Rivendicando
il diritto di cronaca, denunciando l'influenza dei padroni sulle redazioni, le
17 operaie hanno visitato le principali redazioni della stampa bergamasca e
contestato decisamente il fatto che in un mese, sui giornali locali, non una
riga è stata scritta su questo gravissimo atto di repressione padronale,
nonostante un processo, molte iniziative, una manifestazione cittadina,
comunicati stampa, tutto completamente oscurato.
Le porte de
L'Eco di Bergamo, sono rimaste chiuse, a difesa della fabbrica dei rifiuti
modello di sfruttamento di centinaia di immigrati appaltati alle cooperative e
cogestiti dal sindacato confederale.
Al Corriere
della Sera, la carica delle operaie ha avuto ragione e un articolo è pur uscito.
Un articolo
che alla nuda cronaca affianca omissioni e versioni di parte senza
contraddittorio che falsificano la realtà. Offrendo una sponda a padroni e
sindacalisti confederali.
La posizione delle cooperative e il ruolo delle committenti in tutti gli appalti è noto: è un rapporto di totale subalternità senza alcuna possibilità di autonomia decisionale da parte delle cooperative.
Sostanziale e
di fatto. Comandano i padroni delle imprese. Il contratto di appalto non è
scaduto naturalmente, è stato interrotto repentinamente in mezzo alla vertenza
per la mezz'ora di mensa.
Scrivere senza contraddittorio che l'azienda si sta dando da fare per sistemare le cose, senza ascoltare le lavoratrici che riferiscono che come questa azione sia fatta di minacce "o togliete la causa o non rientrerete più ....".
Scrivere che la Cgil si è attivata in fabbrica senza tenere conto di tutta la cronaca, che puntualmente è stata fatta a tutte le redazioni e per restare agli ultimi fatti:
il 26 forte
contestazione davanti la Cgil perché non ha mosso un dito per far applicare il
suo contratto;
il 27 i
delegati Cgil si attivano in fabbrica parlando di firme e di scioperi;
il 29 arriva
il volantino ufficiale della Cgil che dice "niente scioperi"; non
dice una parola sul fatto che sono rimasti fermi un mese; dice se volete
rientrare venite da noi; attribuisce allo Slai Cobas la colpa dell'esclusione
delle operaie, salvando la cooperativa che è oggetto di un ricorso di urgenza,
quindi un volantino che emette una sentenza contro le 17 operaie prima ancora
che arrivi la sentenza del giudice.
Si i
volantini sono stati effettivamente messi anche nella bacheca in fabbrica
della cooperativa e siamo ben sicuri che abbiano apprezzato.
Veramente una bella attività che ancora una volta il giornalista non vuole vedere.
Un articolo
di cronaca, non scontato, che ha rotto il muro di omertà su di un fatto ma che
lascia intatto il muro che copre il sistema degli appalti gestito
esclusivamente dai padroni, fatto di norme e contratti scandalosi, sindacati
compiacenti e l'interposizione fittizia delle cooperative nella gestione del lavoro,
tra padroni (committenti) e lavoratori. Quel sistema, che in occasione di un
dibattito pubblico, lo stesso giornalista, coraggiosamente, non esitò a
definire la zona grigia delle cooperative, una forma di caporalato.
Un servizio da radio onda d'urto Brescia
Lo sanno bene
le 17 operaie della Montello, alle porte di Bergamo, da 10 anni al lavoro
dentro uno dei più stabilimenti italiani di riciclo rifiuti, assieme ad altre
500 lavoratrici, 90% con cooperativa, donne e migranti, ora escluse dal cambio
appalto alla Montello spa. Dal 1 ottobre sono in lotta perchè lasciate senza
lavoro, sostenute dallo Slai Cobas – Per il sindacato di classe che oggi,
venerdì 2 novembre, ha convocato stampa e solidali fuori dal Tribunale di
Bergamo, a poca distanza dalla sede della Cgil Bergamo.
Perchè questa scelta nell’ubicare il presidio? Lo abbiamo chiesto a Sergio Caprini, dello Slai Cobas – Per il sindacato di classe. Ascolta o scarica.
Nella
prossima corrispondenza, invece, la voce di due lavoratrici in lotta. Ascolta o
scarica qui:
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