Pubblichiamo
di seguito un articolo di Jennifer Guerra, anche se non lo condividiamo fino in
fondo; in particolare nella parte in cui si dice che per combattere la violenza
maschile sulle donne basterebbe "disporre degli strumenti che la legge
offre nei riguardi di qualsiasi violenza" e incentivare l’educazione
sessuale nelle scuole.
Prima
di tutto perché la violenza maschile sulle donne non è una qualsiasi violenza,
ma è alla base di tutte le violenze, e gli strumenti di legge oggi esistenti
sono quelli dettati da una classe dominante che quelle violenze continua ad
usare per rimanere al potere. Secondo perché anche l'educazione, come la
"giustizia", è l'espressione dell'ideologia della classe dominante.
Quindi per combattere realmente la violenza maschile sulle donne, bisogna
mettere in discussione, nel senso di un suo rovesciamento radicale, l'intero
sistema sociale ed economico che è alla base della violenza sulle donne.
4 italiane su 5 sono violentate da italiani. E a nessuno interessa fermarli.
DI
Jennifer Guerra
4
settembre 2018
Il
30 agosto una ventunenne di Parma ha denunciato per violenza sessuale due
uomini, dopo aver accettato l’invito a uscire di uno di loro, Federico Pesci,
un noto imprenditore della zona. Secondo la ricostruzione offerta, l’uomo, dopo
averla portata nel suo appartamento, si è fatto raggiungere dal suo pusher
nigeriano Wilson Ndu Anihem e con lui ha stuprato e torturato la ragazza tutta
la notte. È l’ennesimo caso di violenza dell’estate 2018. A Menaggio, sul lago
di Como, due diciassettenni avrebbero subito uno stupro di gruppo da parte di
quattro ragazzi, un italiano e tre stranieri – tre di loro, fermati, sono stati
per il momento scarcerati, in assenza di prove. A Jesolo, una quindicenne sarebbe
stata abusata in spiaggia da un senegalese, mentre a Rimini una donna danese di
26 anni, secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, sarebbe stata
aggredita da un venditore ambulante bangladese. Sempre nella località balneare
e sempre secondo le ricostruzioni, una tedesca sarebbe stata violentata da due
allievi poliziotti della Polgai di Brescia.
Federico
Pesci
Non
tutti gli stupri, però, hanno lo stesso peso. Ad esempio, su Libero si parla
casualmente solo della “bestia bengalese” e del “verme senegalese”. Gli altri
casi, dove erano coinvolti anche italiani, non pervenuti. Anche Il primato
nazionale ha problemi di memoria e si concentra solo sulla vicenda di Jesolo,
commentando: “Ormai non si contano più le violenze sessuali perpetrate da immigrati
in Italia”. Anche Salvini, tra un bacio ai rosiconi e una serata al Papeete
Beach, si ricorda solo del senegalese. E tutti gli altri? O meglio, tutte le
altre, visto che nella caccia al mostro dalla pelle scura ci si dimentica che
ci sono anche delle vittime di mezzo.
Nel
1944, la Repubblica Sociale Italiana promosse un manifesto disegnato da Gino
Boccasile che raffigurava un soldato alleato di colore che afferra con violenza
una donna bianca. “Difendila”, recitava il manifesto, “Potrebbe essere tua madre,
tua moglie, tua sorella, tua figlia”. Nel 2017 Forza Nuova ha ripreso quel
disegno di Boccasile cambiando la didascalia: “Difendila dai nuovi invasori”. A
parte il fatto che nessuna donna ha chiesto di essere difesa e che non c’è
alcuna invasione in atto, il manifesto una cosa giusta la dice: “Potrebbe
essere tua moglie”, ma al posto del soldato di colore avrebbero dovuto metterci
un italiano. Come infatti ha evidenziato il presidente dell’Istat Giorgio
Alleva alla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, gli stupri
subiti dalle donne italiane sono stati commessi da italiani in oltre l’80% dei
casi (insomma, 4 volte su 5 l’autore della violenza è italiano) e nel 62,7% dal
partner.
Nonostante
questo, sembra che a interessarci siano solo le violenze commesse da immigrati.
Quando l’uomo nero prende la donna bianca, si crea una dinamica perfetta, che
non ha bisogno del solito processo alla vittima o del richiamo alla presunzione
di innocenza come accade se a commettere l’abuso è un rispettabile italiano.
Quando a settembre dello scorso anno due carabinieri di Firenze furono accusati
di aver abusato di due studentesse statunitensi, si scatenò un interminabile
j’accuse sulla morale delle due ragazze – erano ubriache, li avevano provocati
e loro si sono solo comportati da “maschietti”; addirittura le due avrebbero
secondo alcuni voluto incastrarli per intascarsi i soldi dell’assicurazione.
Nel caso di uno stupro commesso da uno straniero, tutto questo inutile teatrino
sulla lunghezza dell’orlo della gonna e la percentuale di alcool nel sangue
scompare.
L’idea
dell’uomo nero che si impossessa della donna bianca è ben radicata nel nostro
immaginario. Fa parte dello scenario più ampio, che oggi viene sovente chiamato
“invasione” o ancora peggio “sostituzione etnica”, in cui l’uomo nero viene
visto come un ladro assetato dei beni dei bianchi, come la terra, il lavoro e
il Wi-Fi gratis. Beninteso, fra quei beni bianchi ci sono anche le donne, le
“nostre” donne. Come dice il manifesto di Boccasile ripreso da Forza Nuova, le
donne bianche sono un bene da difendere, soprattutto se madri, mogli e figlie.
Non c’è spazio per le donne che non rientrano nel diritto di proprietà
maschile, come le ragazzine che se la vanno a cercare provocando i carabinieri
o le donne straniere, che tra l’altro sono molto più soggette a stupri e
tentati stupri rispetto alle italiane.
Questo
si riflette anche nel comportamento di denuncia delle donne nel caso di
violenza sessuale. Secondo un rapporto dell’Istat, infatti, nel caso di stupri
commessi fuori dalla coppia, la quota di vittime di stupro subito da parte di
un autore straniero che dichiara di aver denunciato è oltre 6 volte più alta
rispetto al caso in cui l’autore sia italiano. Per il tentato stupro la
differenza è addirittura di 10 volte. Uno studio del 2002 dell’Università di
Washington e dell’Università della California ha analizzato il problema della
razza come variabile significativa nel giudicare la gravità dei casi di stupro.
In particolare, si è concentrato sugli stereotipi che riguardano la sessualità
delle persone di colore, sia che si tratti di vittime che di stupratori. Gli
uomini neri sono considerati sessualmente incontentabili, incapaci di
controllare i propri istinti animaleschi e per questo motivo più propensi allo
stupro. Le donne nere, invece, sono viste come troppo promiscue e sessualmente
disponibili per rifiutare un rapporto sessuale. Questi bias influenzano la
nostra percezione dello stupro: l’uomo nero stupra perché è fatto così, l’uomo
bianco perché ci sarà sempre una qualche ragione che lo giustifica. Di
conseguenza, anche la percezione della gravità della violenza cambierà a
seconda della nazionalità dello stupratore e di quella della vittima. Tanto che
c’è chi su Twitter, commentando lo stupro di Parma, accusa di violenza solo il
pusher senegalese, perché in fondo la ragazza era uscita con Pesci
volontariamente.
A
questo si aggiunge un altro topos della cultura occidentale, ovvero quello
della “Damsel in distress”, la damigella in pericolo, una donna nubile,
graziosa e innocente che deve essere salvata dalle grinfie del mostro. L’idea
della damigella in pericolo è alla base della cosiddetta “Missing white woman
syndrome”, la sindrome da donna bianca scomparsa. Si tratta di un fenomeno
sociale per cui, quando a essere data per scomparsa è una donna bianca, giovane
e di classe medio-alta, la copertura dei media è sproporzionata alla gravità
del caso. Tale copertura è invece marginale se a scomparire sono un uomo o una
donna di colore. I media, nel trattare i casi di donne bianche scomparse,
insistono sulla bellezza e l’innocenza delle vittime, sui legami affettivi
della famiglia e sul loro ruolo di membri di spicco della società. Lo stesso
trattamento si ripete nei casi di omicidio e di stupro, dove si ricalca il
modello della vergine violata da un uomo socialmente inferiore o di carnagione
più scura.
Tale
modello è alla base delle teorie razziste contro la mescolanza delle razze. Lo
stupro è più grave se si mescola la purezza bianca alla bestialità nera, così
come prescrive quel fascismo a cui ci si richiama ogni qualvolta non si riesce
a sorpassare la nazionalità dello stupratore. “Il carattere puramente europeo
degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e
portatrice di una civiltà diversa da quella millenaria degli ariani,” sosteneva
il Manifesto della razza pubblicato sul Giornale d’Italia del 14 luglio 1938.
Che è un po’ quello che sostiene chi pensa che gli immigrati vengano qui a
violentare le “nostre” donne: loro non sanno tenerselo nei pantaloni, non
rispettano le donne, la loro cultura è diversa dalla nostra.
Intanto
la nostra millenaria civiltà è quella che ha commesso oltre 1600 stupri nei
primi sette mesi del 2018, come ha evidenziato il dossier della Polizia
pubblicato sul Corriere della Sera. Senza contare le migliaia di violenze
sommerse, mai denunciate, consumate tra le mura domestiche dai propri partner,
magari gli stessi che inveiscono contro gli immigrati. Le donne non devono
essere difese dalla minaccia straniera, ma disporre degli strumenti che la
legge offre nei riguardi di qualsiasi violenza. Chi usa la cronaca degli stupri
per fare propaganda politica, selezionando accuratamente i casi di cui parlare
in base alla concentrazione di melanina nella pelle del colpevole, non ha
affatto a cuore la sicurezza delle donne. Se la avesse, incentiverebbe
l’educazione sessuale nelle scuole, rafforzerebbe le politiche alla tutela
delle donne maltrattate e, invece che urlare alla castrazione chimica – operazione
anticostituzionale e controproducente – accorcerebbe i tempi del sistema
giudiziario. Ma è molto più semplice sbattere il mostro in prima pagina,
soprattutto se è nero.
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