02/12/17

Sulla manifestazione nazionale delle donne del 25 novembre - Nota per il dibattito

Il 25 novembre a Roma hanno manifestato oltre centomila donne. La manifestazione e i numeri dimostrano che il movimento delle donne continua ed è grande. E' il più grande movimento in Italia e in Europa che attualmente c'è. A dimostrazione che, comunque, al di là delle contraddizioni interne al movimento, le donne hanno “una marcia in più”!

Questa manifestazione è stata per un verso una manifestazione simile all'anno scorso, per un altro verso diversa.

Simile, nel porre al centro delle parole d'ordine, degli striscioni, dei cartelli, degli slogan, la questione della violenza maschile contro le donne, della libertà di scelta delle donne; pochissimi invece quelli che facevano riferimento agli altri aspetti di attacco, di oppressione: lavoro, aborto, militarismo e alla denuncia del capitalismo, alla necessità, come risposta, delle lotta e ribellione delle donne; mentre assenti i riferimenti contro governo, padroni, Stato, ecc.
Simile, nel clima, spesso più da "festa" che espressione della rabbia, protesta, combattività delle donne.
Simile, per il carattere di classe prevalente piccolo borghese, anche medio borghese.
E' chiaro che vi erano tante lavoratrici, precarie, ma come realtà organizzate vi era solo Usb, alcune della Fiom e poco altro; mentre per la lotta delle scuole e Università, Link Uds.

Diversa, perchè mentre l'anno scorso era una manifestazione che esprimeva spontaneità, sorpresa per la ripresa forte nazionale del movimento delle donne - e i numeri, 200mila, stavano lì a testimoniarlo - quest'anno vi è stata meno spontaneità e più manifestazione canonizzata. Questo se da un lato è endemico, dall'altro è frutto essenzialmente di due aspetti:
primo, una maggiore azione delle esponenti principalmente romane di Nudm nella fase di organizzazione, perchè il corteo fosse canonico, pacifico, gioioso..., contrastando nei fatti le posizioni delle realtà più proletarie e di lotta che invece quest'anno volevano un corteo differente, combattivo, specchio della ribellione delle donne, un corteo espressione delle lotte delle donne su tutte le questioni: dal lavoro, alle discriminazioni, dalla repressione, alla militarizzazione dei territori, alla questione migranti; un corteo contro il governo, che toccasse anche alcuni luoghi simbolo dei Palazzi del governo. Queste erano state parte delle indicazioni venute dall'assemblea nazionale di Pisa, ma sostanzialmente ignorate una volta che la preparazione e gestione della manifestazione è tornata nelle mani delle rappresentanti romane di nudm, lì dove, invece, l'assemblea a Pisa aveva fatto incrinare questo egemonia romana;
secondo, la questione del "piano femminista"; questo ha indirizzato la manifestazione verso il "per", piuttosto che verso il "contro". Infatti il “piano femminista” non è contro il “piano”, le nuove norme predisposte dal governo, ma alternativo; questo pone nel futuro la linea della interlocuzione invece che dello scontro. Se il "Piano femminista" è ora centrale, il movimento verrà indirizzato e sarà al servizio della affermazione, azione verso i Palazzi intorno a questo piano.
Il piano sembra in “strana interlocuzione” con i contenuti e l'impostazione data al 25 novembre dalla Boldrini, dalle istituzioni più in generale, dall'assemblea tenutasi al mattino in parlamento. Naturalmente i due piani non sono la stessa cosa, ma sono interni a quella linea del dialogo, di competizione dialettica tra Stato e movimento che è tutt'altra cosa da un movimento delle donne che con le sue lotte faccia paura a governo, parlamento, e in questo, solo in questo riesca a strappare anche dei risultati. Sempre, e ancora di più oggi in una fase di marcia verso il moderno fascismo, le riforme possono essere solo il sottoprodotto della paura della borghesia della rivoluzione. Invece le esponenti di Nudm operano un rovesciamento, per cui le lotte diventano il sottoprodotto, l'accompagnamento alle riforme (che ora più che mai il governo, il parlamento non può e non vuole dare).

Detto questo, approfondiremo anche nel merito (oltre che nella sua filosofia di cui abbiamo già brevemente parlato – vedi articolo allegato) i punti del “Piano femminista”, distinguendo ciò che è utile alle donne, è in sintonia con la loro lotta e ciò che non lo è, è in contrasto.
Tornando alla manifestazione del 25 novembre. Abbiamo detto che il carattere di realtà grande del movimento femminista resta e non va sottovalutato - 100mila e più sono sempre tantissime donne; inevitabilmente al suo interno ci sono varie posizioni (che possiamo dire schematicamente: sinistra, centro, destra) e ci sono le classi (piccola borghesia, media borghesia, proletariato).
La canalizzazione della “marea” che vogliono e per cui hanno agito nella gestione del corteo, le esponenti, soprattutto romane, di nudm, non può nascondere, impedire l'espressione di queste realtà.
Ma oggi si pone in maniera più chiara a livello di massa che vi sono due o più posizioni, due strade. E questo è un bene. Oggi si pone la necessità dell'autorganizzazione autonoma, dell' unità delle donne proletarie, della “sinistra” femminista; altrimenti prevale sempre e comunque chi è organizzato, queste parlano alle altre, al movimento delle donne di “marea”, ma loro sono sempre più uno “scoglio”.

Tutto questo spiega la reazione delle principali esponenti romane di nudm contro l'mfpr che esplicitamente, nel modo di stare nella manifestazione, nei contenuti, nelle parole d'ordini, nell'affermazione del carattere di classe e rivoluzionario, ha contrastato da subito questa posizione, vi ha fatto una lotta prima (nell'assemblea nazionale di Pisa), durante (nella preparazione del 25) e nel corteo di Roma.
Non stiamo dicendo che l'mfpr è l'unica ad esprimere posizioni in contrasto con quelle di nudm, ma l'mfpr dice e fa la lotta pubblicamente, e in questo si fa voce collettiva; l'mfpr non critica solo uno o alcuni aspetti ma fa una critica su tutti e quindi esprime una linea organica e smaschera una linea organica; l'mfpr non solo fa la lotta di posizione ma, per quello che è possibile per i nostri numeri attuali, la mette in pratica (come è stato il 25 novembre), sfida apertamente e nei fatti le rappresentanti dell'altra posizione, ne scombina i piani, le costringe a venire allo scoperto.

Ma andiamo ai fatti.
Lavoratrici, precarie, compagne, del Mfpr soprattutto del Sud, di Palermo, Taranto, hanno portato il loro piccolo pulmino (per capirci, di 9 posti), insieme a striscioni, bandiere, che sempre vivono nelle lotte quotidiane e sono espressione di queste lotte. Il pulmino era un modo, in una grandissima manifestazione, in un lungo corteo (in cui era anche difficile arrivare alla sua testa per intervenire) per poter parlare, aperto a tutte, era una ricchezza in più.
Le esponenti romane di Nudm, invece, sono venute a dire e insistere, perchè quel pulmino non ci fosse, o che al massimo andasse in coda al corteo, comprese bandiere e striscioni – volendo di fatto considerare “fuori dalla manifestazione”, al pari di “partitini”, lavoratrici, precarie, donne che ogni giorno, e non solo nelle scadenze nazionali, fanno lotte, occupazioni, blocchi, scioperi, presidi, ecc. ecc. Secondo questa logica, per esempio i maschi nella manifestazione delle donne potevano stare, le donne autorganizzate, proletarie, che lottano, e ci mettono le loro facce, No!

Quali motivazioni opponevano le esponenti di nudm al Mfpr:
chi non è di nonunadimeno non può far parte della manifestazione - il corteo deve esprimere una "marea", una marea di individue, di realtà ma di fatto saldamente e obbligatoriamente dentro nudm - chi non sta in nudm, chi mantiene i suoi dati identitari non può stare nella manifestazione. Quindi, sì, una "marea", ma super controllata da una ben precisa realtà romana che, dopo Pisa in cui non avevano tanto il controllo della situazione e tutte le realtà presenti di lavoratrici hanno potuto esprimersi, ha cercato di riprendere il controllo della situazione, imponendo come un diktat i suoi contenuti, i suoi metodi, le sue rappresentanti.
Si impone alle altre, in nome della "contaminazione", del "flusso" ("Anche questo anno per essere marea e per rompere la ritualità vorremmo che non si definissero degli spezzoni all’interno della manifestazione, bensì una contaminazione forte, un flusso di corpi che assieme invadono le strade di Roma. Vorremmo non avere bandiere e simboli identitari, ma ancora una volta mostrare la forza della donne e di tutte le soggettività che in questo anno hanno animato la marea" - da una comunicazione di nudm) di non stare nella manifestazione con le proprie identità politiche, ideologiche, di lotta, di percorsi, di esperienze concrete di organizzazione; mentre nudm deve eccome stare e imporre la sua organizzazione, la sua identità politica e ideologica, i suoi simboli, le sue firme, ecc.
Ma questa è la “dittatura” del pensiero unico, della cancellazione delle lotte e dell'autorganizzazione che tante realtà sui territori o nei luoghi di lotta esprimono. Si tratta di un monopolio che per imporsi deve liquidare le altre realtà.

Altra motivazione portata dalle esponenti romane di nudm:
Le assemblee hanno deciso che vi devono essere solo i 2 camion di nudm e nessun simbolo identitario. Quali assemblee? Quelle romane, di Milano, dove chi ha partecipato senza paraocchi sa bene che tutto sono tranne che democratiche, nel senso di libertà di posizione, di proposte, di linguaggio.
Mentre non è vero – come le esponenti romane sostenevano – che questo fosse stato deciso nell'assemblea nazionale a Pisa. Piuttosto, dell'assemblea nazionale di Pisa (al massimo era stato solo posto da qualche realtà). Non viene detto, invece, che dell'assemblea nazionale di Pisa, con la presenza complessivamente di 500 donne, non si è voluto assolutamente tener conto della decisione di fare un corteo differente, combattivo, di passare dal Ministero del Lavoro, degli Interni. Vale a dire, di Pisa si è preso quello che era conveniente, mentre si sono bellamente cancellate le proposte, indicazioni venute dai settori già in lotta, soprattutto di lavoratrici, precarie.

Ma alla manifestazione di Roma c'è stato purtroppo anche altro, anche questo eloquente e più grave.
Il rapporto, l'intreccio, oggettivo, ma anche soggettivo, tra l'azione di alcune principali esponenti di nudm romane e l'azione della polizia.

Finita la questione del pulmino - perchè l'Mfpr in maniera ferma ha detto che il pulmino non si toglieva, né andava in coda, e in questo ottenendo l'appoggio, sostegno, condivisione di tante donne, compagne, che in maniera schierata o cercando di “convincere” le romane, sono state un grande aiuto per respingere, mettere in difesa le esponenti romane di nudm - in maniera quasi di “passaggio del testimone” la parola e l'azione passa alla polizia.
Digos e polizia in forze vengono e pretendono che si tolgano due cartelli che avevamo affisso sul retro del pulmino. Uno diceva: “maschilisti, fascisti, poliziotti, giù le mani dai nostri corpi” (uno slogan iper usato nelle manifestazioni delle donne), l'altro diceva “Stuprano le donne, torturano i migranti, Minniti, governo siete i mandanti”. Se non li avessimo tolti – diceva la polizia, oltre a minacce di fermi, denunce, perquisizione del pulmino da parte della scientifica (pensavano forse di trovare droga, o armi...?) - la manifestazione non partiva...
Chiaramente, la reazione ferma e inamovibile delle lavoratrici e compagne del mfpr è immediata: i cartelli non si toccano! E alcune lavoratrici si schierano subito a difenderli, respingendo i tentativi della polizia (sia uomini che una donna) di strapparli, di fermare alcune compagne.

Quei cartelli erano più che giusti. Proprio quel giorno, altre 18 donne migranti, e bambini erano stati lasciati affogare; come non denunciare il criminale accordo Minniti/regime libico, l'aiuto, i finanziamenti del governo italiano ai torturatori/stupratori della guardia costiera libica?
Proprio il giorno prima si era aperto il processo ai due carabinieri stupratori di Firenze; come non denunciare nella manifestazione contro la violenza sulle donne, queste violenze di “Stato”, di cui potremmo riempire decine e decine di pagine, a dimostrazione che non si tratta affatto di “alcuni cattivi poliziotti/carabinieri” ma di una ideologia fascista, sessista strutturale e connaturata nel mondo delle forze dell'ordine?
D'altra parte questi cartelli esprimevano due nodi centrali oggi dell'azione nazionale e internazionale contro le donne di questo sistema borghese, dell'imperialismo italiano – come si faceva proprio nella giornata del 25 novembre a non denunciare tutto questo?
D'altra parte questi cartelli non facevano che riportare nel corteo del 25 iniziative di protesta, di lotte delle donne (da Torino a Firenze, alla Sardegna, alle città in cui si lotta con i migranti, ecc.) esprimevano le denunce emerse nell'assemblea nazionale di Pisa. Quindi, non si potevano assolutamente toccare, e più i poliziotti aumentavano, più arrivava un loro capo superiore a minacciare, più la nostra protesta si alzava e, soprattutto e bellissimo, più tantissime donne, ragazze e anche ragazzi si avvicinavano, dicendo alla polizia di andare via; un emozionate momento è stato quando un folto gruppo di ragazze, a cui si sono unite tante altre donne anche anziane, ragazzi, ha gridato per molti minuti: “Poliziotti ma che ci state a fare? a casa ci sono i piatti da lavare”, mostrando che la questione non era tra il nostro piccolo gruppo e i poliziotti, ma che quei poliziotti attaccando noi, attaccava tutte le donne. Questo bella risposta combattiva ha di fatto cambiato la situazione, ha messo in difesa i poliziotti che a quel punto hanno lasciato i cartelli dove ben stavano (è possibile che ci arriveranno denunce, ma il 25 novembre le donne hanno vinto, loro hanno perso).

Ma torniamo alle esponenti romane di nudm. La polizia arriva stranamente subito dopo la querelle sul pulmino di nudm. Ma la cosa grave è che dopo un po' arrivano ancora le esponenti di nudm e non dicono alla polizia di andare via, che quei cartelli erano pienamente legittimi nella manifestazione; niente di tutto questo, ma dicono e insistono con noi che è meglio che effettivamente togliamo quei cartelli, altrimenti la polizia non farà partire il corteo (addirittura...!).
Così nel bel sostegno che vi sarà dopo da parte di tante donne/ragazze, loro se ne restano in mezzo, infastidite. Nonostante altre compagne, pur a loro vicine, ci diano ragione, protestano verso la polizia, o cerchino di mediare.

Ma altro fatto è che, una volta che la polizia si “rassegna” a lasciare i manifesti, non possiamo ancora muoverci e entrare con il pulmino nel corteo perchè, dice la polizia, su questo decidono le organizzatrici della manifestazione e loro aspettano da queste le disposizioni.
Una mascheratura, un gioco delle parti? Fatto sta che oggettivamente c'è un intreccio e l'uno serve l'altro. La polizia usa nudm per bloccarci, nudm utilizza la polizia per continuare ad ostacolare la nostra partecipazione al corteo.
Anche questo ostacolo, non senza difficoltà e necessità di “forzature”, viene sgretolato, sia da noi, sia da altre compagne di nudm.

Ma il 25 novembre si è dimostrato che anche un piccolo gruppo se determinato, se su una linea e ideologia giusta, rivoluzionaria può influire, sia nel “male” (le principali esponenti romane che sono venute a dire di togliere il nostro pulmino, le bandiere e poi i cartelli contro polizia e Minniti), sia nel bene (le tante altre donne, le ragazze che sono venute a dare sostegno alle compagne, lavoratrici del Mfpr).

Ciò che è avvenuto a Roma, è emblematico, di una linea, di una concezione, di una classe. Ma anche di un cambiamento.
Il femminismo borghese e piccolo borghese oggi non è solo opportunista, non solo nelle sue espressioni organiche porta avanti posizioni di destra; ma a tutto questo oggi unisce un isterismo, un astio “militante”, che impedisce di fare una lotta "normale" contro l'opportunismo e il riformismo. Questa è una novità. E non si tratta assolutamente di individue, di alcune persone, ma di una linea, di una concezione organica. Anche a Taranto le esponenti e gli esponenti (i maschi che gonfiando il petto si proclamano “più femministi delle femministe”) di nudm per impedire le bandiere del Mfpr dicono: chiamiamo la polizia...
Una novità che spiega cosa è e come agisce, come si esprime l'opportunismo, il riformismo, quanto è non solo impotente ma pericoloso al movimento di massa proletario, rivoluzionario, in una fase di "moderno fascismo" gestito dalla cosiddetta "sinistra" di governo e parlamentare.

Se il movimento delle donne non comprende la fase, non riuscirà mai a spiegare perchè, nonostante cresca la “marea”, crescono violenze e femminicidi, e contemporaneamente peggiora la condizione di vivibilità quotidiana della maggioranza delle donne, e la risposta del governo sono le politiche securitarie, il primato dell'ordine pubblico e del controllo, che è tutto il contrario della libertà collettiva, individuale delle donne, ed è tutto il contrario della loro autodeterminazione.
Oggi la borghesia, il governo, lo Stato usa la denuncia della violenza per darsi un'altra faccia, e per affermare il binomio repressione/guerra alla maggioranza delle donne, alle donne proletarie.
La questione di genere, quando viene sollevata, viene usata così contro la questione di classe.

Ma questo, attenzione, avviene anche nel femminismo borghese, dove la questione della violenza contro le donne, senza classi, viene via via posta per negare la classe e la lotta di classe.
E alla fine si pone nuda e cruda che anche nel movimento femminista la questione è borghesia/proletariato. Questo è emerso in alcuni momenti chiaramente il 25 novembre. Erano le lavoratrici in lotta tutti i giorni, per il lavoro, contro le discriminazioni, contro il tentativo di ricacciarle nella famiglia (a rischiare anche la vita), contro il peso dei tagli ai servizi sociali, all'assistenza dei malati, dei disabili, dei tagli alla scuola, alla sanità che ricadono tutti sul doppio lavoro delle donne, erano queste lavoratrici che si volevano inquadrare o mettere in coda.
Alcune di nudm, stupidamente alla fine, non trovando argomenti hanno cominciato ad attaccare le lavoratrici e compagne proletarie che non sopravvivono con i propri stipendi, dicendo loro che avevano evidentemente soldi per avere un pulmino (loro, che avevano mega autocarri), o chiamando “borghese” una precaria che licenziata si arrangia a lavare i piatti in ristoranti, ecc. ecc.
Sono robe piccole e meschine, ma denotano che stiamo parlando di due classi.
(altre realtà nella manifestazione del 25 portavano bandiere o striscioni identitari, ma le esponenti romane di nudm sono venute ad attaccare l'Mfpr, perchè sono le parole “proletario” e “rivoluzionario” che danno molto fastidio...).
Secondo questa logica al massimo le proletarie sono accettate o in un clima di collaborazione femminista o espunte e respinte come “identitarie”. Le ragioni collettive delle donne proletarie sono cancellate per principio.
Se si pensa che nella stessa giornata del 25 novembre le imprenditrici hanno manifestato compatte, con simboli simili (palloncini arancioni), è logico pensare che se si va avanti secondo questa logica il prossimo 25 novembre staranno nella stessa manifestazione.

Certo, l'infinita variante di organismi esistenti che si ritrova nella dinamica di questo movimento è fatta di donne che si occupano realmente e quotidianamente di violenze, discriminazioni, ma la logica del “concreto”, la logica del “volontariato assistito” dal governo, che è sempre dipendente dai soldi pubblici, inquina il movimento.

Il 25 novembre, il “piano femminista”, pongono come urgenza la costruzione di un'autonomia di classe da parte del donne proletarie, che sono la maggioranza. Le donne proletarie senza autonomia non possono agire. Sono presenti nel movimento più generale delle donne, ma non possono pesare, non possono decidere, non possono avere influenza, e sono dipendenti dal femminismo piccola e media borghese.
Occorre come abbiamo detto e scritto, una rete, un coordinamento/unità delle lavoratrici, delle precarie, delle disoccupate, delle immigrate, ecc. ecc., occorre far fronte con le grande realtà delle ragazze, delle femministe ribelli.
Questo richiede che le donne proletarie elevino la loro mobilitazione, devono essere forti, ribelli, influenti, riconosciute, non solo nelle e per le loro realtà di lotta, ma anche nel movimento generale delle donne. Le “proletarie” devono essere femministe, devono lottare su tutti i terreni a far proprie tutte le questioni che opprimono le donne, le ragazze, affinchè le “femministe” si uniscano alle proletarie.
L'arma principale oggi di questa autonomia del femminismo proletario è lo sciopero delle donne.
Ma, diciamo subito, che non abbiamo alcuna intenzione di fare il prossimo 8 marzo la ripetizione dello “sciopero globale”, come è uscito dall'assemblea del 26 novembre.
Noi vogliamo ed è necessario che lo sciopero delle donne sia reale, si estenda in tante fabbriche, in tante altre realtà di lavoro, sottolavoro, precario, in realtà in cui non è mai arrivato neanche il messaggio; le braccianti, le immigrate ipersfruttate e schiavizzate, ecc.
Ma perchè sia questo è necessario prima che le realtà di lotta delle proletarie si uniscano, facciano rete, cerchino le realtà di lavoratrici, precarie che non sono su internet...; che si faccia inchiesta sul posto, che si organizzi una marcia delle donne nei luoghi più simbolici dello sfruttamento, dell'oppressione, delle violenze delle donne – come è stato proposto da interventi nell'assemblea di Pisa.

Il movimento è un divenire, è una dialettica, una contraddizione, ma senza trattare la contraddizione interna e i due poli di essa, non ci potrà essere sviluppo, ma solo composizione. E questo è contro le istanze, i bisogni, le esigenze che le stesse espressioni organizzate dichiarano di affermare.
E' questa la sfida che l'Mfpr ha lanciato, la scintilla che essa ha rappresentato per lo sciopero delle donne – che ora sembra un fatto scontato – ora va consegnata a 10-100-1000 fuochi di contraddizione interne al movimento, che trasformi la “marea” rappacificata e festosa in prateria infiammata del cambiamento.


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