economicamente".

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