19/04/21

L'intervento per l'Assemblea donne/Lavoratrici al Convegno del 18 aprile su pandemia/salute/lotte proletarie

Ad una anno dall’esplodere dell’emergenza pandemia possiamo affermare che a fronte dell’amplificazione degli attacchi da parte dei governi borghesi e di questo stato alla nostra condizione di lavoro e di vita più in generale, le donne proletarie non hanno mai abbandonato la lotta, L'emergenza coronavirus ha posto in maniera ancora più netta e senza scampo che questo sistema capitalista è la causa e il cancro dell'umanità, e che le donne non hanno da aspettarsi niente da esso ma hanno da rompere le catene che si fanno sempre più strette. La gestione poi della pandemia ha messo ancora di più in luce l’orrore di questo sistema capitalista, il doppio sfruttamento e oppressione delle donne, un sistema che ti chiude in casa spesso col tuo assassino,  che usa la pandemia non per dare vere risposte ai tragici problemi della sanità, della salute e sicurezza sui posti di lavoro, della condizione degli anziani, ma per accentuare lo scaricamento sulle donne dell'assistenza, della cura, di conciliazione tra stato/interessi del capitale/famiglia.

 

E non è un caso che lavoratrici, operaie, precarie di diversi settori, donne disoccupate, donne migranti, già nel lockdown sono state una avanguardia di lotta, sono state quelle che hanno gridato al governo un forte NO ad una condizione di sfruttamento e oppressione che la pandemia ha aggravato e amplificato e anche se in maniera sparpagliata e frastagliata  hanno comunque resistito e lottato.

 

Queste lotte sono continuate e stanno continuando fino ad oggi, rendendo concreto e reale un percorso di lotta certamente non facile, né scontato ma che in varie forme e con diverse iniziative, azioni, mobilitazioni di resistenza, coraggiose, esemplari, di sfida ha visto la scesa in campo delle lavoratrici, delle donne proletarie, dal settore della sanità, supersfruttate e messe a rischio vita - dalla città emblema della trasformazione criminale della pandemia in strage, Milano, al Lazio, ecc.; alle operaie della città dei cortei di bare come Bergamo, con le operaie immigrate forti e determinate della Montello; così le operaie di alcune fabbriche metalmeccaniche, le operaie della logistica che hanno fatto anche scioperi spontanei durante il lockdown; così le lavoratrici precarie del sud in lotta permanente come le lavoratrici degli asili di Taranto o le lavoratrici per cui il lockdown ha significato anche perdere lo straccio di lavoro e salario che avevano, vedi le combattive e resistenti precarie dei  servizi di assistenza nelle scuole di Palermo, sotto processo per le lotte messe in campo e nuovamente denunciate in questi giorni; così le braccianti migranti rappresentate da Campagne in lotta; così le lavoratrici delle pulizie, delle mense, degli alberghi, dello spettacolo dal sud al nord; le lavoratrici del commercio de L'Aquila, dei supermercati che hanno continuato a lavorare a rischio; le lavoratrici delle poste, le  lavoratrici della scuola e del pubblico impiego che hanno visto sulla propria pelle che cosa è realmente lo smart working con tutto quello che comporta in termini di più oppressione e rischio anche sul piano della salute piscofisica.

 

Un punto importante di confluenza e collegamento reale di tutte le denunce, delle istanze di lotta, delle lotte reali messe in campo, vi è stato con le assemblee nazionali donne/lavoratrici fatte a settembre, novembre 2020, a febbraio '21, fino a quella del 9 aprile scorso; attraversando anche alcune tappe significative, come la giornata di azione del 15 gennaio; il protagonismo delle lavoratrici, in particolare di alcuni settori, nello sciopero del 29 gennaio. La tappa più importante per le donne è stato lo sciopero delle donne dell’8 marzo, in cui, quest'anno, vi sono stati elementi nuovi e in sviluppo.

In primis l'estensione dello sciopero a nuove realtà di donne proletarie; nelle  realtà lavorative dove in particolare siamo intervenute non abbiamo appiattito la lotta, le ragioni dello sciopero sulle vertenze in corso ma abbiamo portato nella denuncia, nelle parole d’ordine, nella lotta la necessità della battaglia generale delle donne, perchè “tutta la vita deve cambiare” contro ogni sfruttamento e oppressione che in questo sistema capitalistico è a 360 gradi.


Nella piattaforma diffusa nello sciopero dell’8 marzo abbiamo posto la necessità che le donne lavoratrici, proletarie impugnino anche la battaglia per la salute e sicurezza sui posti di lavoro e per la salute e difesa della vita più in generale, rafforzino questa lotta laddove già si mette in campo. Alcuni punti della piattaforma: 

- Aumento delle pause, riduzione dei ritmi e dei carichi di lavoro nelle fabbriche e in tutti i luoghi di lavoro (in particolare ora per l’uso continuo di mascherine);

- Condizioni di lavoro e ambienti di lavoro (compreso servizi igienici – vicini alla postazione lavorativa) a tutela della salute, anche riproduttiva, delle donne e della dignità delle lavoratrici; garantire misure sanitarie anticovid e distanziamento

- No ad interventi: smart working – bonus casalinghe, ecc. - che vogliono conciliare famiglia e lavoro, aggravando il doppio lavoro delle donne;

- In agricoltura  No all’uso di prodotti tossici; strutture mediche vicino ai luoghi di lavoro;

- Accesso gratuito ai servizi sanitari, aumento di asili e servizi di assistenza anziani gratuiti;

- Diritto di aborto libero, gratuito e assistito, in tutte le strutture pubbliche, abolizione dell’obiezione di coscienza; contraccettivi gratuiti - potenziamento della ricerca per contraccettivi sicuri per la salute.

- Libertà, accesso a misure alternative per le donne/proletarie detenute, come tutela del diritto alla salute/anticovid, alla genitorialità, e come difesa dalle violenze, abusi sessuali in carcere che colpiscono immigrate, soggettività trans, ecc.;

 

Istanze di lotta e per la lotta che sono anche il frutto di inchieste dirette tra le operaie, le lavoratrici come quelle di alcuni anni fa che abbiamo fatto tra  le operaie  della Fiat Sata di Melfi e dell’Amadori o come quelle più recenti con le combattive operaie della Montello di Bergamo, sfruttate e soggette a discriminazioni di genere, che, come le operaie della Brambo, della Evoca, in parte hanno scioperato, contrastando il pesante clima di ricatto padronale e anche contro le condizioni da vero e proprio moderno medioevo in cui lavorano in fabbrica, un lavoro “sporco e brutto” hanno detto le operaie perché sui nastri trasportatori passa di tutto: materiali pericolosi, siringhe, con orari pesanti, senza ausili protettivi sufficienti, di pause, bagni in condizioni pessime, mensa non adeguata… e oggi ancora più a rischio con il covid e in una  situazione a serissimo rischio, in cui screening di massa periodici e la vaccinazione per tutte restano un miraggio. 


Cosi tra le operaie dell’Evoca dove i metodi di usura scientifica sulle linee di montaggio per ottenere il massimo di efficienza nella produzione alla catena e per produrre più velocemente abbassa altrettanto velocemente la soglia anagrafica, si estende la massa delle operaie con disturbi e limitazioni ancora in giovane età. E per chi non regge i ritmi, fiom fim uilm hanno pensato all'esodo incentivato 'volontario".

 

Le lotta messa in campo verso le lavoratrici della scuola in città come Milano a Palermo tra le lavoratrici docenti e ATA, dallo sciopero del 29 gennaio all’8 marzo, nonostante la gravissima esclusione dallo sciopero delle donne del settore scuola, ha messo in luce come la pandemia ha scoperchiato i guasti prodotti da anni di politiche di tagli alla scuola, nessuna soluzione reale dei problemi pregressi e strutturali come il reperimento di spazi per permettere a tutti gli studenti di seguire in presenza. Abbiamo detto: No alla DAD né alla Didattica integrata che vogliono rendere strutturali, potenziamento dei mezzi di trasporto, ripristino del servizio di medicina scolastica, tamponi periodici per studenti e personale, piano di vaccinazione con chiara informazione e seria distribuzione ed erogazione (vaccinazione oggi bloccata al personale della scuola, vaccinato di fatto a metà); no ai profitti capitalistici sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari, da parte dei governi che pongono come sostanzialmente come unica soluzione la chiusura parziale o totale delle scuole. 

 

Le precarie dei servizi essenziali come quelle di Palermo che stanno lottando da anni per riavere il loro lavoro e per un reddito mentre lottano per rientrare al lavoro che hanno perso da mesi non solo per le scellerate politiche di tagli e smantellamento dei governi nazionale e regionale ai servizi pubblici ma anche a causa della pandemia, per cui le scuole si chiudono a alcuni lavori materialmente non si possono svolgere se non in presenza, sono scese in lotta e protesta facendo sit in anche all'Assessorato della sanità per chiedere con forza misure serie sul fronte salute e sicurezza per le scuole e non solo. 

 

La lotta delle precarie di Taranto, da prendere anche come esempio e da generalizzare, che nella lotta che stanno facendo anche per l'internalizzazione del servizio di ausiliariato nelle scuole, hanno posto pure istanze di lotta per la salute e sicurezza ponendo dei punti precisi come 

1) pur con gli asili chiusi, le lavoratrici ausiliarie possono lavorare all'interno per fare con accuratezza pulizie straordinarie (anche di mobili/strutture varie/centinaia e centinaia di giocattoli, ecc.

2) sanificazione degli ambienti - si sottolinea che la chiusura degli asili avvantaggia questo lavoro, permettendo alle lavoratrici di rispettare al massimo il distanziamento che nella ordinaria attività con asili aperti, non è possibile;

2) utilizzare una parte dei giorni di chiusura per fare  corsi di aggiornamento e formazione professionale on line sulla sicurezza, per la situazione della epidemia...

 

La forza del messaggio dello sciopero delle donne è entrata anche nelle carceri dove alcune donne detenute lo hanno fatto nelle forme possibili, come è avvenuto per esempio a Trieste. In un‘istituzione classista e patriarcalista come il carcere la pandemia ha inasprito di molto le condizioni già dure delle donne detenute; ma da Pozzuoli a Rebibbia, da Latina a Vigevano, da Torino a Trieste ecc. le donne detenute hanno fatto emergere, con le denunce e la cruda evidenza dei fatti, con la lotta e la solidarietà, unita alle proteste fuori dal carcere, che è giusto e necessario ribellarsi!

Molteplici sono i rigetti  delle pratiche per le misure alternative, anche per le detenute che per legge ne avrebbero diritto. L‘assistenza sanitaria e psicologica è inadeguata o inesistente, le strutture in cui le detenute sono costrette a vivere sono per lo più fatiscenti, carenti di servizi igienici, e l‘acqua calda è un miraggio, come pure, spesso, il rispetto delle regole sulle ore d’aria, e di apertura. Le donne detenute chiedono tamponi periodici e chiare informazioni sulla vaccinazione che mancano assolutamente. 


Ora, mentre le lotte delle lavoratrici continuano, occorre estendere il lavoro d’inchiesta per trarre anche nuovi elementi reali per le lotte da mettere in campo, per rafforzarle, collegarle, estenderle, anche sul piano specifico della salute e sicurezza, come per far uscire settori di lavoratrici dalla invisibilità, vedi per esempio le tante lavoratrici migranti del settore agricolo.


La lotta per la nostra salute e sicurezza e in difesa della nostra vita più in generale, le lavoratrici, le donne proletarie non possono e non devono delegarla a nessuno ma prenderla nelle proprie mani. Non possiamo e non vogliamo tornare alla “normalità”!

La questione, in ogni ambito della condizione della maggioranza delle donne, è rivoluzione o “normalità”. Non più come prima! 

La crisi pandemica ed economica sta mostrando ancora di più la necessità, per un avanzamento generale della lotta delle donne sui diversi piani, della comprensione dell'emergenza del femminismo proletario.

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