LA CONDIZIONE E LA NECESSARIA LOTTA DELLE DONNE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
L’emergenza del coronavirus ha amplificato oggettivamente quella che era una condizione di sfruttamento e di oppressione che la maggioranza delle donne proletarie già viveva nel nostro paese.
L'emergenza ha investito tutti gli aspetti della vita delle donne, il lavoro/il non lavoro, il salario/il non salario, il carico dei servizi sociali, la questione della violenza e dei femminicidi, la questione dell’aborto, ecc..
Sulla questione del lavoro, da un lato per il coronavirus/lockdown vasti settori di lavoratrici dall’oggi al domani hanno perso il lavoro per la chiusura o sospensione di alcuni settori, come le cooperative sociali/servizi sociali/di assistenza nelle scuole, nei centri diurni per disabili…, il settore turistico, il settore della ristorazione, del commercio, delle pulizie/servizi, come alcune fabbriche; tantissime lavoratrici che vivevano una situazione già di precarietà dopo il lockdown si trovano in una situazione di non rientrare più al lavoro.
Le misure di ammortizzatori sociali del governo per chi ha dovuto andare a casa si sono rivelate assolutamente insufficienti, non sono state ancora liquidate totalmente, soprattutto al Sud, e hanno tagliato comunque almeno il 20%-40% dei salari, spesso già molto bassi.
In tutto un altro settore dove le lavoratrici sono soprattutto immigrate occupate come badanti, colf, lavoratrici domestiche, le donne si si sono ritrovate in una situazione non solo pesantissima di non lavoro (e per tante di perdita di casa), ma anche nei primi mesi del lockdwon fuori dalle misure di sostegno salariale del governo. Poi con il Decreto rilancio il governo ha stanziato un’indennità di 500 euro mensili per i mesi di aprile e maggio 2020 ma con paletti e ottica circoscritta, spettava ai collaboratori domestici già in possesso di un regolare contratto di lavoro alla data del 23 febbraio 2020.Tre i requisiti richiesti per richiedere il bonus: non convivenza con il datore di lavoro; contratto regolare in essere alla data del 23 febbraio 2020 superiore a 10 ore a settimana, il domestico non deve percepire altri succisi… sappiamo bene come tantissime di queste lavoratrici lavorano purtroppo a nero o con contratti anche di meno ore rispetto alle 10 settimanali.
Dall’altro lato, le lavoratrici che hanno continuato a lavorare si sono ritrovate in una condizione non solo di più sfruttamento ma addirittura di nessuna tutela, prevenzione per la loro salute e vita, anche a rischio di morire, come è accaduto per es. nella logistica.
La prima linea è stata sicuramente costituita da tutte le lavoratrici che lavorano nel mondo della sanità, degli ospedali del Covd-19. Le dottoresse, le infermiere, le operatrici socio sanitarie, le donne delle ditte delle pulizie si sono ritrovate nel vortice di questa emergenza a lavorare in una situazione di orari massacranti, mancanza di dispositivi di protezione e sicurezza adeguati; una situazione che ha fatto emergere in maniera palese il massacro che è stato fatto alla sanità da tutti i governi al potere e che oggi viene scaricato pesantemente sulla pelle, oltre che dei malati, dei lavoratori e lavoratrici, mettendo a rischio la vita – più di 170 medici sono morti per Covid-19, come decine di infermiere e Oss...
Tante operaie di fabbrica hanno dovuto continuare a lavorare anche durante il lockdown perché quello che conta per i padroni, per il capitale è il plusvalore, il profitto e non la vita degli operai e delle operaie, per cui è successo che si è continuato a produrre anche in quelle fabbriche non essenziali, e senza le misure di sicurezza necessarie. Qui solo gli scioperi spontanei degli operai in diverse fabbriche hanno costretto il governo a fare una selezione tra le cosiddette fabbriche non essenziali e quelle essenziali - ma sotto la pressione di industriali diverse fabbriche e fabbrichette man mano hanno riaperto.
Per le operaie che hanno continuato a lavorare nelle fabbriche, le lavoratrici dei supermercati, al di là dei protocolli che il governo ha firmato con i sindacati confederali, sono perdurate diverse situazioni in cui le operaie hanno continuato a lavorare senza alcuna sicurezza, a rischio di ammalarsi gravemente.
Per non parlare di tutto il settore delle lavoratrici dell’agricoltura, in cui stanno tante donne migranti. Queste o hanno perso il lavoro o per loro, come moderne schiave ad una situazione di lavoro durissima si è aggiunto il coronavirus e queste lavoratrici sono lasciate ancora più allo sbando per mesi… La sanatoria del governo si è rivelata una truffa (una "regolarizzazione" che non è solo insufficiente, la questione principale è che è stata fatta per dare braccia alle aziende da sfruttare per il tempo necessario al lavoro (max un anno)… e ci sono state proteste delle migranti e dei migranti contro questo provvedimento governativo annunciato dalle lacrime pi ù che ipocrite della Bellanova…
Il governo durante l’emergenza è uscito con tutta una serie di decreti, però pochissimo o quasi niente è stato posto per quanto riguarda la condizione di vita delle donne; verso cui, invece, la misura principale: stare a casa” è risultata e risulta controproducente e a rischio.
Perché quando si dice “state a casa, state chiuse” e ci hanno fatto vedere pubblicità in tv ad hoc con scene di tranquillità e rilassatezza “che bello stare dentro le case” in realtà questo non è stato e non è assolutamente vero e corrispondente alla realtà. Stare chiuse a casa 24 ore su 24 per la maggioranza delle donne, significa vedersi scaricare in maniera ancora più pesante tutto quello che è il lavoro di cura e della famiglia dei figli, del marito, dei parenti anziani, il lavoro domestico, ecc., significa subire uno stress psicologico che ti fa ammalare più del coronavirus.
E' come se si desse per scontato che per le donne “restiamo a casa” è normale, sarebbe compatibile con il ruolo prevalente che questo sistema borghese affida alle donne, di cura, assistenza, riproduzione, “ammortizzato sociale”. Il governo ha approfittato anche di questa situazione, per tenerci più incatenate al ruolo che questa società vuole per noi, principalmente: moglie, madre, “supplenti dello stato”.
La misura di bonus spesa, che si traduce in poche decine di euro a poche famiglie “indigenti” quando tante famiglie erano senza salario, è stata ridicola e offensiva, una indegna elemosina, contro cui giustamente tante persone, soprattutto donne, si sono ribellate rifiutandosi di pagare la spesa, come nelle proteste a Palermo, a Napoli.
Anche per quelle donne che hanno lavorato a casa in smart working, vedi per esempio l’ampio settore della scuola e del pubblico impiego, questa soluzione si è trasformata nella maggiora parte dei casi in una altra catena: le donne contemporaneamente mentre lavorano si devono occupare dei bambini, li devono seguire nella didattica a distanza, devono fare le pulizie, devono cucinare; cioè devono stare continuamente a lavorare senza limiti di orario, con un pesantissimo stress psicofisico.
Padroni e governo hanno realizzato la perfetta “conciliazione di lavoro e famiglia”, non separandoli, ma intrecciandoli minuto per minuto, rendendo così palese il doppio sfruttamento e oppressione.
Siamo tornati al lavoro a domicilio, in chiave moderna, con cui il capitale realizzava e realizza “due piccioni con una fava”: allungamento dei tempi dello sfruttamento, riduzione dei salari, controllo del lavoro (oggi anche più facilitato con i mezzi informatici). Mentre viene garantito il ruolo di riproduzione della forza-lavoro delle donne col lavoro domestico. Vedi le lavoratrici immigrate per lo più di Bergamo/Brescia
Il governo nel decreto di agosto ha inserito il bonus per le casalinghe invece di porre misure per il lavoro per le donne, un bonus indecente che prevede dei corsi professionali per donne che scelgono di fare le casalinghe (come se fosse uno dei tanti hobby)… per il governo le donne casalinghe devono restare casalinghe ma forse più acculturate!
Ma stare chiuse dentro casa è significato anche esasperare e amplificare le situazioni in cui le donne sono costrette a vivere 24 ore su 24 con mariti, partner violenti. Nelle settimane del lockdown decine sono stati i femminicidi, le varie forme di violenza sessuale, maltrattamenti incentivati dalla convivenza forzata, come la ragazza uccisa a Messina dal suo compagno. Per le donne che dalle stesse statistiche sono risultate più forti, meno contagiate dal coronavirus, la morte viene più stando chiuse in casa col proprio assassino che dal coronavirus. E la tragica beffa viene dallo stesso Stato, come è successo a Taranto, in cui un giudice ha mandato ai domiciliari un marito che aveva tentato di uccidere la moglie...
Poi ci sono le donne che sono messe in conto preventivo dei dati dei decessi per coronavirus.
Sono le immigrate nei CPR, le detenute che sono semplicemente cancellate, esistono solo quando si ribellano per essere duramente represse...
Ma questa emergenza ha voluto dire anche tanto altro per la vita delle donne.
Le donne hanno partorito nei corridoi dei pronto soccorsi, da sole, senza alcun parente ad assisterle. Le donne oggi non possono abortire. Se già prima le donne avevano difficoltà enormi ad abortire in un paese dove c’è un altissimo tasso di obiettori di coscienza e ospedali assolutamente inadeguati, oggi con il collasso degli ospedali si trovano in una condizione più pesante. L’approvazione di potere accedere all’uso della Pillola Ru486 senza ricovero obbligatorio è sì un passo in avanti ma resta sempre l’ostacolo più grave che è appunto l’obiezione di coscienza.
Se questa è la situazione, è altrettanto vero che essa ha reso ancora più necessario per le donne ribellarsi, unirsi e lottare ancora più di prima.
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