15/03/22

Sulla mobilitazione dell'8 marzo





L’8 marzo ha visto scendere massicciamente in campo il movimento delle donne che in numerose città italiane sotto la bandiera dello “sciopero delle donne” ha riempito piazze e animate una serie di iniziative sociali che hanno portato al centro tutte le battaglie di questi ultimi mesi.

Complessivamente decine di migliaia, forse 100mila le donne che si sono mobilitate in tutto il paese.

In tutte le manifestazioni è stato forte il grido “NO alla guerra!”. La giornata dell’8 è stata di fatto la prima mobilitazione nazionale contro la guerra imperialista in Ucraina fuori dal pacifismo di maniera e dalle ipocrite mobilitazioni sotto l’egida dei partiti parlamentari e governativi. La immediata presa di posizione e azione prima e durante l’8 marzo del Movimento femminista proletario rivoluzionario ha influenzato positivamente settori del movimento femminista, come la posizione del movimento Nudm.

In questa mobilitazione nella città dove è organizzato e influente il Movimento femminista proletario rivoluzionario, sono state le donne lavoratrici, le operaie di fabbriche, spesso immigrate la forza principale che, al di là dei numeri ancora piccoli, hanno scioperato per davvero e hanno portato in queste mobilitazioni la condizione delle donne proletarie, con le loro rivendicazioni che già animano lotte tenaci, prolungate e difficili e che abbracciano innanzitutto la loro condizione lavorativa, lavoro precario, doppio sfruttamento, discriminazioni, e la loro vita quotidiana, scuola, sanità, carovita, grande difficoltà nella gestione dei figli, dentro un periodo infinito caratterizzato da crisi e pandemia.

La voce delle lavoratrici è stata forte e chiara contro i padroni, il governo lo Stato borghese, contro il dominio ideologico e pratico del patriarcalismo. La parola d'ordine principale diceva: "
Noi non ci stiamo! Combattiamo!".

Le lavoratrici hanno dimostrato che nessuna delega è possibile al femminismo borghese e piccolo borghese in materia di denuncia e lotta delle violenze sessuali e femminicidi che anche in questo periodo hanno mostrato la natura permanente barbara di un sistema che produce questo moderno 
medioevo. L’azione delle donne lavoratrici non si contiene nelle rivendicazioni, giuste e sacrosante, del movimento femminista, perché tutta la vita deve cambiare, c’è un mondo da rovesciare dalla terra al cielo con la rivoluzione, perché diventi un mondo da conquistare.
L’ha portato in queste manifestazioni la solidarietà internazionalista alle nostre enormi sorelle dell’India in fiamme nel quadro della solidarietà con le prigioniere politiche, anche come parte di tutte le donne oppresse e represse là dove conducono la lotta rivoluzionaria e antimperialista.

E ora? Non è con parole d’ordine banali “8 marzo tutti i giorni” che possiamo continuare, ma con l’organizzazione delle donne proletarie come punta d’avanguardia dell’intero movimento delle donne, anche perché in maniera oggettiva le donne proletarie sono la maggioranza delle donne.
Quindi portiamo la piattaforma generale, la nostra battaglia in ogni lotta, facciamo sentire la solidarietà e la forza dell’esistenza di un movimento generale.
Continuiamo nella lotta contro la guerra imperialista. Contaminiamo ogni manifestazione.

Ma se questo è il primo fronte ve ne sono altri due dentro la battaglia di lunga durata:
La formazione rivoluzionaria delle donne. Il Movimento femminista proletario rivoluzionario, l’Assemblea nazionale delle Donna/Lavoratrici promuovono la formazione teorica, politica perché l’avanguardia delle donne, proletarie e del movimento, non sia subordinata all’ideologia della sinistra borghese riformista o falso rivoluzionaria. Che il pensiero delle donne si affermi prendendo nelle proprie mani le armi scientifiche della teoria della rivoluzione.
Usciranno nelle prossime settimane nuovi opuscoli, dossier, si realizzeranno incontri telematici e diretti perché insieme ci armiamo della critica, perché essa si trasformi in movimento di liberazione e rivoluzione.
Alziamo il tiro della lotta all’interno del sindacalismo di base perché anche questa volta abbiamo assistito, insieme alla lodevole decisione di dichiarare lo sciopero dell’8 marzo alla ennesima incomprensione che le donne non hanno bisogno del paternalismo dei dirigenti eterni di questi sindacati e soprattutto non hanno bisogno di essere rinchiuse nel ghetto della sola lotta vertenziale sindacale. L’Usb è un modello negativo di tutto questo. Ma sia pur in forme più combattive e con lotta più vera, cos’altro fanno i dirigenti del Si.cobas e altri? Questa battaglia deve continuare e non aspettare il prossimo 8 marzo.

A noi tocca una marcia, che sia una marcia in più, e un cammino nell’organizzazione delle donne operaie e delle lavoratrici, non certo limitandoci a quelle che sono già organizzate con noi, là dove siamo presenti, e nell’avanzare nella battaglia per il ruolo centrale, determinante delle donne nel movimento di lotta generale.

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