03/12/23

Ancora commenti, riflessioni sulla grande manifestazione del 25 nov a Roma e il lavoro del Mfpr

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Nell'Assemblea donne lavoratrici che abbiamo fatto il 12 ottobre dicevamo proprio che è necessario un salto di qualità del movimento delle donne, a fronte del salto di qualità, chiaramente in chiave “moderno fascismo”, del governo e dello Stato. In un certo senso possiamo dire che questo salto è cominciato. Chiaramente è necessario consolidarlo, vedere quello che ci sarà nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, però è indubbio che il 25 novembre c'è stata una grande risposta, frutto anche di una emozione che c'è stata a livello di massa di fronte al femminicidio di Giulia, che è stata come una scintilla che fa emergere una situazione più matura.

Non era scontato. Nei mesi precedenti la situazione sembrava andata indietro. In questo senso possiamo parlare ancora di più di salto di qualità nel senso che c'è stato un cambio di passo.

La manifestazione del 25 novembre a Roma, con le altre mobilitazioni, è come se ha determinato una presa di coscienza collettiva. Chiaramente ce ne vuole ancora perché sia una presa di coscienza da parte delle grandi masse, da parte dei proletari, delle proletarie, però è indubbio che una presa di coscienza maggiore rispetto a prima.

A Roma noi eravamo un piccolo gruppo a fronte di 500.000. Ma come dicono i nostri maestri: se hai la linea giusta, incidi, la linea giusta viene riconosciuta dai settori più attenti, più avanzati. Questa è una verità che è stata confermata in pieno. Anche in questa situazione, di assoluta sproporzione della nostra presenza con l’enormità della manifestazione, abbiamo comunque pesato per le parole d'ordine, per i contenuti che abbiamo portato e per come li abbiamo portati, in maniera combattiva. Siamo state un gruppo di agitazione e propaganda. L'avevamo detto che questa era la nostra funzione in questa grande manifestazione. Questo ha trovato subito riscontro nei risultati. Mao Tsetung dice che quanto il nemico ti attacca è una buona cosa, stai sulla linea giusta. Tutta la reazione dei giornali è sembrata sproporzionata rispetto alla nostra presenza. Però, spesso la borghesia capisce prima e meglio dov'è sta il pericolo. E, come abbiamo scritto, noi vogliamo essere pericolose. E in un certo senso siamo state coerenti nel modo come abbiamo partecipato.

Ma l’avevamo preparato. Nessuna può smentire che in questi mesi, che non sono stati esaltanti rispetto ad una mobilitazione delle femministe se non in alcuni momenti e in alcune città soltanto, noi abbiamo lavorato. Poco prima del 25 novembre, poco prima che accadesse l’uccisione di Giulia, la mobilitazione delle donne, delle femministe sembrava un pò sottotono – mentre, per fortuna, erano sopra tono tutte le mobilitazioni soprattutto delle ragazze sulla Palestina. Poi c'è stato questo “scarto”. Ma per noi non c'è stato un mese, non c'è stata una settimana, non c'è stato un giorno in cui siamo state zitte e ferme. Basta leggere il blog femminismorivoluzionario per vedere che noi ogni giorno e su tutte le questioni, veramente a 360°, abbiamo portato la voce del movimento femminista proletario rivoluzionario, non perdendo però l'obiettivo: contro i padroni, contro il governo, contro il moderno fascismo contro lo Stato borghese. Abbiamo lavorato, abbiamo scavato.

E’ come se abbiamo creato una sorta di “polarizzazione”, nel senso che abbiamo portato la posizione chiara, alternativa a quella del femminismo piccolo borghese. Si può essere d'accordo, come non si può essere d'accordo, con le nostre posizioni, ma nessuno può negare questo. In questo senso è giusto quello che abbiamo detto all'Assemblea donne lavoratrici: serve il movimento femminista proletario rivoluzionario, che non è un problema di gruppo, di organizzazione, di sigla, è un problema che è l'alternativa necessaria alla lotta delle donne, in sintonia con la radicalizzazione che c'è stata. I numeri parlano da sé, se ci sono questi numeri, c’è una radicalizzazione. Noi ci stiamo bene perché siamo in sintonia, perché in un certo senso l’avevamo anticipato.

In questi mesi abbiamo fatto sentire la voce femminista proletaria rivoluzionaria su tutta l'azione del governo, punto per punto, non abbiamo dato tregua al governo Meloni su ogni aspetto, dalla maternità surrogata a Caivano, alla questione della natalità ecc,

C’è ora una radicalizzazione. Quest'anno nella manifestazione del 25 novembre il clima non era come gli altri anni soprattutto festoso, fatto di balli, sorrisi, ecc.; c'è stata invece più la rabbia, che ha portato anche a fare azioni lungo il corteo, come la forte protesta contro l'Associazione provita&famiglia. A cui purtroppo non abbiamo partecipato perchè non l'abbiamo saputa in tempo. Ma ci sarebbe piaciuto tanto esserci. Anche questo attacco ha dimostrato che la manifestazione di quest'anno è stata molto diversa. Noi avevamo detto: ci vogliono le azioni. Bene, le azioni si stanno cominciando a fare. Ora si tratta di saper cogliere bene il senso di queste azioni. Perchè noi dobbiamo essere in sintonia. C'è sicuramente un avanzamento di una coscienza collettiva, chiaramente soprattutto sul problema femminicidio e stupri, non ancora su altre questioni, sugli attacchi generali alle condizioni delle donne: lavoro, salario, condizioni di vita, scarico sulle donne dei costi sociali, discriminazioni, violenza quotidiana, ecc. Su questo ancora non ci siamo, ma su femminicidi e stupri c'è questa coscienza, chiamiamola spontanea. E noi comuniste siamo quelle che raccolgono, sono in sintonia con questa coscienza spontanea, ma non per "accompagnarla", ma per portare, classicamente, "dall'esterno" la coscienza effettiva, la coscienza della necessità della rivoluzione. Quindi il nostro compito è innanzitutto e sempre più questo.

Noi non potremo mai, se sono 500.000 - la più grande manifestazione, mai nessun sindacato da anni può mettere insieme 500.000 lavoratori, il movimento delle donne invece sì - essere di più. Dobbiamo riuscire a far comprendere alle lavoratrici che lottano - cosa che è difficile, perchè sono "toste" - che loro devono avere un ruolo in questo movimento, devono esserci. Però saremo sempre una minoranza. Il vero problema è che come minoranza dobbiamo portare sempre di più la linea giusta, l'analisi giusta, dire la parola d'ordine giusta al momento giusto. E questo stiamo riuscendo a farlo, stranamente, ma stiamo riuscendo a farlo.

Dobbiamo creare una "polarizzazione" col femminismo piccolo borghese, questo serve, non tanto che noi possiamo competere con i numeri; questo non potrà mai avvenire ma non deve avvenire perché vorrebbe dire che noi stiamo diventando come il femminismo, certo più radicale, ma sempre piccolo borghese.

Noi dobbiamo essere e porre la necessità di una coscienza organizzata in questo vasto movimento, influenzare settori di Non una di meno. Stiamo avendo una influenza anche nell'atteggiamento diverso nei nostri confronti. Certo quest'anno la situazione era diversa rispetto all'anno scorso, ma come l'anno scorso, dicemmo: comunque non ci possono cancellare, in un certo senso quest'anno forse qualcuna "non ci vuole cancellare". Quest'anno nessuna ci è venuta a "rompere le scatole", eppure avevamo le bandiere addosso, su ogni cartello, striscione era scritto 'movimento femminista proletario rivoluzionario. D'altra parte su alcune questioni, in particolare oggi la Palestina, ma non solo, è come se ci fossero due anime all'interno di Non una di meno. Tant'è che noi che cosa abbiamo fatto l'ultima volta? Nel blog femminismorivoluzionario abbiamo messo tutti e due i comunicati di Nudm, quello buono e quello negativo, anche per radicalizzare le differenze.
Rispetto a Non una di meno, la nostra posizione di "un piede dentro e un piede fuori", significa che quando dicono o fanno una cosa giusta, noi diciamo che hanno fatto una cosa giusta, quando invece dicono o scrivono cose sbagliate, noi le critichiamo apertamente, tempestivamente, perché anche la tempestività è importante.

Un'altra questione scientifica che il 25 novembre conferma è che è la lotta che trasforma le coscienze. Questo è importante anche rispetto al discorso sull'educazione, la cultura patriarcale. Chi parla di "patriarcato" è inevitabile che parli di cultura che poi va a finire all'educazione nelle scuole, ecc. Chi parla di patriarcato non parla di rovesciare il sistema capitalista.

Ma la manifestazione di Roma, per chi la vuole capire, dice esattamente quello che diciamo noi: è la lotta che trasforma le coscienze, che trasforma le idee. Ce ne vogliono tante di lotte, certo, però è la lotta che cambia. Il concetto che noi dobbiamo rafforzare è proprio questo. Ed è un concetto scientifico.

Noi lavoriamo per questo. E abbiamo avuto un ruolo, quello necessario, quello possibile. Occorre che rafforziamo in concezione, politica e pratica questi elementi, svilupparli ancora di più.

Un altro elemento effettivamente l'hanno colto subito i giornali, la storia della critica anche alla Schlein. Questo è un elemento che solo noi abbiamo portato effettivamente ma che invece è importante per combattere ogni illusione. La Schlein fa da parte dell'altra faccia della medaglia, il Pd del moderno fascismo. Questo non è una novità per noi, l'avevamo già detto (https://femminismorivoluzionario.blogspot.com/2023/03/l8-marzo-e-femminista-proletario.html). Ma dobbiamo sempre di più analizzare e fare la denuncia del governo, dei suoi ministri, punto per punto.

Questa è una battaglia anche all'interno dei rivoluzionari, perché tanti si limitano a dire che tutti i governi sono uguali, con una denuncia generalista, superficiale. Ma noi siamo comuniste. Marx, Lenin hanno sempre analizzato punto per punto le questioni, la politica della borghesia.
Noi dobbiamo "mettere le mani" dovunque In questo modo ci impossessiamo della critica marxista, della lotta leninista a tutte le sfumature.

E finisco appunto con la questione delle sfumature.

La posizione del 'Comitato 23 settembre' sul 25 novembre. all'inizio del comunicato vengono scritte cose scontate sulla condizione generale in questo sistema delle donne; ma poi tutta questa denuncia/analisi finisce con "Esigiamo una scuola diversa... consultori che supportino le difficoltà alle più fragili..", ecc; cioè finisce col rivendicare banalità riformiste.

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