Luana era contenta di lavorare per essere indipendente, ma
rispetto al suo lavoro, “c’erano tante cose che non le andavano bene”.
Di queste “cose che non le andavano bene” i media non han parlato, prediligendo lo spettacolo della tragica fine di una giovane mamma, così bella che avrebbe potuto fare l’attrice dopo la comparsa nel film «Se son rose».
Così il suo viso grazioso ha avuto eco sui media, di
solito refrattari agli oltre due morti sul lavoro giornalieri, spegnendo, per un po', quello
della rappresentazione tossica del 1° maggio di Fedez, sponsorizzato da Amazon,
attraverso il palco dei sindacati concertativi, sponsorizzato da ENI.
Di quelle cose che a Luana non andavano bene dobbiamo continuare a parlarne noi.
Per ora le ipotesi di indagine della magistratura sono principalmente 2: il malfunzionamento di una cellula fotoelettrica, l'eventuale rimozione del sistema di protezione che doveva separare la macchina dall’operaia e garantire dunque una maggiore sicurezza.
Alla madre di Luana la titolare dell’azienda ha detto che proprio nel giorno in cui Luana è stata uccisa era stato assunto un altro ragazzo per aiutarla. Ma allora, perché il lavoro per il quale erano necessarie 2 persone veniva fatto da una sola?
Nelle aziende del tessile, a largo impiego di manodopera femminile, i
carichi e i ritmi di lavoro sono sempre più pesanti anche a causa dell’assenza
di un’organizzazione sindacale delle lavoratrici, in grado di contrastare efficacemente
le condizioni di sfruttamento in fabbrica.
I Paesi dell’Est-Europa e l’Italia, nonostante la pandemia, costituiscono snodi fondamentali per la produzione, in cui persistono condizioni diffuse e strutturali di sfruttamento del lavoro.
Si va dal lavoro illegale, informale,
precario, che si annida nelle parti basse delle filiere produttive, fino al
lavoro a domicilio, con salari bassissimi, mancanza di sicurezza, mancanza di
un’accurata manutenzione dei macchinari, orari di lavoro che non vengono
rispettati, rischi per la salute e paura di ritorsioni, di perdere il posto di
lavoro.
Luana D’Orazio, con i suoi 22 anni, è sicuramente una delle lavoratrice più giovani ad aver perso la vita, ma la strage sul lavoro non si è mai fermata nemmeno con la pandemia, con le fabbriche e i campi sempre aperti.
Dopo la morte di Luana un altro lavoratore del tessile è rimasto incastrato con il braccio in un macchinario a Bergamo ed ora è in ospedale in gravi condizioni. A Busto Arsizio oggi è morto un operaio schiacciato dal tornio: "Si lamentava che fossero in troppo pochi" ha detto la moglie, rimasta da sola con due figlie piccole. E nel trevigiano, sempre oggi, un'altra giovane operaia, E. B. di 34 anni, è rimasta impigliata con i capelli in un macchinario di un'altra fabbrica tessile, che le ha procurato un vero e proprio scalpo nella nuca.
Il quadro tracciato dall'Inail sul primo trimestre del 2021 parla chiaro: 185
vittime. Dal 2015 gli incidenti mortali non sono mai scesi sotto i 1000
all’anno. Stando all’ultimo aggiornamento, che comprende i decessi per Covid
contratto sul lavoro, nei primi tre mesi del 2021 le denunce di infortunio sono
state 128.671 e i casi mortali 185,
Ogni giorno due
lavoratori/lavoratrici muoiono sul lavoro. Molti più uomini che donne, perché il 98% delle persone che con la crisi-pandemia hanno perso il lavoro sono donne, ma di donne
ne sono morte 11 contro le 3 che avevano perso la vita nel primo trimestre 2020.
Dal punto di vista delle classi di età, sono raddoppiate le morti nella classe 60-69 anni: dalle 19 del primo trimestre del 2020, alle 38 del 2021. Lavoratrici e lavoratori che a quell’età dovrebbero andare in pensione e che invece vengono mandate/i al macello! Le donne ancor di più a rischio vita per il doppio lavoro!
Ma un messaggio subdolo, che dal volto di Luana passa per gli schermi televisivi, è anche un altro: “Donne, state a casa, perché in fondo ve la
siete cercata!”
Contro tutto questo altro che un misero scioperino ci vuole!
Ci vuole la ribellione organizzata delle donne proletarie a chi quel futuro ci vuole negare, lasciandoci ammazzare di lavoro e di non lavoro, in fabbrica come a casa.
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