Nella sezione femminile del carcere di Rebibbia c’è un vero e proprio
focolaio di Covid-19.
Dopo aver saputo che i pacchi e i colloqui erano stati sospesi, il 27
marzo alcune persone hanno portato un saluto di affetto e solidarietà
alle detenute per ascoltare dalla loro voce com’era la situazione
all’interno e come stavano.
Le donne hanno risposto raccontando che la sezione "Cellulare" (che si
affaccia sul parco) era stata chiusa proprio quel giorno: in cella h24,
niente più pacchi né colloqui. Nella sezione “Camerotti”, invece, queste
misure erano state già prese da una settimana.
Hanno parlato della scarsità di mascherine e del ritardo nell’effettuare
i tamponi.
Le persone contagiate si trovano attualmente nelle celle d’isolamento al
primo piano; sembra che nessuna di loro sia in ospedale e, a quanto ci
dicono, il ricovero è stato negato anche ai casi più gravi.
A tutto questo si aggiungono le costanti minacce di sanzioni
disciplinari se mettono in atto azioni di protesta come la battitura o
interagiscono con le persone solidali all’esterno per raccontare quello
che succede dentro.
Esasperate dalla condizione che vivono in carcere, arrabbiate per il
fatto di non poter più vedere le persone care, preoccupate per
l’altissima diffusione del contagio e le scarsissime misure preventive
messe in atto, le donne detenute ci chiedono la massima diffusione di
questa situazione.
Chiedono, come dall’inizio della pandemia, amnistia e indulto!
Non lasciamole sole, non lasciamo che cada il silenzio sulle loro voci.
L'unica sicurezza è la libertà
Assemblea parenti e solidali delle persone detenute
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