Il 22 gennaio alle ore 9 inizia il processo per diffamazione nei confronti di 3 donne
Si va e si torna insieme
Prima avvennero lo stupro e le violenze, poi l’ignobile processo e
infine la denuncia a quante avevano sostenuto la donna sopravvissuta.
Lo stupro e le violenze:
È il 12 febbraio del 2012 quando Rosa si trova con una sua
amica in una discoteca a Pizzoli (L’Aquila). Nella discoteca non ci sono
tante persone se non quei militari che il terremoto ha portato là per
l’operazione “strade sicure”. Verso le 4 del mattino Rosa verrà
ritrovata in mezzo alla neve, con una temperatura sotto lo zero, mezza
nuda, sanguinante e in stato di non coscienza. Altri cinque minuti e
sarebbe morta. Quello che Rosa ricorderà sarà solo che si trovava al
guardaroba a parlare con la sua amica. Si risveglierà poi in sala
operatoria. Lo stupro è evidente e anche la brutalità con la quale è
stato commesso. Il militare del 33° reggimento artiglieria Aqui de
l’Aquila, Francesco Tuccia, difeso dagli avvocati Antonio Valentini e
Alberico Villani, sarà l’unico indagato e condannato per i fatti.
Il processo:
Da quando la violenza sessuale è entrata nei codici penali, tra
Sette e Ottocento, i processi per stupro sono stati processi alle donne
che li denunciavano, di cui si cercava di dimostrare il consenso o la
provocazione distruggendone la reputazione, le intenzioni, la vita,
discutendo chi frequentavano, come si vestivano, a che ora uscivano e
con quanta forza si erano opposte. I movimenti delle donne negli ultimi
cinquant’anni hanno fatto di quello che succedeva nelle aule dei
tribunali uno dei terreni-chiave nella campagna contro la violenza. Si
richiedeva, e lo si continua a fare, da una parte che le donne che
denunciano e scelgono di intraprendere la via del processo penale non
debbano essere sottoposte a processi di vittimizzazione ulteriore, vale a
dire di colpevolizzazione, ritenute parzialmente o interamente
responsabili di ciò che è accaduto loro; dall’altra che si riconosca che
la condotta assunta in aula dagli avvocati che difendono gli stupratori
e dai giudici che sostengono simili impianti è di natura politica, e in
quanto tale implica una responsabilità individuale. Un avvocato che
sceglie di difendere uno stupratore e insinua, come avvenuto in questo
processo e come diversi avvocati hanno fatto nel corso della storia dei
processi per stupro, che la donna fosse consenziente e avesse provato
piacere durante le violenze compie una scelta precisa, niente affatto
neutra o tecnica, figlia della stessa cultura dello stupro che
dovrebbero processare.
Al processo di Rosa, come tante altre volte è successo in passato,
hanno partecipato molte donne e femministe da tutta Italia, per
sostenerla e per vigilare sull’andamento del processo.
La denuncia:
Nel novembre 2015 l’avvocato Valentini è invitato ad un
convegno, organizzato dall’associazione Ilaria Rambaldi Onlus di
Lanciano, presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma, un luogo
simbolico per la libertà delle donne.
Molte donne si mobilitano e alla fine la Casa delle donne di Roma
segnala all’organizzazione del convegno che l’avvocato Valentini non può
varcare quella soglia, perché indesiderato. Ma l’avvocato Valentini non
ci sta e denuncia per diffamazione tre donne, colpevoli di avere
diffuso una lettera di una aquilana in cui si cercava di spiegare alle
donne romane chi fosse l’avvocato Valentini (ciriguardatutte.noblogs.org).
La posta in gioco:
A sembrarci grave non è la denuncia di per sé. A sembrarci grave è che
un avvocato di uno stupratore che ha impostato il processo
colpevolizzando la sopravvissuta, possa pensare che due anni dopo può
impunemente varcare come ospite d’onore la soglia di una Casa delle
donne; la cosa che ci sembra grave è che rifiutato, si senta nella
posizione di forza e di diritto di intentare lui un processo contro tre
donne; la cosa che ci sembra più grave è che uomini del genere invece di
vergognarsi, nascondersi, defilarsi, continuino ad occupare la scena
pubblica e a condizionare la vita delle donne.
Questa vicenda, lo abbiamo detto dall’inizio, ha un valore simbolico che non si può trascurare.
Vogliamo che diventi l’occasione per evidenziare cosa sono i processi
per stupro, la responsabilità politica e individuale di chi partecipa
al teatro della giustizia e chi colpisce le reti di solidarietà
femminista.
Si va e si torna insieme abbiamo intitolato questo scritto. Alludendo
al fatto che insieme siamo state al processo contro gli stupratori di
Rosa e insieme ritorneremo a L’Aquila nel processo che coinvolgerà tre
di noi per diffamazione. Il riferimento, però, è anche alla necessità di
riprendere in mano, per le vecchie e nuove generazioni di donne,
pratiche e strategie di autodifesa: in discoteca, nei centri sociali,
per strada, ad una festa, si va e si torna insieme, ci si guarda le
spalle e ci si protegge l’una con l’altra.
Appuntamento per tutte il 22 gennaio 2018 ore 9 presso il Tribunale dell’Aquila.
Assemblea Romana Ci Riguarda Tutte