L’Unione dei comitati palestinesi femminili ha chiesto mercoledì di
lanciare una campagna internazionale per l’immediata liberazione di
bambini e donne palestinesi nelle carceri israeliane a causa della
diffusione del coronavirus.
Il sindacato ha dichiarato in una nota alla stampa che 200
minorenni e 43 donne sono detenuti nelle carceri israeliane in cattive
condizioni, tra cui madri e persone affette da diverse patologie.
Le loro vite correranno un rischio maggiore se il coronavirus
entrerà nelle carceri israeliane, afferma la nota, dato che il Servizio
penitenziario israeliano non fornisce ai detenuti i prodotti di pulizia
necessari per mantenere le routine igieniche minime.
Il ministero palestinese per gli Affari femminili, l’Unione
generale delle donne palestinesi, il ministero degli Affari prigionieri e
diversi centri per i diritti umani hanno chiesto la più grande
partecipazione alla campagna locale e internazionale per salvare bambini
e donne palestinesi nelle carceri israeliane.
Ieri mattina inoltre, attivisti per i diritti umani hanno
presentato una petizione urgente alla Corte Suprema israeliana contro le
norme di emergenza emanate a causa della crisi del Coronavirus, che
impedisce agli avvocati e ai familiari di incontrare i prigionieri
palestinesi.
La decisione, annunciata il 15 marz, stabilisce che i prigionieri
politici, ai quali viene di solito negato il diritto di usare il
telefono in carcere, possono consultarsi telefonicamente con i loro
avvocati solo in caso di imminente udienza giudiziaria.
Due firmatari della petizione, l’Associazione Addameer per il
supporto e i diritti umani ed il Centro per i diritti legali israeliano
Adalah hanno entrambi sottolineato che il governo israeliano ha imposto
le restrizioni senza alcuna autorità legale e che dovranno essere
revocate.
L’avvocato Abeer Baker, esperto di incarcerazione che rappresenta i
prigionieri comuni e politici, ha dichiarato alla rivista +972 che “non
si possono negare ai detenuti i loro diritti solo a causa della paura
di una pandemia”. Ha spiegato: “loro sono completamente disconnessi [dal
mondo esterno] e [la situazione] può continuare in così per mesi”.
L’incontro con gli avvocati è uno degli unici modi in cui i
prigionieri, molti dei quali sono rinchiusi da anni, possono comunicare
con il mondo esterno. Qualunque siano le sfide poste dalla crisi del
Coronavirus, l’avvocato di Adalah, Aiah Haj Odeh, ha insistito sul fatto
che alle autorità israeliane non dovrebbe essere permesso di decidere
sui diritti umani fondamentali. “Il diritto internazionale richiede che
Israele debba riconoscere il diritto dei prigionieri e dei detenuti di
visitare la famiglia e di consultare gli avvocati ed accedere ai
tribunali”, ha aggiunto.
Da Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it
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