03/10/21

Dal nord al sud, la lotta delle donne in America per il diritto di aborto

"Uno Stato che non prevede l'aborto è uno stato femminicida"

Dal Cile, al Messico, dal Perù fino alla Colombia le donne dell'America Latina non conoscono confini. Sembrano un unico esercito coloratissimo che si fa strada per le vie e le piazze della città chiedendo a gran voce una sola cosa: libertà, libertà di autodeterminazione sul proprio corpo. Il 28 settembre, in occasione della giornata internazionale dell’aborto sicuro, ci sono state proteste anche piuttosto accese. L'aborto è ancora illegale in diversi Paesi, ma è chiaro dalle voci delle donne scese in piazze che loro non ci stanno più: vogliono che lo Stato garantisca la possibilità di interrompere una gravidanza senza rischiare di finire in carcere o perdere la vita con un'operazione clandestina.


Sono sedici le donne che, secondo il gruppo pro choice Agrupación Ciudadana sono attualmente detenute a El Salvador per aver interrotto una gravidanza. Nel Paese l'aborto è illegale e punito come omicidio volontario, ma negli anni decine di donne sono state imprigionate anche quando hanno affermato di aver subito aborti spontanei o partorito dei bambini nati morti. "Mentre era in lutto per la straziante perdita della sua gravidanza, Sara avrebbe dovuto essere con la sua famiglia", ha detto a Reuters l'attivista femminista Morena Herrera parlando di Sara Rogel che a giugno è stata finalmente rilasciata, "Invece è stata ingiustamente imprigionata per nove anni".


Oltre a El Salvador, l'aborto è vietato anche in Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana e Haiti, ma in generale la maggior parte dei Paesi dell'America Latina lo consente solo per motivi medici o in caso di stupro. Qualcosa, però, si sta muovendo soprattutto grazie al costante impegno delle donne e delle organizzazioni femministe che si trovano a lottare contro governi conservatori e società di stampo fortemente cattolico. L'anno scorso abbiamo assistito alla vittoria delle donne argentine che, nonostante la forte opposizione della Chiesa, sono riuscite a far approvare un disegno di legge che legalizza l’interruzione volontaria di gravidanza e qualche segnale positivo viene anche dal Messico e dal Cile.

In Messico l’aborto durante le prime 12 settimane di gravidanza è stato depenalizzato in solo quattro dei 32 Stati del Paese ma all’inizio di settembre, la Corte Suprema ha stabilito con una decisione storica che le donne non dovrebbero più essere punite per aver interrotto una gravidanza. Questo si spera possa aprire la strada all'introduzione a livello nazionale di una legge che consenta l'IVG legale e tuteli le donne dagli aborti clandestini. Lo stesso vale per il Cile: la Camera bassa del Congresso ha approvato il 28 settembre un disegno di legge per depenalizzare l'aborto entro le 14 settimane di gravidanza, ora manca l'approvazione del Senato, ma sarebbe un altro passo importante per i diritti femminili in America Latina.


In ogni caso, proprio perché si sta forse aprendo qualche spiraglio, non è il momento di smettere di lottare. E infatti in tutti questi Paesi ci sono state manifestazioni, cortei e, in certi casi, anche scontri con la polizia. I cartelli portati dalle attiviste dicono tutti le stesse cose: "Uno Stato che non prevede l'aborto è uno stato femminicida", "Vogliamo decidere del nostro corpo", "Decidere è un mio diritto", "Mai più aborti clandestini". È un urlo di migliaia di voci che si fondono in un'unica richiesta e stavolta è davvero impossibile far finta di non sentirlo.

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