È di qualche giorno fa la notizia che
150 operaie dell’azienda tunisina Consomed, con sede a
Kairouan, hanno deciso di passare volontariamente il periodo
di quarantena in fabbrica per garantire la produzione dato che
l’azienda in questione produce mascherine e altro materiale
sanitario utile per contrastare la diffusione del Covid-19 nel
paese e contribuire quindi a salvare vite umane.
La notizia, rigirata da un paio di siti
di informazione, è rimbalzata velocemente sui social media
accompagnata anche da un video che mostra l’ingresso delle
operaie con i propri bagagli in fabbrica (Guarda
il Video qui).
È un grande atto di generosità e
solidarietà il fatto che queste operaie in questa congiuntura
difficile rinuncino alla vicinanza dei propri cari per un fine
collettivo, mettendo a disposizione la propria forza lavoro
per almeno 14 giorni interi al servizio del proprio popolo.
Alcune di queste operaie hanno
dichiarato di essere state sostenute dai propri familiari e di
aver fatto questa scelta coscienti della necessità di medici e
infermieri costretti a lavorare in condizioni pessime in
assenza dell’equipaggiamento adeguato.
Inoltre giungono sempre più
testimonianze che molte piccole aziende tessili sparse per il
paese, anche individuali, stiano riconvertendo
l’attività per la produzione di mascherine di cui c’è sempre
più una maggiore richiesta sul mercato.
Tornando alla Consomed, alcune operaie intervistate
da un’inviata della BBC hanno dichiarato di
essere rimaste in 110 donne e 40 uomini, organizzati in due
turni da 8 ore ciascuno: la fabbrica lavora senza fermarsi
dalle 6:30 alle 22:30 sfornando 50.000 mascherine al giorno. I
40 uomini sono quasi tutti impiegati nel turno notturno, oltre
a ciò sono presenti in fabbrica anche dottori e farmacisti e
cuochi con una scorta sufficiente per un mese.
Le quasi 200 persone confinate in
fabbrica quando non sono impegnate nei turni di lavoro hanno a
disposizione una sala per danzare e per fare esercizi ginnici
mentre gli uomini si dedicano al calcio e al basket.
La Consomed è una di quelle aziende
totalmente esportatrici che gode del diritto di smerciare dal
30% al 50% della propria produzione nel mercato locale.
Ovviamente va da sé che al padrone,
Alaouini (che si prende anche fin troppo il merito degli
eventi con i media), non dispiaccia che in un momento di crisi
per molti settori, stia moltiplicando i propri profitti con la
produzione a pieno ritmo e con le misure di sostegno del
governo di cui gode.
Sarebbe doveroso, e il sindacato
dovrebbe fare la sua parte, retribuire le operaie e gli operai
per tutte le 24 ore giornaliere del loro tempo che mettono a
disposizione dell’aziende e del paese, questo come primo
provvedimento.
Inoltre dato che i tempi di questa crisi
sono incerti e sicuramente non brevi, al termina di tale
periodo di lavoro volontario in quarantena (che terminerà tra
5 giorni), bisognerebbe garantire a queste lavoratrici il
diritto al rientro a casa e procedere con nuove assunzioni per
garantire gli stessi ritmi produttivi ma con una maggiore
forza lavoro. Ciò avrebbe ricadute positive anche sulla
comunità della regione di Kairouan in questo periodo di crisi
non solo sanitaria ma anche economica.
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