La
Convenzione di Istanbul è un accordo internazionale che fu promosso dal
Consiglio d’Europa nel 2011 ed entrò in vigore nel 2014 per prevenire e
combattere la violenza contro le donne, lo stupro coniugale e le
mutilazioni genitali femminili.
All' articolo 3,
definisce la violenza di genere come una forma di discriminazione e
individua una serie di abusi come specifica violenza contro le donne:
violenza psicologica e fisica, stupro, molestie, stalking, matrimonio
forzato, mutilazione genitale femminile, aborto forzato e
sterilizzazione forzata, delitti d’onore. L’accordo è noto come
Convenzione di Istanbul perché fu ratificato nella città turca e perché
la Turchia fu il primo paese a firmarlo, quando già Erdogan era
presidente.
Negli anni
successivi alla ratifica, Erdogan aveva citato spesso la Convenzione
come dimostrazione dei presunti avanzamenti della Turchia nell’ambito
della parità di genere, ma unicamente per ottenere credito in Europa.
La
Convenzione è stata firmata da 45 paesi in tutto il mondo più l’Unione
Europea. L’anno scorso il parlamento ungherese aveva votato contro la
ratifica della Convenzione, mentre il governo della Polonia aveva
annunciato l’intenzione di uscirne. I governi di Polonia e Ungheria sono
entrambi populisti e
fascisti.
Nel
suo rapporto, la piattaforma KCDP sottolinea che coloro che si sentono
“disturbati” dall’uguaglianza di genere affermano che la Convenzione di
Istanbul metterebbe in pericolo o distruggerebbe le strutture familiari
tradizionali e la coesione familiare.
Nonostante il tasso elevato di femminicidio.
Secondo
l’Oms, il 38% delle turche ha subito violenza almeno una volta, mentre
secondo un rapporto dello stesso governo turco risalente al 2014 quattro
donne su 10 hanno subito abusi fisici o sessuali, tre su 10 si sposano
ancora minorenni,
nell’ultimo anno in Turchia ci
sono stati almeno 300 femminicidio e 171 donne sono state uccise in
circostanze sospette. Inoltre nei primi mesi del 2021 ci sono stati 65
femminicidio
al 33% delle ragazze non viene permesso di frequentare la scuola e all’11% delle donne di lavorare.
Da
anni in Turchia il governo del fascista Erdogan dipinge un’immagine dei
ruoli di genere che buona parte delle donne considera l’ennesimo
esempio di patriarcato di Stato: prendersi cura della casa e dei figli,
soprattutto farli i figli, almeno tre, per il bene della nazione, che "rischia ogni giorno a causa dell’avanzata della propaganda
Lgbtqiterroristi che puntano a distruggere la fabbrica sociale" (lo ha
ribadito su Twitter il vice presidente Fuat Oktay.
Erdogan ora ha annunciato che la Turchia ritirerà la firma dalla Convenzione e questo significa via libera a tutte le politiche e pratiche più reazionarie, sessiste contro le donne, legittimare femminicidi, stupri, attacco ai diritti delle donne, sostegno a partiti e forze più conservatrici e integraliste. In linea con la politica generale di massima repressione di diritti, lotte, di Erdogan.
Le
donne sono scese immediatamente in piazza, le maggiori manifestazioni
di protesta sono avvenute a Istanbul, Ankara e Smirne, sulla costa
occidentale , con le bandiere viola della piattaforma turca “Noi
fermeremo il femminicidio”.
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