17/11/23

Dalle operaie delle fabbriche tessili del Bangladesh in sciopero

“Anche i marchi di moda europei e statunitensi devono parlare apertamente”, ha affermato. “A che serve tutto il loro parlare di emancipazione femminile quando le donne che confezionano i loro vestiti vengono uccise per strada?” 

 (dichiarazione al Guardian 09/11/23)

Le operaie tessili del Bangladesh sono in sciopero per conquistare un salario all’altezza del costo della vita. Il governo è sceso in campo sparando addosso ai manifestanti uccidendone 4. Ma le operaie non cedono, lo sciopero continua.

L’industria tessile del Bangladesh impiega 4,5 milioni di addetti, di cui oltre l’80 % manodopera femminile. Operaie, quindi, impiegate in oltre 4.500 stabilimenti divisi in 4 distretti industriali. Si tratta del settore economico più importante del paese il cui fatturato è passato da $3,78 miliardi nel 1998 a $ 55 miliardi nel 2021.
Un aumento vertiginoso grazie principalmente al bassissimo costo del lavoro, ai salari da fame delle operaie bengalesi.
Questo rende il Bangladesh il secondo maggior esportatore di abbigliamento al mondo, dopo la Cina, con iI 100% della produzione destinata all’esportazione.
Il settore tessile rappresenta l’80% del totale delle esportazioni del paese e l’11% del PIL. Si tratta di prodotti di abbigliamento finiti (Pret a Porter) e destinati ai grandi rivenditori internazionali come Levi’s. H&M, Primark, Walmart, Tesco e Aldi, ecc.

Salari da fame, affitti e prezzi alle stelle
La controversia è iniziata ad aprile 2023, quando le operaie hanno chiesto un adeguamento salariale all’impennata dei prezzi al consumo e del mercato immobiliare, aumenti che hanno reso le condizioni di sopravvivenza dei 4,5 milioni di operaie ancora più terribili. Con un salario mensile che parte da 8300 Taka (70,27 euro) è diventato impossibile fare la spesa e pagare gli affittì delle case. La maggioranza delle lavoratrici, infatti, proviene da villaggi lontani dai distretti industriali della capitale e sono quindi costrette a vivere nei sobborghi della capitale Dhaka.

Scioperi, rivendicazioni operaie, repressione e rivolta
Gli scioperi molto duri, compatti e con blocco delle entrate ai crumiri sono iniziati il 31 ottobre, la richiesta delle operaie in lotta molto precisa: aumento salariale triplicato da 8,300 taka a 24.900 (da €70 a € 225). I padroni dell’associazione industriale tessile (BGMEA) hanno risposto con un’offerta di aumento giudicata ridicola e inaccettabile, un aumento del 25%. Da €70 a €85 mensili. Inoltre, hanno chiesto al governo di rimuovere i picchetti e vietare le manifestazioni operaie. Il governo ha mobilitato, per cercare di contenere la determinazione operaia, persino le guardie di frontiera. La scorsa settimana la polizia ha aperto il fuoco sui concentramenti operai ammazzando quattro persone. 2 operaie tessili, un elettricista ed un altro operaio morto sabato 11 per le ferite riportate.

I feriti sono centinaia. Le operaie denunciate per blocco stradale, picchetti e resistenza sono 11 mila. 120 sono le persone arrestate.
La recente proposta del governo di aumento del salario del 50%, unita alla feroce repressione poliziesca, ha ulteriormente contribuito alla mobilitazione operaia che ha assunto forme di aperta rivolta, Assalto e devastazione delle fabbriche, blocchi stradali, decine di cortei, che hanno trasformato Dhaka la capitale, in un campo di battaglia!
Lo scontro maggiore si è avuto nel distretto industriale di Ashulia (Dhaka ovest), allorché un corteo di oltre quindicimila scioperanti cerca di impedire ai crumiri di entrare durante il blocco, sciopero che coinvolgeva oltre seicento stabilimenti. Gli scioperanti, oltre a scagliare pietre e mattoni sulla polizia che sparava proiettili di plastica, tentavano di bloccare la vicina autostrada.
“Chiediamo al primo ministro di intervenire, affinché fermi immediatamente la brutalità della polizia”, ha detto la sindacalista Azma Akhter. “Il nuovo salario proposto è inaccettabile quindi lo respingiamo”. “Anche i marchi di moda europei e statunitensi devono parlare apertamente”, ha affermato. “A che serve tutto il loro parlare di emancipazione femminile quando le donne che confezionano i loro vestiti vengono uccise per strada?” (dichiarazione al Guardian 09/11/23)
Lo sciopero continua!

da operai contro

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