31/12/21
L'anno che vogliamo: essere pericolose per padroni, governo, Stato, uomini che odiano le donne - Il nostro augurio a tutte le donne
30/12/21
Il MFPR fa appello a sostenere la campagna di solidarietà ai prigionieri politici in India - firmate la petizione, fate girare l'appello, partecipate alle iniziative
Fermare la repressione scatenata dal governo indiano!
Solidarietà con prigionieri politici in India!
Rilascio immediato di tutti coloro che sono stati illegalmente arrestati per il caso Bhima Koregaon!
è pubblicata in https://chng.it/9KkyJnCD2n
Negli ultimi anni a livello
internazionale è cresciuto in diversi
paesi e nella stessa india un movimento di
solidarietà per il rilascio incondizionato
del leader del Fronte Democratico
Rivoluzionario (RDF), Prof. Saibaba, l’intellettuale Prof. Anand Teltumbde, lo scrittore rivoluzionario Varavara Rao e
i tanti altri attivisti ingiustamente
imputati nel caso Bhima Koregaon (BK-16).
Il 5 luglio scorso c’è stato l’omicidio di
Stato di padre Stan Swamy, uno degli
accusati nell’infame montatura Bhima
Koregaon, a cui sono state cinicamente
negate le cure mediche di cui necessitava.
Alcuni prigionieri politici maoisti sono
stati uccisi in custodia e tanti altri
ancora sono stati torturati.
Quella di Bhima Koregaon e del presunto
piano per uccidere Modi non è che una
montatura nell’interesse dei politici
Hindutwa al potere e per coprire i
criminali fascisti al loro servizio.
Sentiamo come nostra responsabilità
difendere tutti gli attivisti sociali e
oppositori politici falsamente accusati e
imprigionati. Il solo loro crimine è
essersi battuti e continuare a battersi
per la democrazia e per tutti gli
oppressi: i dalit, le minoranze tribali e
religiose, le donne.
Varavara Rao, ottantenne, è stato
rilasciato su cauzione per motivi di
salute, ma il tribunale non gli ha
concesso di vivere insieme alla sua
famiglia nella sua residenza. Non è che un
modo per mantenerlo sotto un altro tipo di
detenzione.
Gowtam Navlakha e Sudha Bharadwaj soffrono
gravi problemi di salute e hanno chiesto
la libertà su cauzione ma il tribunale si
è pronunciato a favore della polizia e non
gliel’ha concessa. Giuristi di tutto il
paese e all’estero hanno criticato questa
decisione definendola niente di meno di un
insulto alla Costituzione indiana.
Negli ultimi 20 quasi 2000 persone sono
state uccise in custodia dalla polizia in
tutta l’India. Ma solo 26 poliziotti sono
stati riconosciuti colpevoli di questi
omicidi. Da quando il giudice Agarwal ha rivelato
il suo rapporto, accusando la polizia dei
massacri di Sarkenguda e Edsametta, in
Chhattisgarh, sono trascorsi anni senza
che un solo poliziotto sia stato
arrestato.
Il mondo intero, la stessa ONU, ha
condannato l'omicidio di padre Stan Swamy
ma il governo indiano non ha intrapreso
alcuna azione nei confronti dei
responsabili.
Il Presidente della Corte Suprema
dell'India, L. V. Ramana, ha dichiarato
apertamente che gli articoli della Sezione
124A (sulla sedizione) sono obsoleti e che
gli organi legislativi devono abrogare
quella norma. Ma i legislatori non se ne
curano.
Grazie a queste leggi draconiane posso
mettere dietro le sbarre tutte le voci che
contestano e si oppongono ai governi. Gli
accusati sono richiusi in cella di
isolamento, dette Anda.
Molte organizzazioni giornalistiche, tra
cui Press Club of India, Editors' Guild of
India, Press Association, Indian Women
Press Corps e Delhi Union of Journals
hanno condannato le accuse di sedizione
mosse contro giornalisti e intellettuali e
si stanno battendo per l’abrogazione della
legge UAPA e simili.
A dicembre Ganatantrik Adhikar Suraksha
Sangathan si è fatto avanti condannando il
linciaggio del leader della "Unione degli
studenti Asom" Animesh Bayan. La legge sui
poteri speciali delle forze armate del
1958 è in vigore da decenni in Nagaland,
Asom, Manipur e Arunachal Pradesh e negli
ultimi decenni ha consentito omicidi,
atrocità e torture impunite contro il
popolo della regione per mano
dell'esercito indiano.
Il 5 dicembre, 13 persone sono state
uccise in uno sparatoria nel villaggio di
Voting, distretto di Mone, in Nagaland.
L’incidente ha innescato una nuova ondata
di proteste e lotta per la revoca della
legge.
In questa situazione, tutte le forze
democratiche a livello internazionale
devono mobilitarsi per la liberazione
immediata e incondizionata di tutti gli
imputati nel caso Bhima Koregaon e per
l’archiviazione della montatura
giudiziaria contro di loro, per la fine
delle operazioni repressive contro ogni
voce di dissenso, la liberazione dei
prigionieri politici e l’abrogazione delle
leggi draconiane che danno “legalità” alla
caccia alle streghe!
*********
info csgpindia@gmail.com
info mfpr.naz@gmail.com
info srpitalia@gmail.com
disponibili testi, materiali foto video per ogni tipo di iniziativa
29/12/21
“Non siamo le stesse donne di vent’anni fa e non resteremo in silenzio”, “Vogliamo lavoro, cibo e libertà” - Ascoltiamo e facciamo nostre queste parole, solidarietà alla lotta delle donne afghane!
Dopo l'iniziale annuncio di alcuni provvedimenti di apparente apertura
verso le donne con l’obiettivo di ottenere legittimità internazionale, i
divieti per le donne introdotti negli ultimi quattro mesi e mezzo dal governo
dei talebani in Afghanistan sono stati diversi, con moltissimi diritti negati,
come quello al lavoro e all’istruzione.
L'ultima norma, approvata dal ministero per
E’ in corso quindi una nuova fase di attacco alle donne, e la risposta delle donne è stata immediata e coraggiosa
In decine hanno manifestato a Kabul contro le misure discriminatorie
decise dai talebani, da agosto di nuovo padroni dell’Afghanistan. Lo hanno
fatto sfidando coraggiosamente la repressione delle forze dell’ordine, che
hanno sparato sul corteo per disperderlo, chiedendo giustizia sociale, istruzione,
lavoro e libertà. Dicono di rappresentare metà della società e vogliono che la
comunità internazionale non le dimentichi.
Le foto che ritraggono le manifestanti ora hanno fatto il giro del mondo, nonostante la censura della polizia che ha confiscato le macchine fotografiche ai giornalisti.
Ma dai paesi imperialisti non possiamo aspettarci nulla di buono senza una lotta radicale, anticapitalista e internazionalista delle donne anche in quei paesi.
Contro gli imperialisti e i talebani non vogliamo né interventi né
accordi delle potenze imperialiste. “Le donne devono imporre i loro diritti con
la forza”, lo abbiamo scritto nel 2001 e nell’agosto 2021. Lo riaffermiamo oggi,
esprimendo la massima solidarietà alla lotta delle donne afghane.
Come nel 2001 le donne dissero: "Noi che odiamo così tanto il burqa, non permetteremo che sia l'imperialismo occidentale a togliercelo. Sarebbe come uno "stupro", anche oggi sono le masse popolari afghane, le donne in prima fila che devono liberarsi dai talebani e dagli imperialisti con la loro lotta.
Siamo noi donne, compagne di tutti i paesi, la comunità internazionale che non deve dimenticare le donne afghane e che deve impedire all’imperialismo dei propri paesi, Italia in testa, di strumentalizzare la terribile condizione delle donne in Afghanistan per i propri interessi economici e geostrategici, fino anche a sostenere il regime medioeval-feudale dei talebani.
“Non siamo le stesse donne di
vent’anni fa e non resteremo in silenzio”, “Vogliamo lavoro, cibo e libertà”, ecco cosa ci dicono oggi le donne afghane.
Ascoltiamo e facciamo nostre queste parole!
Nell’assemblea in presenza delle donne/lavoratrici del 4 dicembre a Milano,
abbiamo sottolineato l’importanza dell’aspetto internazionale e
internazionalista assunto nella manifestazione contro la violenza sulle donne a
Roma del 27 novembre, in particolare con l'azione del Mfpr.
Riportiamo, di seguito, alcuni appunti sulla situazione internazionale delle donne di cui si è discusso in quell’assemblea:
“… un altro aspetto importante che c'è stato nella manifestazione del 27 è quello dell'aspetto internazionale e internazionalista, perché la violenza sulle donne non è una questione che riguarda solo le donne di questo paese, le donne italiane, ma riguarda le donne di tutto il mondo, e in particolare poi ci sono dei paesi in cui le donne subiscono una violenza che non ci sono aggettivi sufficienti per poterla descrivere.
Di recente è stata lanciata una
giornata internazionale di sostegno alle masse popolari che in India stanno
facendo la guerra popolare, lottando contro un governo genocida, un governo
fascista come quello indiano, dove c’è Modi al governo, uno dei potenti del
mondo che è venuto qui in Italia proprio al G20 e che è stato a braccetto con
Draghi e con tutti gli altri potenti del mondo. E a questa giornata di sostegno
alle lotte che stanno portando avanti in India, lanciata in tutto il mondo dal
Comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India, noi come
mfpr abbiamo contribuito e fatto anche delle iniziative di controinformazione,
scritte, striscioni, pannelli. A Milano si è fatto anche un presidio al
consolato indiano, dove hanno partecipato pure le compagne del Mfpr per
portare un saluto rivoluzionario, in generale a tutto il popolo indiano,
ma in particolare alle donne e alle compagne indiane che stanno portando
avanti, appunto, questa lotta rivoluzionaria. L'India è uno dei paesi in cui le
donne subiscono una doppia, tripla, quadrupla violenza. Una violenza che è
legata anche al sistema feudale di caste che c'è in quel paese, alla questione
religiosa, alle misure di isolamento e militarizzazione imposte dal governo per
sradicare i maoisti.
In India le donne vengono stuprate fin da piccole. Di tante bambine stuprate, violentate, neanche si parla in televisione; a volte invece si è visto che violenze atroci subite da ragazze anche nelle città, hanno suscitato la rabbia popolare contro queste atrocità con manifestazioni di massa contro queste violenze, che sono veramente atroci: donne bruciate, donne che se rimangono vedove poi sono sottoposte a una condizione di oppressione allucinante. Ci sono dei paesi in cui le donne che rimangono vedove vengono messe in dei grandi campi di concentramento e devono vivere lì con un minimo di sussidio, abbandonate da tutto, socialmente invisibili.
…abbiamo portato questo messaggio nella manifestazione del 27, ma c’è stata anche una delegazione delle donne palestinesi che hanno affermato che in Palestina le donne devono lottare contro due cancri: il regime di apartheid israeliano e una struttura sociale, anche interna alla Palestina, che le vuole sottomettere; c'erano inoltre anche degli striscioni con fotografie delle donne curde, perseguitate, incarcerate, uccise dal regime fascista di Erdogan.
Questo aspetto di unità internazionale è importante, perché tutte abbiamo la necessità di fare
alcune battaglie insieme. Ci sono le questioni dei femminicidi,
degli stupri, la questione sull’aborto, ed è chiaro che su questo terreno noi
dobbiamo costruire una forza internazionale che va dal Texas alla Polonia, dove
ora vogliono negare totalmente l'aborto, all'Italia dove i tentativi pratici e ideologici di mettere in discussione l'aborto sono
meno eclatanti, ma vogliono arrivare allo stesso scopo. In Italia ad esempio, stanno presentando la nuova misura dell'assegno unico per incitare, stimolare le donne a fare figli perché sono
troppo pochi, perché i padroni vogliono carne fresca ecc., e questo l'hanno
detto le ministre, l’ha detto Bonomi presidente degli industriali, lo hanno detto altre parti del
parlamento. A parte il fatto che è ridicolo pensare di
incentivare la natalità con qualche soldo in più, tra l'altro preso da altre
parti del salario, dalle detrazioni fiscali, ecc., dietro questo discorso di fare
figli appare l'ombra nera dell’attacco al diritto di aborto. Diritto all’aborto
che sarebbe da migliorare, non togliere, per la questione per
esempio degli obiettori di coscienza.
Ecco, questo problema, questa lotta, necessita anche di un legame
internazionale.
D'altra parte questo legame internazionale è importante non solo sotto l'aspetto della necessità della lotta CONTRO, ma anche per agire la lotta PER, nel senso che in alcuni questi paesi, vedi l’India, c'è un grandissimo movimento delle donne, migliaia sono state in prima linea nella grande lotta dei contadini, e una parte in questo movimento è in prima fila nella guerra di popolo per costruire una nuova società, una società in cui il potere sia in mano alle masse popolari, in cui le donne possano decidere della vita e di tutto. E questo è un messaggio non solo per l'india, ma anche per noi che siamo nei paesi imperialisti."
Un augurio di lotta e di solidarietà militante alle donne in carcere per essersi ribellate, per aver lottato, alle prigioniere politiche rivoluzionarie
Montello: alla vigilia di natale il "regalo" dei padroni alle operaie - Ma le operaie dicono NO - ora la LOTTA!
CAMBIO APPALTO MONTELLO SPA. CGIL A TUTTO CAMPO PER I PADRONI FAVORISCE LA COOP SELECTION CHE SE NE VUOLE ANDARE DOPO ANNI MILIONARI LASCIANDO AI LAVORATORI UNA MISERA CONCILIAZIONE DI 400 EURO, SOTTO LA PRESSIONE DELLA NUOVA ASSUNZIONE, DIFENDE L’APPALTO PER MONTELLO, QUANDO LA COOPERATIVA È PURA INTERMEDIAZIONE DI MANODOPERA, SENZA SCOPO INDUSTRIALE, UN ESEMPIO DI MODERNO CAPORALATO.
LA CGIL HA FIRMATO UN ACCORDO AZIENDALE APPLICANDO LIVELLI PIÙ BASSI, TAGLI DI PAGA, DIVENTANDO IL POLIZIOTTO DELLA FABBRICA CONTRO I LAVORATORI.
UN ACCORDO SINDACALE AZIENDALE SENZA IL VOTO DEI LAVORATORI
DOVE LE COSE IMPORTANTI SONO STATE DECISE TETE' A TETE' SOLO CON IL PADRONE (CON I DELEGATI CHE HANNO FIRMATO) AI LAVORATORI È CONCESSA SOLO LA SCELTA INDIVIDUALE DEL PUNTO 2, CHE DOVREBBE ESSERE INVECE COLLETTIVA, PERCHÈ COSÌ FINIRA’ PER ROMPERE L’UNITÀ DI CLASSE E PER INDEBOLIRE GLI OPERAI.
MENTRE IL RESTO DELL’ACCORDO È BLINDATO!
Sono in corso le iniziative dello Slai Cobas sc, prima di tutte assemblea unitaria operaia in fabbrica, per compattare le operaie e gli operai contro l'accorso aziendale, contro il moderno caporalato in fabbrica, contro lo sfruttamento che consuma le lavoratrici fino ad essere licenziate volontariamente per esaurimento, per poche migliaia di euro con accordo sindacale, come già fatto dalla Cgil nel 2020.
Ancora un brutta situazione di monopolio sindacale, retto sull’intesa padrone/Cgil, che l’opposizione di classe in fabbrica non è ancora riuscita a rovesciare e quindi continua a dare i suoi frutti avvelenati.
Dopo due anni di resistenze dei soci lavoratori segnati dalla clamorosa l’assemblea a fine 2019 con la massa dei soci lavoratori trascinati dal gruppo combattivo delle operaie Slai Cobas sc, che hanno bocciato per acclamazione l’odg della coop per la sua trasformazione in spa, ora i piani aziendali avanzano agevolati da un accordo di cambio appalto gestito solo dall’apparato della Cgil e annunciato a cose fatte.
Per la cronaca due giorni fa la squadra dei delegati Cgil ha aderito all’accordo firmandolo.
Approfittando del cambio appalto, con il verbale per il passaggio tra le cooperative, la Cgil ha colto l’occasione nell’ignoranza generale, per far passare e
firmare un Verbale di Accordo Collettivo in Fabbrica, (accordo aziendale) che abbassa il livello degli inquadramenti, peggiorando anche alcuni termini dell’infame CCNL Trasporti e Logistica, rendendo ancora più conveniente assumere i nuovi lavoratori rispetto a quelli anziani, favorendo inevitabilmente nuovi esuberi.Taglia direttamente il salario concordando le fermate strutturali, come permessi non retribuiti.
Naturalmente viene istituito il fondo Saniliog, sanità integrativa a pieno interesse sindacale.
È un accordo mirato alla difesa della produttività e del profitto, con 10 euro lordi per saltare il giorno di riposo; trasforma i firmatari in poliziotti della fabbrica, a caccia dei lavoratori che si ammalano. Attacca l’uso della malattia ma nulla dice per le sicurezza, per la difesa della salute e delle operaie, niente contro il distruttivo lavoro di selezione sulle linee per le operaie, molte già segnante dall’usura del profitto e dalla pesantezza dei ritmi di lavoro. Tagli economici e controllo poliziesco per chi non riesce ad andare in fabbrica per il mal di schiena. I lavoratori che fanno malattia diventano criminali, i padroni che rovinano e ammazzano di lavoro lasciati liberi di agire.
Non poteva mancare la redditizia conciliazione tombale. Per coprire le responsabilità in solido del padrone della Montello, ai lavoratori chiamati a firmare il nuovo contratto di assunzione, verrà sottoposta per una libera adesione in cambio di 400 euro, la cancellazione di ogni pretesa verso le aziende, firmando la rinuncia a qualsivoglia azione legale risarcitoria per danni economici, fisici o morali.
Da sottolineare che in una assemblea informativa di pochi giorni fa, fatta fuori dall’orario di lavoro, quindi con le operaie che a piccoli gruppi si fermavano all’esterno della portineria per ascoltare le spiegazioni del sindacalista in merito, senza ovviamente avere la possibilità di decisione collettiva, o di voto, era stato dichiarato che il passaggio sarebbe stato diretto.
Dopo che un forte malumore si è alzato tra le file dei tesserati Cgil ‘non firmiamo niente, solo il nuovo contratto’, le nuove disposizioni ufficiali sindacali, ci dicono che la proposta di conciliazione tombale verrà esibita contestualmente alla firma dell’assunzione, rappresentando oggettivamente una forma di pressione verso i lavoratori.
Una conciliazione che anche dal punto di vista formale tradisce la commistione tra padroni e appalto e padroni e Cgil: il verbale che dovrebbe riguardare una intesa (comunque negativa) tra socio lavoratore e cooperativa, in realtà è scritta a difesa di Montello spa.
I vertici sindacali con la squadra di delegati, ancora una volta, come già nel 2012 quando annullarono persino gli effetti di un ricorso, mettono nero su bianco che l’appalto non si tocca, l’internalizzazione delle operaie e operai, interesse e aspirazione per molti, non è per la Cgli una rivendicazione.
C’è un ultimo aspetto che tradisce tutta l’ipocrisia dei sindacalisti. Davanti ad un accordo aziendale verticistico, blindato, coperto dal cambio appalto, tentano la mascheratura con ‘l’operazione democrazia’, dicendo ai lavoratori che solo al punto 2, - scelta tra socio lavoratore e dipendente- sono liberi di scegliere, quando non hanno nemmeno a disposizione lo Statuto, il Regolamento Interno (vedi sotto), ma soprattutto dovrebbe essere una decisione collettiva presa in assemblea sindacale, con il sindacato, per mantenere l’unità e la forza degli operai in fabbrica.
Lo statuto
E’ l’atto che, per legge, disciplina l’organizzazione e l’attività di ogni cooperativa. Nello statuto principalmente sono enunciati gli "scopi sociali" per cui la cooperativa esiste; in secondo luogo trovano posto svariate norme che riguardano i compiti ed il funzionamento degli organi sociali (che sono assemblea dei soci, consiglio d’amministrazione, collegio dei sindaci –questi ultimi hanno funzioni simili ai revisori dei conti-). Ulteriori articoli dello statuto riguardano il capitale sociale e le modalità di scioglimento della cooperativa.
Il regolamento interno
Il regolamento interno è rivolto ai soci lavoratori della cooperativa; anche in questo caso naturalmente ci troviamo di fronte ad un insieme di regole. Esse vengono stabilite dalla cooperativa e riguardano diversi aspetti del rapporto che si instaura tra di essa ed il socio. Per esempio qui possono essere indicate le modalità di assunzione, i criteri per i rimborsi per spostamenti in servizio, l’inquadramento funzionale dei soci lavoratori , la retribuzione, le ferie, le sanzioni disciplinari.
22/12/21
Femminismo proletario rivoluzionario: lotta in tutti i campi, per cambiare la terra e il cielo
20/12/21
Le donne che denunciano maltrattamenti e abusi in famiglia, " esagerano"! Per questo stato borghese, maschilista che ci fa ormai apertamente la guerra, noi dobbiamo rispondere con la nostra ribellione e la lotta!
Bologna - Presidio per Adelina Sejdini
Verità e giustizia per Adelina!
Nella giornata internazionale dei diritti del migrante e del rifugiato si è tenuto a Bologna il presidio di denuncia per il suicidio di Stato di Adelina Sejdini. Adelina si era ribellata a un destino di tratta delle donne migranti a fini di prostituzione: le più esposte, le più facilmente assoggettabili.
Indomitamente lei non aveva mai smesso di denunciare l’orrore del racket facendo arrestare diversi esponenti della mafia albanese. Avrebbe voluto ottenere la cittadinanza italiana per non vivere con la spada di Damocle di un rimpatrio in Albania.
A gran voce si è chiesto verità e giustizia per Adelina.
Paradossalmente la questura di Bologna ha spostato il presidio delle donne su uno dei viali di Bologna in un tratto in cui c’è essenzialmente traffico automobilistico perché in concomitanza si teneva in centro città, in piazza dell’Unità, dove originariamente si doveva tenere il presidio, la manifestazione dei no vax: ciò non ha mancato di suscitare rabbia anche al pensiero del peggioramento delle condizioni che le donne hanno subito proprio durante e a causa della pandemia.
Sentita tra le donne, le compagne la condanna della tratta per prostituzione delle donne, la necessità di denunciare che non di libera scelta si tratta.
Diremmo noi che la prostituzione è parte di questo sistema e solo la sua trasformazione radicale può mettere fine all’orrore senza fine per le donne.
Le compagne del mfpr e dell’Assemblea nazionale donne/lavoratrici che hanno partecipato al presidio.