Quante sono state le
donne che hanno
partecipato alla Resistenza?
I dati ufficiali:
- 35.000 partigiane, sappiste e gappiste
- 512 comandanti e commissarie di guerra
- 4.633 arrestate, torturate, condannate dai tribunali fascisti
- 2750 deportate in Germania
- 623 fucilate e cadute in combattimento
- 1.750 ferite
- 70.000 organizzate nei Gruppi di Difesa della Donna
Dati
ufficiali
che si discostano in maniera significativa dalle considerazioni
di
Arrigo Boldrini- famoso comandante- nome di battaglia Bulow-
della guerra di
Liberazione ed esperto militare che ebbe a dire: “ Se in un
esercito normale il
rapporto fra combattenti e addetti ai servizi è di uno a sette,
nella guerra
partigiana è di uno a quindici; intorno a ogni patriota ci sono
quindici
persone che in grande maggioranza sono donne”(3)
Il
dato numerico
è straordinario in sé, come straordinario, e contro la vulgata che
vorrebbe le
donne spinte da spirito materno, è il ruolo delle donne, già dai
primi giorni.
Come giustamente ricostruito (4), dopo l’8 settembre i soldati, sbandati, senza direttive, in tantissimi abbandonano le divise e tentano di tornare a casa evitando treni e strade per non imbattersi nei tedeschi che, intanto, avevano avuto tutto il tempo per riorganizzarsi e rastrellavano gli uomini da mandare a lavorare in Germania. Sono le donne che si rendono conto della situazione e li nascondono, forniscono abiti civili, in qualche modo “danno indicazioni”, nello smarrimento generale. La parola d’ordine “basta con la guerra” accomuna da nord a Sud, militari e civili, soprattutto le donne che, in tantissime sono rimaste da sole con i vecchi e i bambini“.
A
Castelfranco Emilia circa mille marinai, provenienti da La
Spezia, trovano al
loro passaggio ai lati della via Emilia donne munite di abiti
borghesi, scarpe
e viveri. A Sassuolo, in piazza della Libertà, i tedeschi
avevano concentrato i
militari prigionieri, circondandoli con mitragliatrici:le donne
non esitano,
passando tra i tedeschi e le mitragliatrici per raggiungere i
militari, a
incoraggiarli a tentare la fuga..”(4)
Come
mai
tante donne?
Il
fascismo aveva
rappresentato per le donne un “ritorno indietro”: dalle
affermazioni sulle
“caratteristiche” delle donne alla doppia morale, sul loro ruolo
nella società: o madri prolifiche, successivamente meglio se di morti in
guerra o strumenti
di piaceri del maschio fascista; ma è soprattutto con leggi
apertamente
discriminatorie, in primis sul lavoro, verso le donne che si dà
applicazione
pratica a queste concezioni, ricacciando le donne nel “focolare”
e verso una
condizione di sempre maggiore oppressione. Insomma, l’oppressione aumenta la
ribellione: “..Si può avanzare l’ipotesi che, poiché qui le
leggi fasciste si
erano sommate a una tradizionale arretratezza culturale, a una
borghesia più
reazionaria e a una Chiesa più potente – che nella sottomissione
della donna
trovavano ciascuno il suo tornaconto - proprio il maggior peso
dell’oppressione
abbia provocato la maggiore ribellione..” “... E’ facile perché... Perchè il fascismo alle donne, non aveva proprio nulla
da offrire, mentre
c’era da temere che gli restasse sempre ancora qualcosa da
togliere..”(2).
In
tutti i
lavori su donna e Resistenza si mette in evidenza come le donne
abbiano scelto di partecipare alla Resistenza,
andando spesso contro genitori, mariti, vicini e/o, spesso,
nascondendo la vera
attività che svolgevano fuori casa. Ma si coglie che tante sono
state le
motivazioni, la spinta iniziale: motivazioni di classe, lo
sdegno per le
persecuzioni degli ebrei, la solidarietà umana, l’aspirazione,
forte, a un
mondo diverso senza discriminazioni, migliore per le donne,
senza sfruttamento…ma
comunque già per se stesso un fatto dirompente. La
partecipazione fa maturare rapidamente, insieme alla
preparazione politica e
teorica che sarà impartita dalle “vecchie” militanti, anche
le regole
della clandestinità. Soprattutto se si pensa al clima di terrore
instaurato dai
nazifascisti che significava carcere, torture, stupri,
deportazione nei campi
di concentramento, morte.
Quel
che è
certo che non fu un gruppo ristretto di donne a partecipare, ma,
in mille
forme, contribuendo in vario modo perché tutto è indispensabile, un numero
enorme: la rete di informazioni sui movimenti del nemico,
l’organizzazione
delle fughe dagli ospedali e dalle carceri, la cura dei feriti,
l’approvvigionamento,
il trasporto di viveri e armi, il sostegno alle famiglie dei
deportati, dei
prigionieri politici, informare le famiglie dei lutti, portare
direttive..
Un
altro
aspetto da tenere in considerazione è lo sviluppo ineguale che
si è avuto nelle
diverse regioni della Resistenza, ma anche la durata
dell’occupazione
nazifascista, oltre che una diversa coscienza nelle regioni in
cui si erano
sviluppate le lotte contadine ed operaie. La partecipazione per
un più lungo
tempo, la consuetudine con le lotte e l’organizzazione hanno permesso di
sviluppare una maggiore coscienza, come appare bene dalle
testimonianze nelle diverse Regioni. E, allora, cosa furono i Gruppi
di difesa della
donna e per l’assistenza ai combattenti per la libertà, quale
ruolo, attività
svolsero?
Intanto,
la
scelta del nome creò più di una perplessità, soprattutto non si
comprendeva la
necessità di un’organizzazione specifica delle donne (ancora
oggi sentiamo ”quando
si lotta si lotta per le donne e gli uomini”, in una visione
idealista – vedi
in proposito La scintilla dello sciopero delle donne a cura del
mfpr), ma
anche perché sembra voler relegare le donne a un ruolo “di
genere” o a un lavoro trasversale di donne appartenenti ad
organizzazione
diverse. Viene, invece, ben accolta dalle più giovani e dalle
donne non
appartenenti a un partito, perché dà loro la possibilità di
partecipare in modo
concreto ed, appunto, organizzato, visto che spontaneamente e/o
a piccoli
gruppi tante donne già si erano mobilitate. Diventerà, inoltre,
la base per
sviluppare - con non poche “defezioni”- una piattaforma sui problemi specifici
delle donne per il
dopo Liberazione.
Dal
citato Rapporto che
ricordiamo è stato redatto nel
corso della Resistenza, già, questo, basta a rendere conto della
rete
clandestina efficientissima, dell’enorme lavoro svolto in
condizioni proibitive:
“Nel novembre 1943(a
Milano, ndr) si
riunirono alcune donne (Giovanna Barcellona, Giulietta Fibbi e
Rina Picolato
comuniste; Laura Conti e Lina Merlin socialiste; Elena Dreher
e Ada Gobetti,
azioniste (4)), appartenenti ai vari partiti aderenti al CLN,
per gettare le
basi di una organizzazione femminile, unitaria e di massa. Venne così elaborato ed approvato
il programma dei
“Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai
combattenti della
libertà”;…..
L’organizzazione che
stava per
sorgere doveva essere aperta alle donne di ogni ceto sociale:
operaie,
impiegate, massaie, intellettuali e contadine, alle donne di
ogni fede
religiosa e di ogni tendenza politica e a tutte le donne senza
partito,
persuase di unire le loro forze nella lotta contro i tedeschi
e i traditori
fascisti, disposte a dare la propria opera per la liberazione
della patria e
decise a far valere le proprie rivendicazioni.
I compiti fissati
erano i seguenti:
organizzare nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole e
nelle campagne la
resistenza alle violenze tedesche, il sabotaggio della
produzione, il rifiuto
dei viveri agli ammassi, raccogliere viveri, denaro, indumenti
per i
combattenti della libertà ed aiutarli in ogni modo; assistere
le famiglie dei
partigiani, dei fucilati, dei carcerati, degli internati in
germania e tutte le
vittime della reazione nazifascista.
Inoltre, si doveva
esigere con gli
scioperi, con le fermate di lavoro, e con le dimostrazioni di
massa: l’aumento
delle razioni alimentari insufficienti a garantire il minimo
indispensabile
alla vita; l’aumento dei salari adeguato all’aumento del
costo della vita; l’alloggio alle famiglie degli sfollati e dei sinistrati; i
combustibili, i
vestiti, le scarpe; i locali necessari per le scuole, il loro
riscaldamento, e
le refezioni, i vestiti e le scarpe per i bimbi, la
proibizione del lavoro a
catena, del lavoro notturno, dell’impiego nelle lavorazioni
nocive; un salario
uguale, per un uguale lavoro, a quello degli uomini; delle
vacanze sufficienti
e l’assistenza nel periodo che precede e segue il parto…
ATTIVITA’ SVOLTA
Le difficoltà
causate dalla
situazione esistente, i vent’anni di fascismo durante i quali
fu negato alla
donna il diritto di partecipare alla vita politica, la
necessità di osservare
le più strette norme cospirative, rendevano oltremodo
difficile il nostro
lavoro, inoltre gli elementi più sicuri e capaci svolgevano
altra attività
politica... La prima campagna iniziata dai gruppi fu quella
delle mondariso e la
preparazione dell’8 marzo….
Nei grandi scioperi
del marzo 1944 i
Gruppi erano già presenti, benchè in numero ristretto, nelle
principali
fabbriche e seppero tenere degnamente il loro posto accanto
alle altre
organizzazioni di lotta… I Gruppi furono presenti e attivi in
tutte le
agitazioni, in tutti gli scioperi. Per una settimana le donne
di Parma
manifestarono e si scagliarono contro i carnefici dei patrioti
riuscendo così a
salvare dalla morte alcune decine di giovani italiani. Qui si
ebbero le nostre
prime vittime. A Forlì durante una dimostrazione fu uccisa una
madre di cinque
figli e ferita gravemente un’altra madre di tre bambini.
Queste donne
chiedevano pane per sfamare i loro bambini
Fu poi organizzato
il grande sciopero
delle mondine, sciopero vittorioso al quale partecipavano più
di diecimila
donne.
Ovunque le aderenti
alla nostra
organizzazione hanno tenuto valorosamente il loro posto di
lotta. Nelle
fabbriche, delegazioni femminili hanno chiesto ai padroni:
viveri, vestiti,
scarpe, carbone e legna, aumenti di paghe e miglioramenti
delle mense
aziendali. Le nostre donne sono state attivissime e piene
d’entusiasmo e spesse
volte esse riuscivano a scuotere l’apatia di certe masse
maschili e a
trascinarle nella lotta
Nel mese di
settembre fu inviata al
cardinale Schuster una lettera che ha riscosso l’approvazione
e la firma di
diecimila donne milanesi, lettera che chiedeva l’intervento
del cardinale
contro le deportazioni di donne in Germania.
Nel
mese di novembre a
Schio delle giovani ragazze venivano aggredite da militi
ubriachi e veniva loro
usata violenza.
Sparsasi la notizia,
il giorno dopo,
i Gruppi di difesa, d’accordo col Comitato d’agitazione delle
fabbriche, dove
le ragazze lavoravano, proclamavano
lo
sciopero di protesta per l’inaudita violenza, reclamando il
castigo dei
delinquenti. Tutte le fabbriche della città aderirono allo
sciopero che divenne
così generale assumendo il carattere di grande
manifestazione antifascista.
Lo
sciopero durò due
giorni e cessò solo dopo aver avuta l’assicurazione che i
colpevoli sarebbero
stati puniti. (grassetto a cura
del r.)
Casi analoghi
avvennero in altri
luoghi.
Le manifestazioni di
piazza per
reclamare viveri sono state e sono numerose. In questi ultimi
tempi poi, in
alcuni posti esse assumono un carattere veramente
insurrezionale.
A Torino le donne si
recano in gran
numero al Doche- Dora e alla Venchi – Unica per reclamare
zucchero che viene
loro concesso e si recano dal prefetto chiedendo viveri e
combustibili.
Assalgono poi vari depositi di legna e di carbone.
Anche a milano e
provincia
delegazioni femminili, appoggiate da centinaia di donne si
recano ai municipi e
alle prefetture reclamando il necessario per vivere.
Durante l’ultimo
sciopero generale
del mese scorso, al quale hanno partecipato compatte le
maestranze di
oltre cento fabbriche milanesi, le nostre organizzazioni
non solo hanno
aderito allo sciopero con entusiasmo, guidando le masse
femminili, ma hanno
parlato a folle di popolo: nelle fabbriche, nelle mense
rionali, sulle piazze,
al “Corriere della Sera” ecc. spiegando alle compagne di
lavoro che lo sciopero
aveva questo significato: esigere senza indugio pane, viveri,
la cessazione del
terrore nazifascista, la liberazione dei prigionieri politici,
il ritorno dei
fratelli e delle sorelle deportate nell’interno della
Germania.
Il 14 aprile i
Gruppi organizzano una
manifestazione di donne e di popolo nelle piazze. Dai vicoli e
nelle piazze
della città le donne gridano il loro basta contro
l’affamamento e gli
affamatori mentre i patrioti armati di mitra sono schierati
pronti a
difenderle. Circa mille e cinquecento donne hanno partecipato
alle
manifestazioni.
Ma in modo
particolare è in Emilia
che i gruppi organizzano quasi tutti i giorni delle
manifestazioni che si
concretizzano con l’ assalto agli ammassi ed ai magazzini di
viveri destinati
ai tedeschi e ai fascisti.
Tutti i viveri
vengono poi
distribuiti, in modo equo, a tutta la popolazione, da
commissioni femminili
nominate dalle dimostranti.
In certi paesi del
bolognese le
nostre dirigenti sono divenute coi CLN le vere autorità
riconosciute dal
popolo. Esse dirigono ospedali e ospizi di vecchi, organizzano
in unione agli
altri organismi di massa le cooperative, e provvedono alla
distribuzione di
viveri, legna ecc.
GRANDI
MANIFESTAZIONI
POLITICHE
I novembre – La
manifestazione
organizzata dai Gruppi per rendere omaggio agli eroici
fucilati è riuscita in
ogni luogo in un modo grandioso e commovente. In quei
giorni, tante e tante
donne hanno sfilato dinnanzi alle tombe dei cari caduti, ed
ogni fiore che esse
deponevano era accompagnato da una promessa. Promessa di
continuare la lotta
per vendicarli e vincere…
Settimana pro
partigiano – Nelle
vallate prossime alle zone partigiane, le contadine si sono
molto prodigate
nell’assistenza ai patrioti, ricoverandoli nelle loro case,
curando i feriti e
gli ammalati, fornendoli di tutti i viveri necessari,
sfidando coraggiosamente
il terrore e la brutale reazione nazista e fascista. Le
donne di città hanno
sempre aiutato e aiutano con grande entusiasmo tutti i
partigiani: hanno
raccolto viveri, denari, indumenti, confezionano maglie,
calze, guanti ecc.
Questa attività non è mai cessata, ma si è maggiormente
sviluppata e ha preso
carattere di grande manifestazione politica in occasione
delle varie “settimane
pro partigiano” organizzate in ogni città e in ogni paese.
Le donne italiane
hanno in tale occasione scritto ai volontari della libertà
centinaia di lettere
per far sentire di quanto affetto e di riconoscenza sono
circondati.
All’inizio di
questa settimana pro
partigiano nei luoghi di lavoro, nelle officine, negli
uffici ecc. gli operai,
gli impiegati, i tecnici e le donne, i giovani hanno sospeso
il lavoro per
alcuni minuti ricordando in silenzio e a capo scoperto gli
eroici caduti nella
lotta per la liberazione della patria.
Furono esposti nei
reparti fotografie
di caduti ornati di fiori e del tricolore e sulle torrette
di alcune fabbriche
vennero messi grandi cartelli inneggianti i partigiani……
Migliaia e
migliaia di manifestini
sono stati distribuiti con lanci per le strade, grandi
manifesti affissi ai
muri della città annunciavano ogni giorno l’ elenco degli
oggetti offerti…
IL
NATALE DEL
PARTIGIANO (Natale rosso) – Migliaia e
migliaia di pacchi sono
stati inviati ai partigiani, portati dalle nostre donne alle
loro famiglie, ai
carcerati, e a tutte le famiglie colpite dalla reazione
nazifascista. Si è poi
pensato in modo speciale ai bambini.
Alcuni orfani,
figli di fucilati,
sono stati adottati dai Gruppi di fabbrica che provvedono al
loro mantenimento,
alla loro istruzione, all’ assistenza ecc. Tutti i bambini
delle vittime nel
giorno di Natale sono stati ricordati; ognuno ebbe il suo
pacco contenente
dolci, giocattoli, indumenti, libri ecc…
GIORNATA
INTERNAZIONALE
DELLA DONNA – La celebrazione di
questo giorno è
svolta in una atmosfera di giubilo per la vittoria
dell’esercito rosso e delle
armate angloamericane sul suolo tedesco. Le donne italiane
hanno fatto dell’8
marzo una giornata di mobilitazione e di lotta di tutte le
forze femminili
antifasciste ed antitedesche. All’appello e sotto la
direzione dei Gruppi di
difesa della donna, in tutte le città, nei grandi e nei
piccoli centri, tutte
le operaie, le impiegate, le casalinghe e le intellettuali,
sono scese in campo
agitando tutte le rivendicazioni immediate contro la fame e
le violenze
nazifasciste.
In questo giorno
sono state ricordate
tutte le donne cadute eroicamente sulla breccia e le
combattenti che lottano
clandestinamente, sfidando ogni giorno la deportazione, il
carcere, le torture
ed anche la morte.
A Milano alcune
centinaia di donne si
sono recate al cimitero ricoprendo di fiori le tombe dei
nostri eroici caduti.
I mazzi di fiori erano legati con nastro tricolore portando
i nomi dei Gruppi
di difesa della donna. Dopo qualche minuto di raccoglimento
e fra la commozione
di tutti i presenti un’ aderente lesse l’elenco delle nostre
eroine cadute per
la liberazione dell’ Italia e commemorò tutte le vittime.
Un’altra donna
prese pure la parola
incitando alla lotta; un cieco vittima del fascismo,
presente alla
manifestazione, volle prendere la parola. Mentre parlava
copiose lacrime
scendevano dai suoi occhi spenti, suscitando ancora più la
commozione dei
presenti.
Sempre a Milano,
una grande
manifestazione avvenne alla prefettura ed alla SEPRAL, dove
centinaia di donne
reclamavano viveri e combustibili. “Siamo la rappresentanza
di tutte le donne
milanesi”, esse dissero, “vogliamo viveri perché abbiamo
fame e della legna
perché manca il gas.”
Le donne si
batterono coraggiosamente
contro il prefetto e i dirigenti della SEPRAL che cercavano
di calmarle e
lasciarono gli uffici solo in seguito alla promessa che
sarebbe avvenuta subito
una distribuzione di viveri.
Quasi in tutte le
fabbriche vi furono
alcune ore di sciopero e la presentazione a mezzo di
delegazione, di
rivendicazioni salariali; distribuzione di manifestini che
spiegavano il
significato dell’8 marzo, affissione di manifestini con i
nomi delle eroine
cadute e grandi cartelli con le scritte a stampatello
inneggianti alla giornata
della donna, ai Gruppi di difesa, ai partigiani.
In alcune
fabbriche furono esposte
fotografie di donne fucilate, con la dedica: “Gloria e onore
alle eroine
cadute”. L’ esposizione è durata tre ore e durante tutto
questo tempo due
aderenti ai “Gruppi della donna”, a turno, con i nastri
tricolori puntati sul
petto, montarono la guardia d’ onore. Tutte le maestranze
riverenti e commosse
hanno sfilato dinanzi alle fotografie. Gli stabilimenti
furono imbandierati un
po’ dappertutto. Bandierine su ogni macchina, sugli orologi
dei reparti, nastri
tricolori sui capelli e sul petto delle donne. Furono
raccolte somme a favore
dei Gruppi e del nostro giornale “Noi donne” e pro
partigiani.
In vari
stabilimenti nostre aderenti,
venute da fuori, hanno parlato alle maestranze, nei
refettori e nei reparti,
sollevando ovunque vivissimo entusiasmo.
I comizi
terminavano al canto di inni
e inneggiando ai Gruppi di difesa della donna. Anche a
torino ebbero luogo
manifestazioni al cimitero e nelle fabbriche. Così in
Liguria, in Emilia,
veneto e dovunque, l’ 8 marzo è stato per le donne dell’
Italia occupata un
giorno di lotta contro i nemici della patria.
(della
manifestazione al cimitero di Torino abbiamo riportato sopra).
ASSISTENZA
L’ assistenza è
uno dei compiti più
importanti della nostra organizzazione.
In un primo tempo
l’assistenza veniva
praticata quasi tutta attraverso ai vari partiti e solo in
piccola parte a
mezzo delle organizzazioni femminili e dei comandi militari.
Ora quasi tutto il
lavoro assistenziale è svolto dai Gruppi di difesa:
assistenza morale e
materiale alle famiglie colpite dalla reazione, assistenza
sanitaria alle
famiglie sussidiate, distribuzione di generi vari oltrechè
di denaro ai più
bisognosi (scarpe, indumenti, viveri ecc.). Nostre
insegnanti si prestano a
dare lezioni ai bambini che ne abbisognano, offrendo loro
libri e quaderni. E’
svolta inoltre l’assistenza ai carcerati con l’invio di
pacchi, denaro, scambio
di lettere tra famiglie e carcerati.
Per pasqua erano
stati inviati ai
carcerati pacchi collettivi. A Milano per esempio furono
inviati cinquantasei
pacchi contenenti ognuno cento ravioli, due salami, diciotto
uova sode, cinque
pacchi di sigarette, un chilogrammo di formaggio grana, tre
etti di burro, due
etti di sale, quattro etti di zucchero, tre colombe dolci da
mezzo chilogrammo
l’una, un vaso di marmellata, un vaso estratto di carne. La
merce in alcuni
posti è stata offerta dal CLN ed i pacchi confezionati dalle
donne dei Gruppi.
Sempre per opera dei gruppi in varie località viene svolto
abbastanza bene il
servizio postale fra partigiani e famiglie.
Si aiutano poi i
malati e i
tubercolosi ritornati dalla deportazione in Germania. Ormai
tutti i partiti
apprezzano l’attività e il grande lavoro svolto dalla nostra
organizzazione nel
campo dell’ assistenza. Si riconosce che tutti i compiti
assistenziali devono
essere affidati a questo organismo femminile che ha già dato
tante buone prove.
Ogni mese milioni e milioni di lire vengono distribuite in
modo equo fra
migliaia di famiglie.
VOLONTARIE
DELLA
LIBERTA’
Già prima che si
costituissero le
brigate e i distaccamenti delle “Volontarie della libertà”,
per iniziativa dei
Gruppi, le donne lavoravano attivamente con le
organizzazioni armate
(partigiani, GAP, SAP, ecc.) come infermiere nelle
formazioni, staffette,
portaordini ecc.
Il primo
distaccamento si è
costituito in Piemonte sei o sette mesi fa. Composto di
spose, di mamme e di
sorelle di partigiani.
Le componenti
questo distaccamento
che lavoravano sulla montagna accanto alla II brigata
Garibaldi, “Giambone”,
avevano vari compiti: qualcuna funzionava come collegatrice
o staffetta, ma in
maggioranza esse davano la loro opera come cuoche, lavandaie
e stiratrici.
In Liguria, poco
dopo, furono
costituite tre brigate cittadine di SAP femminili con i nomi
di “Alice Noli”
prima donna genovese fucilata; “Irma Bandiera”, fucilata a
Bologna; “Anita
Garibaldi”. Gruppi di volontarie funzionano poi in Piemonte,
in Lombardia, in
Emilia ecc. In questi ultimi tempi si stanno organizzando
pronte a partecipare
all’attacco finale. Le volontarie sono inquadrate in
squadre di pronto
soccorso di sanità, in squadre per il recupero di armi e
munizioni, per i tagli
dei fili telegrafici, per asportare pali indicatori tedeschi
e per il lancio di
chiodi sulle strade camminabili. Vi sono delle squadre di
informatrici,
staffette, collegatrici. Abbiamo alcune commissarie
politiche nelle formazioni
partigiane.
Delle audaci
volontarie hanno portato
via dagli ospedali i partigiani feriti che erano in attesa
di essere fucilati.
In alcuni posti se li sono caricati sulle spalle, non
potendo i feriti
camminare, trasportandoli in luoghi più sicuri.
Le nostre
volontarie espongono
continuamente la vita e lo fanno con grande coraggio.
Sovente vengono elogiate
e citate all’ ordine del giorno per atti d’audacia e
abnegazione.
Molte di esse
arrestate e torturate
si sono comportate magnificamente non pronunciando una
parola che potesse recar
danno alle loro compagne e all’organizzazione. Fra di esse
vi sono delle
fanciulle come Edera Francesca (19anni), la Irma Bandiera,
le sorelle Arduino e
tante altre, delle spose e delle mamme come la Clelia
Corradini, Alice Noli
ecc., che lasciarono dei bimbi in tenera età, e vi sono
delle donne come la
Binda Teresa, una vecchia mamma di 70 anni, fucilata perché
riforniva di viveri
il figlio partigiano e i suoi compagni.
Le nostre eroine
cadute raggiungono
già un numero rilevante: Edera Francesca, Irma Bandiera,
Alice Noli, Clelia
Corradini, Binda Teresa, Sante Adele, Negri Ines, Paola
Garelli, Franca
Lanzoni, Arduino Libera, Arduino Vera e tante altre delle
quali non abbiamo
ancora i nomi.
STAMPA
E PROPAGANDA
Il giornale
nazionale è “Noi Donne”;
il primo numero è uscito nel mese di marzo del 1943. Nel
1944 sono usciti dieci
numeri e due numeri speciali dedicati alle Volontarie della
libertà. Quattro
numeri sono stati redatti quest’anno (1945), un numero
speciale è stato
dedicato alla giornata dell’8 marzo.
Come tutte le
agitazioni, gli
scioperi, le manifestazioni sono state dirette alla lotta
contro i
nazifascisti, così anche la linea del giornale ha avuto la
stessa impronta. Vi
era chi pensava che si potesse pubblicare maggiormente
articoli programmatici e
educativi, noi eravamo invece convinte che si dovesse
mantenere ad esso il suo
principale carattere di agitazione e di battaglia. Infatti
“Noi Donne” ha
finora questo specifico carattere. Dai primi numeri in poi
il giornale ha
sempre migliorato specialmente ora che ha la collaborazione
delle donne di
tutti i partiti. Le nostre aderenti inviano spesso
corrispondenze e
articoletti.
Nelle regioni noi
inviamo gli
articoli dattilografati e il giornale viene poi riprodotto e
stampato o
ciclostilato secondo le possibilità tecniche del luogo. Agli
articoli e alle
notizie che noi inviamo ognuno aggiunge il notiziario e le
corrispondenze
locali. Altri giornali vengono poi pubblicati nelle varie
regioni. A Torino
(“La difesa della lavoratrice”, che tratta specialmente i
problemi sindacali);
a Genova (“Le donne in lotta”); in Emilia (“Le donne in
lotta” e “La rinascita
della donna”); nel Veneto (“La donna friulana”); a Milano
(“Bollettino” per le
organizzate e la rivista del centro studi “Il pensiero
femminile”).
Tutti questi
periodici seguono i
caratteri e gli scopi dell’organizzazione, cioè: unità delle
forze femminili,
lotta accanita contro gli oppressori, lotta per la libertà e
la democrazia.
L’organizzazione è
intervenuta nei
villaggi e nelle città con migliaia di manifestini, di
volantini ciclostilati,
dattiloscritti, stampati che hanno volta per volta invitato
la massa femminile
a dimostrare: contro i tedeschi e i fascisti a causa dei
bombardamenti aerei
della città, contro le deportazioni in Germania di operai e
operaie, contro le
rapine della nostra produzione, per l’aumento delle razioni
viveri e delle
paghe, contro gli ammassi, per l’appoggio ai renitenti e
disertori, per il
sabotaggio della produzione bellica, contro il terrore e i
massacri. Manifestini
furono diretti alle operaie, alle massaie, alle contadine,
alle intellettuali,
alle mamme per tutte le questioni economiche e politiche,
per preparare la
campagna delle mondine, per incitare tutte le donne alla
campagna contro il
freddo e la fame, per esaltare la cnquista del voto delle
donne, per l’aiuto ai
partigiani e alle vittime della reazione.
Anche nelle
regioni e provincie i
comitati locali e spesse volte anche i singoli settori hanno
per proprio conto
parlato alle donne attraverso la stampa. Non sempre però ci
è stato possibile
fare quanto avremmo voluto, per deficienze tecniche. Troppo
poche sono ancora
le copie del nostro giornale, troppo poco si riesce a
stampare. Sappiamo quanto
proselitismo si possa fare attraverso la stampa. Dovremmo
perciò in questo
campo fare di più e mentre finora ricorriamo all’ aiuto dei
partiti, cercare
d’ora in poi nel limite del possibile di creare un nostro
apparato tecnico
anche per questa attività. Sono stati stampati alcune
migliaia di opuscoli con
nozioni di infermeria. “L’assistenza al ferito”, che serve
di guida alle nostre
aderenti che seguono i corsi di infermeria organizzati dai
Gruppi.
E’ merito dei
Gruppi se le donne
hanno acquistato interessamento alla vita politica ed hanno
ora il desiderio di
sapere e di imparare più.
SVILUPPO
POLITICO E
ORGANIZZATIVO
Abbiamo cercato
fin dall’inizio di
svolgere la nostra attività in modo tale da fare dei Gruppi
di difesa della
donna l’organizzazione unitaria di tutte le donne italiane.
Essa non doveva
avere carattere federativo, ma di massa, non doveva essere
solo l’unione dei
gruppi di partito ma unione di tutte le donne antifasciste e
antitedesche.
Lungo il cammino
abbiamo incontrato
molte difficoltà, ma senza scoraggiarci abbiamo continuato
la strada
intrapresa, convinte che saremmo giunte alla meta. Infatti i
nostri sforzi sono
stati coronati da successo. Mentre i Gruppi di difesa
incominciavano a sorgere
e ad affermarsi, altri gruppi femminili si costituivano,
alcuni con carattere
prettamente di partito, altri, come i gruppi di Giustizia e
libertà, pur
essendo sotto la influenza di un partito, tendevano ad avere
carattere più
largo, aperti cioè alle non iscritte al partito.
Nel mese di agosto
dello scorso anno,
mentre già alla base dell’organizzazione i nostri gruppi
erano composti di
donne appartenenti a tute le ideologie politiche e religiose
e nella
maggioranza donne senza partito, dall’altro nei comitati
dirigenti non si era
ancora raggiunto l’accordo con le aderenti ai vari partiti
politici. Un
concreto e sincero accordo si realizzò nel mese di settembre
tra le
rappresentanti del Partito d’ azione, le socialiste e le
comuniste. Poco dopo
anche le democristiane accettarono di entrare a far parte
delle direzioni
generali, provinciali ecc., con qualche riserva circa la
fusione delle loro
forze.
Fa ora parte della
Direzione centrale
anche la rappresentante del partito repubblicano italiano.
Due mesi fa, dopo
aver avuto
disposizioni da Roma, i democristiani deliberavano di non
partecipare più alla
direzione dei Gruppi.
Questo però
avvenne quasi
esclusivamente al Comitato nazionale, poiché alla base ed in
varie direzioni
regionali e provinciali le donne democristiane continuarono
a farvi parte, anzi
intensificarono la loro attività. Infatti a Torino, la
rappresentante dei
Gruppi nel CLN è una democristiana.
La questione è
stata ripresa in esame
in questi giorni e pare che anche in campo nazionale essa
venga risolta in modo
favorevole all’unione.
Abbiamo ora nella
nostra
organizzazione una grande massa di donne, quelle che si
svegliano adesso alla
vita politica. Queste donne non sanno ancora ben distinguere
tra il programma
comunista e quello socialista, tra il liberale, il
democristiano e quello del
partito d’azione, ma sentono che alcune cose le uniscono a
tutte le loro
sorelle, qualunque sia il partito al quale appartengono.
L’organizzazione
ha dimostrato coi
fatti l’utilità e la necessità della propria esistenza e si
è affermata come
organismo unitario di massa. Questa utilità è stata
riconosciuta dal CLNAI e
dai CLN regionali e periferici. E’ stato altresì
riconosciuto ai Gruppi il
diritto di partecipare ai CLN stessi in rappresentanza
dell’organizzazione
femminile. Siamo ormai rappresentati nel CLN delle
principali città e provincie
e in quasi tutti quelli periferici.
ORGANIZZAZIONE
Ogni gruppo di
fabbrica, di massaie,
di intellettuali, di contadine ecc. si è dato un nome.
Generalmente è stato
scelto il nome di un eroe, di un’eroina e di qualche
martire.
Il Gruppo è
diretto da un comitato di
tre o quattro o cinque membri a seconda del numero delle
aderenti. Esso è
articolato in nuclei di cinque o sei donne; la responsabile
del nucleo è a
contatto con una dirigente del comitato. Funzionano inoltre
i comitati di zona,
di settore, di provincia, di regione e il comitato
nazionale. Accanto ai
comitati nazionale, regionali, provinciali, di settore etc.
operano delle
commissioni di lavoro per l’organizzazione, la stampa, la
propaganda e per
l’assistenza. L’organizzazione funziona dalla base al centro
attraverso
collegamenti fra i vari comitati. Nelle principali città si
sono creat dei
“centri studi” col compito di studiare i compiti famigliari
di oggi e di
domani; col compito di studiare i problemi della
ricostruzione in modo
concreto, come potranno essere risolti dal punto di vista
democratico, e quale
è il contributo che le donne potranno portarvi come
collaboratrici e dirigenti.
Si studiano perciò le questioni che riguardano la maternità
e l’infanzia, le
mense popolari, il problema delle scuole, del lavoro, della
casa,
dell’assistenza ecc.
Settimanalmente i
comitati di settore
e di zona inviano un rapporto del lavoro svolto e di quello
in programma al
comitato provinciale. Così mensilmente avviene lo stesso
dalla provincia alla
regione, e dalla regione al centro.
Abbiamo poi delle
ispettrici
nazionali che periodicamente si recano nelle regioni, e le
ispettrici regionai
per il controllo delle provincie. Queste ispezioni sono
state sempre proficue e
ci hanno dato buonissimi risultati. Una di queste ispettrici
si è recata nelle
zone controllate dai partigiani portando da svolgere in tali
luoghi ed
orientando nel giusto modo l’attività delle donne entrate
nelle giunte popolari
a rappresentare l’organizzazione.
Siamo presenti e
teniamo a esserlo
sempre in numero maggiore nei CLN centrali e periferici, nei
comitati
d’agitazione, nei comitati sindacali, nelle giunte popolari
e in tutti gli
organi di direzione delle masse.
Buoni sono i
nostri rapporti con il
fronte della gioventù, assieme al quale abbiamo organizzato
varie
manifestazioni e realizzato in comune alcune iniziative.
Nelle città, il
reclutamento è stato
fatto, in gran parte, tra le operaie; in Emilia invece molte
sono le contadine
iscritte. Aumentano i gruppi di massaie, di studentesse, di
insegnanti e
professioniste, ma troppo poco si è ancora fatto in questo
campo.
L’organizzazione è
costituita da
aderenti e collegate. Le aderenti pagano una quota mensile
variante da L. 2 a
L. 5. Le collegate sono quelle che pur non pagando una quota
fissa aderiscono a
tutte le iniziative dei Gruppi, leggono e distribuiscono la
nostra stampa,
sottoscrivono per l’organizzazione, per il giornale, per i
partigiani ecc.,
sono attive in tutte le manifestazioni e partecipano in
parte in pratica alla
vita dei gruppi.
Ci
mancano
i collegamenti con molte provincie, molti Gruppi sono in via
di
costituzione ed i dati che riusciamo ad avere non sono mai
completi perché
variano ogni giorno. Il numero delle collegate è
ancora più
difficile da stabilire.
Appena ora arrivano le prime risposte ai questionari nei
quali richiedevano
appunto cifre esatte.
Il totale generale
risulta essere
39.028. Calcolando però a 50.000 il numero complessivo delle
facenti parte
dell’organizzazione, siamo ancora al di sotto del numero
esatto.
DIRIGENTI
Mentre
l’organizzazione in quest’anno
e più di vita si è sviluppata e le sue file si sono
ingrossate, i quadri non
sono aumentati proporzionalmente. Sappiamo benissimo che
formare una
dirigente non è così facile come reclutare
una aderente, ma questa nostra deficienza ci preoccupa e
cerchiamo di trovare i
mezzi per rimediarvi.
Ora però tutti i
nostri sforzi e la
nostra attività sono concentrati verso un unico scopo:
preparare le masse
femminili a combattere, con tutto il popolo, l’ultima
battaglia, orientando
tutto il nostro lavoro per la insurrezione nazionale.
Abbiamo inviato, a
questo proposito,
delle direttive a tutti i comitati regionali e provinciali
dei Gruppi, dove
l’insurrezione è vista attraverso tre suoi momenti.
PRIMA – DURANTE –
DOPO
Prima – Tutte le
manifestazioni e le
agitazioni di massa devono essere intensificate; le fermate
di lavoro e gli
scioperi devono assumere un ritmo più accelerato; si devono
porre continuamente
rivendicazioni economiche; protestare contro gli arresti e
le fucilazioni di
patrioti, impedire i licenziamenti; si devono intensificare
tutte le azioni
preparatorie che dovranno culminare nel grande sciopero
insurrezionale.
Le donne dei
Gruppi di difesa
segnaleranno i depositi di viveri e di combustibili, le
giacenze degli ammassi
e dei magazzini di vettovagliamento fascista, che saranno
messi a disposizione
del CLN per un’ equa distribuzione alla popolazione.
Alle contadine è
stato affidato il
compito di proteggere, a fianco dei loro uomini, i campi e
le semine dalle
distruzioni, di difendere i prodotti dalle rapine
nazifasciste. Abbiamo fatto
comprendere la necessità di creare uno stretto collegamento
tra Gruppi di città
e quelli di campagna per il trasporto dei viveri occorrenti
sia durante sia
dopo l’insurrezione.
All’organizzazione
è stato inoltre
affidato il seguente compito di assistenza ai combattenti in
ogni campo.
Le nostre donne in
quei giorni
dovranno dare tutta la loro opera come: infermiere,
portaferiti, staffette,
collegatrici, vivandiere ecc.
In ogni
casa si dovrà apprestare un posto di pronto soccorso, vi
dovrà essere un letto
e un piatto di minestra per un ferito o per un combattente.
Si creeranno le
“cucine del combattente”. Si provvederà ai bimbi che
resteranno senza
assistenza, si provvederà ad alloggiare ed assistere i
liberati dal carcere e
dai campi di concentramento. I Gruppi di fabbrica faranno
funzionare le mense
aziendali. I CLN hanno incaricato i gruppi di confezionare i
bracciali
tricolori, distintivo dei dirigenti dell’insurrezione.
Distintivo dei gruppi
sarà una coccarda tricolore.
DURANTE – Sono
pochi i consigli che
ci è stato possibile dare perché non si possono prevedere
gli sviluppi della
situazione alla quale ogni comitato regionale e provinciale
adeguerà la sua
azione.
Abbiamo potuto
solo fissare questi
punti :
- Difendere i depositi di viveri come cosa sacra, come bene del popolo;
- Coadiuvare i CLN nella distribuzione delle merci alla popolazione;
- Impedire la fuga dei criminali fascisti che dovranno essere giudicati dai tribunali del popolo;
- Prendere possesso delle sedi di istituzioni fasciste femminili, ricreative e assistenziali, scegliere anche una sede in un edificio privato nel caso che quella occupata non possa rimanere definitivamente assegnata ai Gruppi.
- Occupare, d’accordo con le altre organizzazioni, tutte le sedi di istituzioni popolari fasciste (dopolavoro, nidi per l’infanzia, mense, cooperative ecc.) e collaborare alla gestione a favore del popolo.
Dopo – I problemi
che si
presenteranno l’indomani dell’insurrezione saranno
innumerevoli ma solo per
alcuni ci è stato possibile dare suggerimenti: ricevere le
truppe alleate come
amici e liberatori, con manifestazione di giubilo per la
liberazione avvenuta,
ma con dignità nazionale.
Le rappresentanti
femminili
entreranno a far parte degli organi di governo popolare e
collaboreranno a far
funzionare i servizi di assistenza, quelli ospitaleri,
quelli del trasporto dei
viveri e della loro distribuzione ecc.; contribuiranno
all’epurazione con la
partecipazione delle donne ai tribunali del popolo e
procurando gli elementi
femminili di sostituire gli elementi notoriamente fascisti
in tutti gli uffici
statali e comunali, nelle amministrazioni d’interesse
pubblico, nelle scuole,
negli ospedali ecc.
Appena liberati, i
gruppi
organizzeranno una grande manifestazione per rendere il
doveroso omaggio alle
vittime cadute sotto il piombo nemico. Un grande corteo
dovrà muovere da ogni
città, da ogni paese verso i cimiteri che racchiudono le
tombe dei nostri
martiri, e verso i luoghi delle fucilazioni.
Tale
manifestazione costituirà la
prima grande rassegna delle forze femminili e della nostra
organizzazione.
Organizzeremo
inoltre delle settimane
della “solidarietà nazionale” a favore delle famiglie delle
vittime e dei
reclusi nei campi di concentramento e delle prigionie.
PROBLEMI DELLA
RICOSTRUZIONE
A liberazione
avvenuta, conscie di
aver fatto tutto il possibile per contribuire alla
liberazione della patria,
volgeremo le nostre energie e tutta la nostra attenzione
allo studio delle
questioni che ci interessano particolarmente e collaboreremo
con tutti gli
organi di governo popolare per la risoluzione dei problemi
della ricostruzione.
Molte attività i gruppi potranno svolgere nel campo della
ricostruzione
democratica e progressiva della nazione.
Nell’istante in
cui viscriviamo,
poche ore ci separano dal momento in cui il popolo
dell’Italia ancora occupata
scatterà per scacciare per sempre i tedeschi e i fascisti
dal suolo patrio. La
certezza della vittoria ci fa sentire che ogni sacrificio
non è stato vano,
ogni fatica non è stata e non sarà inutile.
Abbiamo ricevuto
il vostro manifesto
di programma che ci descrive l’UDI come organismo di massa,
ma da notizie che
ci sono giunte in seguito ci sembra di aver capito che
invece esso abbia il
carattere di un organismo federale di gruppi di partito.
Avremmo tanto
desiderio di avere
notizie precise in merito, un poco più esaurienti e
complete, appena vi sarà
possibile. Anche del vostro giornale “Noi donne” abbiamo
ricevuta una sola
copia, non sufficiente per darci un’idea esatta del suo
ordinamento e del suo
programma. E’ la seconda volta che i Gruppi di difesa della
donna stabiliscono
contatti con voi, sorelle dell’Italia liberata.
La prima volta fu
in occasione dell’8
marzo, giornata internazionale della donna, in cui vi
inviammo un messaggio.
Il rapporto che vi
inviamo della
nostra attività passata e presente, sul programma e
sull’orientamento politico
dei gruppi, anche se incompleto vi servirà ad orientarvi nei
confronti della
nostra organizzazione e del nostro lavoro.
Il
Comitato nazionale
Dei
“gruppi di difesa
della donna
e per
l’ assistenza
ai
combattenti della
libertà”
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