Di seguito comunicato di solidarietà dalle Ribelle di panetta e più avanti di Campagna Pagine contro la tortura. In calce lo scritto di Nadia Lioce
'Come Collettivo Ribelle della Panetteria Occupata di Milano ribadiamo con forza il carattere repressivo, disumano e abominevole del regime di 41 bis. Come compagne anticapitaliste, antimperialiste, antifasciste ed antisessiste siamo contrarie all'annientamento della dignità umana, sociale e politica di chiunque fuori o dentro le galere. A maggior ragione siamo vicine a chi nelle carceri lotta per il miglioramento delle condizioni di vita dei prigionieri e contro il regime di 41 bis.
Appoggiamo quindi iniziative come il presidio dell'Aquila del 24 novembre che danno voce a chi lotta contro la tortura.
Esprimiamo in particolare tutta la nostra solidarietà alla compagna Nadia Lioce, unica donna politica sottoposta al regime di 41 bis, nella convinzione che la lotta contro il 41 bis appartenga a tutte e a tutti.
Un abbraccio resistente a Nadia e a tutti coloro che lottano contro le ingiustizie!
'Come Collettivo Ribelle della Panetteria Occupata di Milano ribadiamo con forza il carattere repressivo, disumano e abominevole del regime di 41 bis. Come compagne anticapitaliste, antimperialiste, antifasciste ed antisessiste siamo contrarie all'annientamento della dignità umana, sociale e politica di chiunque fuori o dentro le galere. A maggior ragione siamo vicine a chi nelle carceri lotta per il miglioramento delle condizioni di vita dei prigionieri e contro il regime di 41 bis.
Appoggiamo quindi iniziative come il presidio dell'Aquila del 24 novembre che danno voce a chi lotta contro la tortura.
Esprimiamo in particolare tutta la nostra solidarietà alla compagna Nadia Lioce, unica donna politica sottoposta al regime di 41 bis, nella convinzione che la lotta contro il 41 bis appartenga a tutte e a tutti.
Un abbraccio resistente a Nadia e a tutti coloro che lottano contro le ingiustizie!
Collettivo Ribelle – Panetteria Occupata Milano'
COSA CI STANNO FACENDO
L'AQUILA, 24 NOVEMBRE: UNA
GIORNATA DI LOTTA!
La mobilitazione dello scorso 24
novembre a L'Aquila, in occasione di un processo alla prigioniera delle BR-PCC
Nadia Lioce, era inserita in un percorso di lotta anti-carceraria; tale percorso individua il regime di 41bis come
l'apice, la punta di diamante del sistema di repressione italiano, nonché “scuola” per le amministrazioni penitenziarie
di tutti gli stati occidentali e non solo (pensiamo ad esempio alla Turchia).
Come campagna “pagine contro la
tortura” nell'ultimo anno e mezzo, e come compagni e compagne contro il
carcere, da una decina di anni a questa parte, abbiamo lanciato a più
riprese diversi appuntamenti nel capoluogo abruzzese, proprio per la presenza
in quel territorio del supercarcere che rinchiude oltre 100 persone, quasi
tutte ristrette in 41bis.
Lo scorso 24 novembre ci siamo
così recate/i a L'Aquila da differenti parti della penisola individuando nel
processo a Nadia una doppia occasione: poter solidarizzare con lei, accusata
per una serie di proteste contro le condizioni di detenzione, attuate per mezzo
di battiture, e per ribadire che il
41bis, regime detentivo cui la compagna è sottoposta da 12 anni, è tortura.
Di
fronte all’entrata del tribunale, un presidio con striscioni e volantini
è stato partecipato da decine di solidali, mentre una cinquantina di persone
hanno preteso, con necessaria determinazione, di poter essere presenti in aula;
e così è stato.
Per molti/e era la prima volta che
ci si trovava a un processo con l'imputata in videoconferenza, prassi obbligata
per chi come Nadia si trova in 41bis, ma negli anni estesa anche ad altra
“tipologia” di detenuti/e.
La videoconferenza è solo un
esempio di come ciò che viene normato per la detenzione speciale, diventi poi
“normale”, “di normale amministrazione” appunto, quindi “accettabile”, così da
poter passare agli altri circuiti del sistema carcerario con una certa,
supposta, legittimità.
Insomma, noi dall'altra parte
dello schermo abbiamo potuto, per ora, solo immaginare cosa possa significare
essere privati della possibilità di scambiare qualche sguardo complice con i
propri affetti, sentire da vicino la solidarietà di chi è presente in aula,
confrontarsi simultaneamente e non per interposta persona con i propri
avvocati, eventualmente intervenire rispetto alle cose che vengono dette nel
processo che si sta subendo... Proprio in questa udienza, che ha visto la
partecipazione di un'ispettrice dei G.O.M. (reparti “specializzati” della
polizia penitenziaria operativi nelle sezioni del 41bis) come testimone dei
fatti imputati alla compagna, è stato particolarmente difficile non esprimere
sdegno. La naturalezza con cui questa guardia riferiva le condizioni di
detenzione (leggere: di annientamento psico-fisico) all'interno delle
sezioni a 41bis, imposte dalle regole scritte sull'ordinamento penitenziario, e
che lei “doveva” rendere esecutive, era di-sar-man-te: se c'è scritto
che vanno fatte 3 perquisizioni al giorno, si fanno 3 perquisizioni al giorno.
Punto. Se vige il divieto assoluto di comunicare tra detenute, la diretta
conseguenza anche solo di un cenno della testa o di uno sguardo è il rapporto
disciplinare. E così via. Candidamente.
D'altra parte, il dato rilevante
di questa udienza, e che in qualche modo segna una novità, è stata la presa di
parola da parte di Nadia, che ha presentato alla corte un documento di una
decina di pagine in cui ha ritenuto necessario ripercorrere i passaggi della
detenzione speciale, dall'art.90 al 41bis, descrivendo la natura vessatoria
delle condizioni cui si pretende di sottoporre i detenuti e le detenute in
41bis, contestualizzandole e rendendo chiaro quanto grottesche possano
risultare le accuse a lei rivolte in questo processo. È un documento prezioso e
ci sembra evidente che quella sollevata dalla compagna sia una questione di
principio, posta con la presentazione di questo testo come memoria processuale,
così da farlo giungere all'esterno, tra le mani di noi tutti/e. Nella memoria
appunto, che pubblichiamo in fondo a questo testo, Nadia ci consegna la
testimonianza diretta di ciò che ci stanno facendo. E tutte/i noi abbiamo la
responsabilità di farne a nostra volta memoria. Memoria viva, perché ciò
che stanno facendo a oltre 700 persone sottoposte in Italia al cosiddetto carcere
duro, è ciò che potrebbe in un modo o nell'altro riguardarne molte altre. I
paletti della legalità sono nelle mani dello stato, e dove vengano di volta in
volta piantati dipende dal terreno fertile che trovano. Una parte in campo
spetta sicuramente a chi ritiene di non potere e volere accettare in silenzio
la tortura dell'isolamento, così come le condizioni di sfruttamento, imposte,
torniamo a dire, candidamente dagli stati. Che questo terreno diventi
quarzo!
Possiamo senz'altro dire che non
sia stato il silenzio a caratterizzare la giornata del 24: arrivati al momento
del rinvio alla successiva udienza, fissata per il 4 maggio 2018, grida e cori
si sono alzati dalle file dei/delle solidali in aula, è stato aperto uno
striscione con su scritto 41BIS = TORTURA, qualcuno ne ha sottolineato il
significato con un discorso estemporaneo... Nel frattempo il giudice faceva
sgomberare l'aula, ma l'udienza era già finita e il corteo di solidali, con lo
striscione alla testa, lasciava il tribunale raggiungendo il presidio
all'esterno.
Di fatto non sappiamo se le nostre
grida siano giunte fino a Nadia, il cui collegamento audio potrebbe essere
stato prontamente interrotto; d'altra parte questo dispositivo fa parte del
meccanismo perverso di annientamento pianificato ed applicato.
Lasciato il tribunale in
un'ottantina ci si è diretti al carcere dove, con un presidio ricco di
interventi a microfono aperto si è cercato di
raccontare la giornata, rompere la monotonia della vita internata e mandare un
messaggio di solidarietà a Nadia e a tutti i detenuti e
le detenute che non abbassano la testa.
Di fronte all'abominio possiamo
alzare le spalle in un gesto di rassegnazione e girare la testa dall'altra
parte, oppure guardare dritto in avanti e rimboccarci le maniche! Quest'ultima
la nostra scelta!
1° Dicembre 2017
CAMPAGNA “PAGINE
CONTRO LA TORTURA”
Di seguito la memoria
processuale di Nadia:
Al Tribunale Penale
de L'Aquila
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