26/01/21

NON CI INGANNATE CON I VOSTRI APPELLI SULLA "UGUAGLIANZA DI GENERE"...


Le inchieste ufficiali, giornalistiche sulle disuguaglianze per e sul lavoro delle donne hanno, al 90%, come riferimento la condizione dei settori medi o addirittura alti delle donne, massimo si interessano delle donne della piccola borghesia.
Queste inchieste sono fatte dalla classe borghese e guardano, anche nelle soluzioni, prevalentemente alla condizione delle donne della loro classe.
In questo senso le proposte che vengono periodicamente fatte – quasi a volersi mettere a posto la coscienza – sono tutte interne a rendere questo sistema capitalista più egualitario, più giusto, più rispettoso. 

La stragrande maggioranza delle donne, quelle proletarie che non trovano lavoro, che per prime vengono cacciate dal lavoro, che se lavorano lo fanno con occupazioni part time, precarie a pochissimo salario e sempre a rischio, le tante che si distruggono la salute, non dietro una bella scrivania, ma in condizioni di lavoro pesanti, stressanti, dalle pulizie, alle campagne, ai servizi, al commercio, ecc., per tutte queste la discriminazione è totale, e per loro la corsa alla “carriera” è la corsa a campare, non a raggiungere posti migliori, più qualificanti per la parità con gli uomini.

Per le donne proletarie non ci sono aggiustamenti, norme temporanee, “vibranti impegni” della Ue, dei governi – ultime, anche sull'uso del Recovery fund non potevano mancare proposte di utilizzo di questi fondi per misure sulla parità di genere – quando è questo sistema capitalista la vera causa, che non si può migliorare ma distruggere.
Questo sistema ha tra le sue basi fondamentali il doppio sfruttamento e la doppia oppressione delle donne, che gli garantisce, sia che le donne lavorino o non lavorino, la riproduzione gratis della forza-lavoro, la tenuta sociale, politica e ideologica della istituzione familiare, l'utilizzo delle donne sul lavoro a meno costi... Perchè mai, quindi, questo sistema dovrebbe realizzare l'uguaglianza – se non nelle eccezioni che confermano la regola e che diventano un esempio per questo sistema capitalista, i partiti borghesi, i loro giornali, che questa società è la migliore possibile se aggiustata un poco.  
Ma anche i pochi “aggiustamenti” - pensiamo quelli programmati, più che fatti, in questo lungo periodo pandemico in cui la condizione di lavoro e di vita delle donne è peggiorata in tutti i sensi – interni sempre allo logica di salvaguardare questo sistema, i profitti dei padroni, non servono o sono così minimi che non riducono la disuguaglianza di genere sui posti di lavoro, o in alcuni casi confermano in pieno la disuguaglianza e ricadono in peggio e ancora sulle donne.
Facciamo alcuni esempi: si danno, o si fanno piani, premi/incentivi, sgravi fiscali e contributivi alle aziende, che nella realtà si prendono i “premi”, ma poi continuano a licenziare prima di tutto le donne, a discriminare, peggiorare la condizione lavorativa, sia “legalmente”, utilizzando norme, cavilli, sia “illegalmente”, visto che i controlli poi sono una goccia nel mare; gli asili, per adeguarsi alle norme anti-covid in alcune città sono stati chiusi piuttosto che aumentati; il bonus babysitter è stata un'elemosina; l'aumento del congedo parentale è stato richiesto nel 79% dei casi dalle donne; fino allo smartworking che è la “soluzione trovata” per conciliare lavoro fuori e lavoro in casa, assistenza ai figli, anziani, un moderno “lavoro a domicilio” con molte ore di lavoro, meno salario, contemporaneo doppio lavoro per le donne.
Per questo, non ci ingannate, non ci deviate con i vostri appelli sulla “parità di genere”, sulla lotta alla disuguaglianza”...!
Le donne proletarie, soprattutto quando lottano, sanno bene quanto sia misera un'uguaglianza nello sfruttamento e nella miseria alle condizioni di lavoro dei proletari, e la loro prospettiva è tutt'altra.

Nell'opuscolo '360°' il Movimento femminista proletario rivoluzionario scrive: 

“...Sui posti di lavoro vi sono molte discriminazioni, sia per essere assunte, sia durante il rapporto di lavoro, sia per i licenziamenti che si basano proprio sulla condizione di disparità delle donne. Pure nell’attacco generale vi è una differenza con gli uomini...
...Le battaglie contro le discriminazioni sono assolutamente necessarie, ma sarebbe un pò cieca e ben misera cosa se questa diventa lotta per la parità donna-uomo, anche perché tutte noi giudichiamo la condizione dei proletari, degli operai altrettanto bruttissima. 
Noi dobbiamo in un certo senso rovesciare la questione. Le donne devono lottare per affermare  la “disuguaglianza” non l’uguaglianza con l’uomo. “Disuguaglianza” vuol dire che in una nuova società, nella società socialista la condizione delle donne deve essere centrale nell’azione dello Stato proletario. Ma perchè questo avvenga, si deve praticare una “disuguaglianza” a favore delle donne, che poi permetta una uguaglianza più alta, per tutti...”.

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