08/03/21

8 MARZO - DA BOLOGNA LE COMPAGNE DI AMAZORA

Care tutte,
oggi vi raccontiamo una bella storia in mezzo a tutto questo fascismo pandemico che sta ingabbiando le nostre vite.
Dall'anno scorso in alcune abbiamo intrapreso una corrispondenza con una donna coraggiosissima che chiameremo Liudmila, rinchiusa nel carcere di Torino per essersi autodifesa dal suo compagno violento. Con coraggio ha scelto di spezzare le catene della violenza ma soprattutto ha messo in salvo la sua vita e la sua anima. Questo però le è costato affrontare un altro nemico, lo stato, che l'ha rinchiusa preventivamente per 17 mesi senza un processo. A novembre 2020 è cominciato il processo e si è concluso con la sua assoluzione.
Non abbiamo nessuna fiducia nella giustizia patriarcale, ma quello che ci rende felici è che Liudmila è libera. Siamo felici che malgrado tutti i nemici che ha dovuto affrontare, non sono riusciti a schiacciare la sua forza e il suo coraggio!
Quest'8 marzo vogliamo dedicarlo a lei, a tutte le persone che stanno lottando dentro il carcere, alle detenute di Trieste, alle operaie in lotta, alle badanti che durante una domenica (unico momento libero) sono state multate in massa al parco della montagnola, a tutte le donne e dissidentx che hanno deciso di ribellarsi al controllo carcerario messo in atto nelle nostre strade, alle donne migranti che lottano!
Vogliamo dedicarlo anche alla solidarietà, che con Natalia, ha attraversato muri e sbarre, spezzando l'isolamento.
Per continuare con la presabene vi mandiamo un testo che ci è piaciuto molto, scritto dalle compagne messicane a marzo dell'anno scorso sull'autodifesa.
un abbraccio femminista e resistente
Buon 8 marzo di lotta

La violenza nelle mani delle violentate è autodifesa
Messico marzo 2020
In tempi recenti abbiamo visto l’aumento delle mobilitazioni, azioni e organizzazioni di donne nel mondo, che denunciano le multiple forme di violenza a cui cercano di sottometterci.  Insieme a ciò le diverse forme
di partecipazione e denuncia sono tornate a confliggere fra loro. Questa
conflittualità è regolata da una serie di valori che il femminismo
liberale e bianco ha coltivato in modo opportunista in queste
mobilitazioni e che finisce sempre col solito discorso: le violente
siamo noi che ci opponiamo a questi valori e veniamo messe nuovamente in
discussione.
Che cosa ci guadagniamo a scrivere su una parete, a tirare giù una
recinzione, a lanciare una pietra o una molotov? NIENTE. E che cosa
perdiamo? Perdiamo la paura, ci leviamo di dosso lo schifo che ci
provoca ricordare tutte le volte che ci hanno toccate da quando siamo
bambine, perdiamo la stanchezza che ci lasciano questi anni passati a
cercare le nostre sorelle, ci disfiamo delle botte di tanti uomini che
lasciano segni sulla nostra pelle, sputiamo sui loro salari da miseria e
sulla disoccupazione che fa sì che riusciamo a malapena a dare un taco
alle nostre figlie, tiriamo fuori l’odio che proviamo verso le guardie
carcerarie che ci palpeggiano per poter entrare a vedere lx nostrx
prigionierx e quelle che ci tengono mentre altri sbirri esercitano le
loro torture sessuali sui nostri corpi dissidenti. Perdiamo così tante
cose che lo facciamo ogni volta di più e con più forza, perché ogni
giorno ci accolliamo sempre più le loro maniere perverse di metterci
all’angolo. Ma noi ci faremo spazio!
Abbiamo capito che il capitale, lo stato, la religione e il patriarcato
sono insiti in ognuna di noi. Quando nasciamo ce li iniettano e sono il
chip che abbiamo impiantato molto in profondità e che regola la maniera
in cui ci relazioniamo con gli altri esseri che abitano il pianeta.
Tuttavia, sappiamo anche che c’è chi ha osato mettere in discussione
queste imposizioni nel corso della storia, cercando di rompere quella
barriera che ci atomizza come esseri umani in relazione con il nostro
ambiente. Questi esseri senza nome, senza genere, senza dio, senza
patria sono venuti fuori in ogni episodio di rivolta per svelare la
situazione miserabile a cui ci hanno sottomesse. Questi esseri, a
centinaia di anni di distanza gli uni dagli altri, sono stati
protagonisti di rivoluzioni, rivolte, sabotaggi, attentati e hanno preso
la legittima arma della violenza per la nostra liberazione perché hanno
compreso che non saremo mai libere confidando nei nostri boia e nella
loro buona volontà.
In questo modo la violenza in mano alle violentate, oggi, ieri e domani
sarà sempre legittima, rivendicabile, replicabile e giusta. Coloro che
rivendicano la liberazione e confidano che il potere dello stato e tutto
il suo apparato ci farà giustizia o provvederà al nostro benessere, sono
completamente fuori strada nel pensiero, nell’azione e nella critica. Si
convertono automaticamente in parte del problema.
La violenza punita ad ogni costo non elimina la violenza, ma solo ne
condanna e criminalizza una parte: l’autodifesa, perpetuando così la
violenza sistemica, condannando tutte le sfruttate e oppresse a rimanere
li, nella miseria economica e sociale, mentre il sistema
eteropatriarcale capitalista segue il suo corso in avanti, messo in
discussione col contagocce e in maniera pacifica per potersi
autorigenerare una volta che sa dove sta sbagliando e così avere la
strada spianata per diventare ogni volta più perverso, così come fa da
secoli.
Di fronte a ciò, noi lottiamo per l’autodifesa, che è un termine molto
ampio e che comprende: cura di se, appoggio mutuo, solidarietà, fiducia,
comunità, sensibilità, e molto altro. NOI, che A VOLTE siamo i granelli
neri nelle mobilitazioni perché spesso siamo le UNICHE che si muovono
davvero, ci sono volte che non lo possiamo fare e altrettante in cui
siamo la maggioranza anche in mobilitazioni massive. Diamo battaglia
anche in questi altri spazi di autodifesa perché è li che costruiamo le
basi per un mondo che possiamo abitare, quegli spazi che non vi danno
fastidio perché non li vedete, perché il mondo dello spettacolo non lo
permette. Noi usciamo a manifestarci in questa maniera, non perché non
costruiamo nei nostri propri spazi, ma per distruggere quelli egemonici,
con la certezza di incontrarci e riconoscerci tra di noi e con questi
incontri prendere molta più forza e sommarla alla lotta autonoma che
punta ad un mondo senza violenza sistemica, che è l’unica causa della
necessità di autodifesa.
In quanto alle diverse azioni realizzate nelle mobilitazioni massive e
nella chiamata allo sciopero per la giornata della donna lavoratrice,
per provare a fermare i femminicidi e le aggressioni sessuali sulle
donne: perché esigere il castigo delle donne che non hanno fatto altro
che difendersi dalla violenza che ci colpisce tutte quotidianamente?
Perché si chiede giustizia a una minoranza di persone piene di
privilegi, che non hanno vissuto nè mai vivranno questa violenza sui
propri corpi? Siamo noi quelle che sono attraversate dalla violenza di
classe, genere e razza.. siamo noi che decidiamo di difenderci senza
chiedere permesso a nessuno perché a noi mai è stata concessa voce,
parola, decisione.. abbiamo fatto da noi la nostra voce, prendendo la
parola e decidendo di rispondere a questa violenza, creando con le
nostre mani giustizia.
Segnalare, condannare, criminalizzare ti pone dalla parte dello stato e
fa si che replichi le sue forme, quelle forme che sono state create per
mantenerci quiete e che si presentano in diverse espressioni di
accettazione sociale come “brave cittadine”, “ forme di protesta
adeguate e includenti” e altre. Non è segnalando le altre che si apporta
qualcosa, è più un modo per convertirsi in una sbirra e guardiana degli
interessi dello stato. Sei la delatrice di coloro la cui rabbia lascia
il segno negli spazi dove si concentra il potere. Anche se porti il
fazzoletto verde o viola non sarai mai un’alleata se non hai nemmeno
considerato la contraddizione di cui sei parte e che, come già abbiamo
detto, ha una radice storica nella mobilitazione delle donne. Non
permetteremo il ritorno, attraverso la criminalizzazione dell’altra, del
femminismo bianco liberale che sino ad ora l’unica cosa per cui pone il
corpo è difendere i monumenti storici e cercare di toglierci il
passamontagna.
Per ogni causa che abbia l’obiettivo di liberarci da questo sistema di
merda che ci violenta in modo sistematico, siamo e sempre saremo tutte
quelle che incendiano, attaccano, distruggono, vengono arrestate o
uccise, perché non abbiamo intenzione di retrocedere e le nostre parole
d’ordine sono salde e vogliamo con tutto il fuoco che arde nei nostri
cuori che siano realtà.
Siamo state tutte!
Ne atenee, ne sbirre, l’autodifesa è l’unica soluzione!

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