Le operaie bambine si raccontano: “Così conquistammo parità e diritti”
Furono le prime in Italia. Ora la storia del “contratto della montagna” rivive in un film
Nel 1945 il «patto della montagna» firmato in clandestinità da imprenditori e
sindacati con la protezione dei partigiani, metteva gli uomini di fronte a un
dato di fatto: o scendevano a compromesso con le donne o nei reparti il lavoro
si sarebbe fermato. Così prima ancora della fine della guerra, per la prima
volta fu prodotto il documento che sanciva, a pari mansioni, una paga uguale per
tutti. E finalmente anche le donne portarono a casa 119 lire come i loro
colleghi.
«Ero una bambina ma ricordo l’atmosfera di quei giorni - spiega Annamaria Ranghino, 70 anni, operaia tessile - Mia madre lavorava in fabbrica e mio padre era partigiano. Si respirava la sconfitta del fascismo ma c’erano anche tanta fame e stanchezza. Nelle fabbriche scoppiavano rivolte e scioperi. Le donne rappresentavano il 70, 80 per cento della forza lavoro ed erano sfiancate dall’impegno ai telai e da quello in casa. Per questo erano in prima fila nella protesta: volevano la parità ma soprattutto volevano una vita. Dieci ore in fabbrica e poi i figli e gli anziani da seguire era insostenibile e c’era un disperato desiderio di rivincita».
Ma dopo il «patto della montagna», finita la guerra, le cose tornarono come prima. «Gli imprenditori sembrava avessero dimenticato - prosegue Ranghino -. L’Italia doveva essere ricostruita, l’industria doveva ripartire. Sono entrata in fabbrica a 14 anni e poi è venuta anche mia sorella più piccola. Il primo compito che ti davano era quello di unire i fili. Poi andavi avanti: quando eri abbastanza grande e soprattutto forte ti facevano sistemare le bobine di filo sui tela e quindi si arrivava al telaio».
Gli Anni 50 furono i più difficili e le donne, allora, tornarono a reclamare quella parità che avevano solo intravisto. Fu un avvocato siciliano approdato alla Camera del Lavoro di Biella a riaprire le contrattazioni con un documento firmato da 1.300 tessitrici che reclamavano gli arretrati maturati sulla disparità di trattamento fra il loro stipendio e quello degli uomini.
«Le sentenze in primo e in secondo grado diedero ragione alle donne - conclude Annamaria Ranghino - Ma gli imprenditori non ci stavano e arrivò l’aut aut: “O ritirate le cause o vi licenziamo”. Mary Ceria, che nel frattempo era andata in pensione, non aveva nulla da perdere e la causa non la ritirò, anzi la vinse. Nel 1963 incassò la vittoria nei tre gradi giudizio e intanto la voce si sparse anche fra le operaie che avevano altre mansioni. Quel risultato spianò la strada della parità retributiva e degli altri importanti traguardi nel contratto nazionale dei tessili. Fu davvero un terremoto che dopo l’Italia passo il confine e arrivò in Europa». Il docufilm
Sul «patto della montagna», presto sarà pronto un docufilm, prodotto dai registi biellesi Manuele Cecconello e Maurizio Pellegrini che gioca su un dialogo tra presente e passato, dando la parola agli eredi di quegli imprenditori e operai che riscrissero la storia dei rapporti di lavoro. È lo stilista imprenditore Nino Cerruti nelle riprese, a raccontare come suo padre Silvio, insieme a Guido Rivetti, Lodovico Cartotti, Gino Pavia, Delfino e Pierino Tallia e altri imprenditori ancora, vissero quei momenti. «Un’intesa davvero fuori dall’ordinario, e non solo per i diritti accordati alle donne ma perché definiva quello che sarebbe stato il modello di relazioni industriali di una democrazia che in giorni di paura e morte era difficile persino immaginare - spiega Cerruti - Il tessuto è un quadro senza cornice in cui l’essere umano è protagonista, in cui c’è continuità di valori che si declinano in modo diverso. Valori di solidarietà e comprensione che gli uomini di allora realizzarono in un quadro ancora valido adesso».
Il docufilm «Il Contratto della Montagna, resistere oggi» sceneggiato con Francesca Conti vuole dare risonanza nazionale a un percorso tutto biellese. «Le immagini raccontano i luoghi in cui si svolsero i fatti, intrecciando ricordi personali e testimonianze storiche - spiega Cecconello -. Abbiamo creato un parallelo tra l’attualità, in cui gli abiti fatti con i più prestigiosi tessuti biellesi dallo stilista emergente Christian Pellizzari sfilano sulle passerelle dell’alta moda, e le vicende di 70 anni fa, quando il territorio fu teatro di riunioni segrete. Il trailer sarà presto on line».
«Ero una bambina ma ricordo l’atmosfera di quei giorni - spiega Annamaria Ranghino, 70 anni, operaia tessile - Mia madre lavorava in fabbrica e mio padre era partigiano. Si respirava la sconfitta del fascismo ma c’erano anche tanta fame e stanchezza. Nelle fabbriche scoppiavano rivolte e scioperi. Le donne rappresentavano il 70, 80 per cento della forza lavoro ed erano sfiancate dall’impegno ai telai e da quello in casa. Per questo erano in prima fila nella protesta: volevano la parità ma soprattutto volevano una vita. Dieci ore in fabbrica e poi i figli e gli anziani da seguire era insostenibile e c’era un disperato desiderio di rivincita».
Ma dopo il «patto della montagna», finita la guerra, le cose tornarono come prima. «Gli imprenditori sembrava avessero dimenticato - prosegue Ranghino -. L’Italia doveva essere ricostruita, l’industria doveva ripartire. Sono entrata in fabbrica a 14 anni e poi è venuta anche mia sorella più piccola. Il primo compito che ti davano era quello di unire i fili. Poi andavi avanti: quando eri abbastanza grande e soprattutto forte ti facevano sistemare le bobine di filo sui tela e quindi si arrivava al telaio».
Gli Anni 50 furono i più difficili e le donne, allora, tornarono a reclamare quella parità che avevano solo intravisto. Fu un avvocato siciliano approdato alla Camera del Lavoro di Biella a riaprire le contrattazioni con un documento firmato da 1.300 tessitrici che reclamavano gli arretrati maturati sulla disparità di trattamento fra il loro stipendio e quello degli uomini.
«Le sentenze in primo e in secondo grado diedero ragione alle donne - conclude Annamaria Ranghino - Ma gli imprenditori non ci stavano e arrivò l’aut aut: “O ritirate le cause o vi licenziamo”. Mary Ceria, che nel frattempo era andata in pensione, non aveva nulla da perdere e la causa non la ritirò, anzi la vinse. Nel 1963 incassò la vittoria nei tre gradi giudizio e intanto la voce si sparse anche fra le operaie che avevano altre mansioni. Quel risultato spianò la strada della parità retributiva e degli altri importanti traguardi nel contratto nazionale dei tessili. Fu davvero un terremoto che dopo l’Italia passo il confine e arrivò in Europa». Il docufilm
Sul «patto della montagna», presto sarà pronto un docufilm, prodotto dai registi biellesi Manuele Cecconello e Maurizio Pellegrini che gioca su un dialogo tra presente e passato, dando la parola agli eredi di quegli imprenditori e operai che riscrissero la storia dei rapporti di lavoro. È lo stilista imprenditore Nino Cerruti nelle riprese, a raccontare come suo padre Silvio, insieme a Guido Rivetti, Lodovico Cartotti, Gino Pavia, Delfino e Pierino Tallia e altri imprenditori ancora, vissero quei momenti. «Un’intesa davvero fuori dall’ordinario, e non solo per i diritti accordati alle donne ma perché definiva quello che sarebbe stato il modello di relazioni industriali di una democrazia che in giorni di paura e morte era difficile persino immaginare - spiega Cerruti - Il tessuto è un quadro senza cornice in cui l’essere umano è protagonista, in cui c’è continuità di valori che si declinano in modo diverso. Valori di solidarietà e comprensione che gli uomini di allora realizzarono in un quadro ancora valido adesso».
Il docufilm «Il Contratto della Montagna, resistere oggi» sceneggiato con Francesca Conti vuole dare risonanza nazionale a un percorso tutto biellese. «Le immagini raccontano i luoghi in cui si svolsero i fatti, intrecciando ricordi personali e testimonianze storiche - spiega Cecconello -. Abbiamo creato un parallelo tra l’attualità, in cui gli abiti fatti con i più prestigiosi tessuti biellesi dallo stilista emergente Christian Pellizzari sfilano sulle passerelle dell’alta moda, e le vicende di 70 anni fa, quando il territorio fu teatro di riunioni segrete. Il trailer sarà presto on line».
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