12/03/15

CURDE/8 MARZO 2 - "VA BENE A KOBANE... MA IL FEMMINISMO IN ITALIA E' PER LA NON VIOLENZA"

Un articolo apparso il 7 marzo sul giornale Il Manifesto rivela i timori di una certa sinistra, del femminismo borghese, che dietro il sostegno alla battaglia delle donne curde si insinui anche un sostegno alla lotta armata, alla violenza rivoluzionaria, attivando una rivolta nuova anche in Italia, alimentata dal peggioramento delle condizioni di esistenza delle donne, dalle discriminazioni.

NOI LO SPERIAMO....

(da Il Manifesto)

Un nuovo modello di rivolta di 

"Vediamo solo le trecce nere, della donna certamente giovane che ha un fucile mitragliatore in spalla, il viso è tutto girato dall'altra parte. Una com­bat­tente, imma­gine forte per una delle tante mani­fe­sta­zioni in Ita­lia che oggi hanno accolto l’invito delle donne curde di dedi­care la gior­nata inter­na­zio­nale delle donne 2015 alla loro lotta. Non è mai suc­cesso, che io mi ricordi, che donne armate siano state scelte a rap­pre­sen­tare l’8 marzo.
Nep­pure nel 1977, anno piut­to­sto tur­bo­lento... La donna armata dice qual­cosa di nuovo, segnala un cam­bia­mento... L’invito delle donne curde dice: «Orga­niz­ziamo la resi­stenza ovun­que nel mondo le donne subi­scano vio­lenza. Dif­fon­diamo insieme lo spi­rito di resi­stenza che ci uni­sce e ci raf­forza con­tro ogni mani­fe­sta­zione del sistema di domi­nio patriarcale»... Senza dub­bio le com­bat­tenti hanno acceso l’immaginazione, hanno atti­vato un fuoco latente. Susci­tano un’enorme ammi­ra­zione, com­bat­tono per la libertà loro e delle loro figlie, con­tro un eser­cito, quello dell’Isis, per il quale essere donne è una colpa, e fonte di con­ta­mi­na­zione, all’interno di un’organizzazione, il Pkk, che ha fatto dell’uguaglianza tra donne e uomini un pro­prio valore.
Eppure. Come la met­tiamo con la non vio­lenza? Con la con­vin­zione fem­mi­ni­sta che la guerra è una vicenda maschile? L’Isis è un nemico che mette a tacere qua­lun­que dub­bio, a pro­po­sito di guerra? Sono domande aperte, tutte da affron­tare. E inquieta che non ci sia nes­suna (e nes­suno) che le rac­colga. Non tutte le mani­fe­sta­zioni in Ita­lia dedi­cate alla lotta delle donne curde met­tono diret­ta­mente in scena una donna armata. In ogni caso un conto è un popolo in guerra, che difende la pro­pria vita, altra è la situa­zione qui, in Italia.
Ma biso­gna dirlo. In tutte que­ste mani­fe­sta­zioni si avverte un ine­dito spi­rito di rivolta. E non solo tra le più gio­vani e radi­cali...

È la crisi che ha rime­sco­lato le carte, che ha obbli­gato a guar­dare con occhi diversi le sto­rie di cia­scuna e cia­scuno. Se la parità di retri­bu­zione tra donne e uomini è un pro­blema aperto, e giu­sta­mente riven­di­cato, che deve dire chi si trova inca­te­nata al mec­ca­ni­smo dei pic­coli lavori pre­cari equa­mente mal retri­buiti? Per non dire sot­to­pa­gati? Lo spi­rito di rivolta nasce qui, in con­di­zioni mate­riali di esi­stenza..." 

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