Questo pomeriggio (ndr. 7 marzo) una cinquantina di donne dei quartieri di Pisa
hanno bloccato la Coop di Cisanello chiedendo un assegno sociale e
protestando contro il nuovo regolamento della Società della Salute che
prevede di affidare la gestione dei buoni pasto alla Caritas. Le donne
dopo aver riempito i carrelli con beni di prima necessità per
l'alimentazione e la salute alle casse hanno “pagato” con un fac-simile
di assegno sociale, bloccandole e chiedendo un incontro con l'assessore
al sociale Sandra Capuzzi. L'assessore ha tergiversato non fissando una
data precisa e la mobilitazione è proseguita bloccando prima l'ingresso
del supermercato poi tutte le casse. Al grido “l(')otto tutti i giorni
contro la povertà basta sacrifici vogliamo dignità” e “non basta mai il
denaro al supermercato vogliamo buoni spesa ed il pasto già pagato” per
più di un'ora e mezzo la Coop è rimasta bloccata. L'assessore ha dovuto
concedere l'incontro richiesto, fissato per mercoledì 11 marzo alla
Società della Salute. L'entusiasmo e la determinazione non si è fermata
dopo aver strappato l'incontro e le donne si sono riversate fuori dal
supermercato bloccando la strada. “Capuzzi alla Caritas ci vai tu, noi
vogliamo di più” è uno degli slogan scanditi durante il pomeriggio di
lotta. È il primo momento di mobilitazione verso una primavera in cui
l'assessore e le istituzioni dovranno fare i conti con le campagne per
la giustizia sociale delle donne e degli uomini dei quartieri popolari.
Di seguito il volantino della mobilitazione.
L(')otto sempre.
L'otto
marzo è da sempre una data simbolica: il giorno in cui le donne si
mobilitano per difendere e far valere i propri diritti. Nel tempo è
diventata sempre più una ricorrenza impregnata di consumismo, perdendo
il suo reale significato. Noi ci rifacciamo a quel vecchio significato,
oggi più necessario che mai e riprendiamo in mano le nostre vite
lottando per ciò che riteniamo giusto. Oggi ci mobilitiamo.
Siamo
quattro generazioni di donne che vivono una condizione comune di
sfruttamento. Abbiamo deciso di dire basta, di iniziare a rifiutare
tutti i comportamenti umilianti ed impoverenti che ci vengono imposti.
Siamo
quelle donne che lavorano all'ospedale e vedono la sanità cadere a
pezzi. Siamo quelle donne che lavorano nelle scuole e le vedono cadere
in testa ai propri figli.
Siamo quelle donne che si prendono cura
di bambini e anziani, senza l'aiuto di nessun servizio. Siamo quelle
donne che per sopravvivere fanno le babysitter e le badanti.
Siamo quelle più sfruttate e meno retribuite.
Facciamo
tutto questo per riuscire a sopravvivere, e comunque non basta. Sui
posti di lavoro non ci pagano abbastanza, siamo costrette a rivolgerci
ai servizi sociali per sbarcare il lunario, veniamo umiliate, dobbiamo
dividerci tra mille domande ed uffici per poter ottenere i sussidi
minimi per condurre, alla fine, una vita piena di difficoltà e a stento
dignitosa. Siamo l'anello forte della catena dello sfruttamento, siamo
quelle su cui guadagnano. Ma abbiamo il potere di dire basta, di
rifiutare il comportamento vittimista che ci impongono sia per mantenere
il posto di lavoro, sia per ottenere i contributi dagli assistenti
sociali.
Oggi questo basta lo gridiamo con forza tutte insieme. Ci
siamo conosciute nei quartieri, abbiamo condiviso i nostri problemi ed
elaborato insieme una risposta corale: chiediamo un assegno sociale per
tutte e tutti. Una forma di reddito sottratto ai meccanismi di
autoumiliazione e giudizio da parte degli assistenti sociali.
Pretendiamo che la Società della Salute elargisca i buoni spesa non
vincolandoli alla Caritas. Pretendiamo che i nostri bisogni vengano
presi in considerazione e soddisfatti, perché noi non vogliamo
l'assistenzialismo, non vogliamo la carità. Vogliamo solo che il nostro
lavoro sia riconosciuto e ci venga pagato, perché lo svolgiamo già.
Donne dei quartieri popolari
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