L'articolo, di
cui di seguito pubblichiamo stralci, è utile per contrastare una
posizione, presente da destra nel campo Istituzionale, ma anche da
sinistra in alcuni settori del movimento delle donne, sulla battaglia
per l'uguaglianza delle donne.
La questione
dell'uguaglianza è chiaramente strumentale da parte della borghesia che
via via utilizza sempre più il problema della disparità della condizione
femminile rispetto a quella degli uomini (che chiaramente è vera) per
affermare una "parità" nel peggio, vedi nelle condizioni di lavoro più
sfruttate, sulla questione dell'età pensionabile, ecc.; quindi il
governo, i padroni non solo non danno più diritti alle donne, ma tolgono
quelli esistenti, di tutela rispetto ad una condizione oggettivamente
diseguale - che continua fortemente ad esserci.
La condizione generale di disparità resta eccome, i pochi diritti "diseguali" invece no!
In alcuni
settori del movimento femminista, soprattutto di area riformista, la
questione della battaglia per l'uguaglianza viene posta in senso di più
diritti per le donne, ma senza una critica e lotta di classe rischia di
scadere, in questo sistema capitalista, negli stessi effetti dell'azione
della borghesia.
Per questo le
donne, sembra paradossale ma non lo è, devono lottare per un "diritto
diseguale", che risponde alle condizioni "diseguali" di discriminazione,
di doppio sfruttamento e oppressione delle donne. E questo non solo per
l'oggi.
Nelle lotte
rivoluzionarie, nelle guerre popolari, es. durante la guerra popolare in
Nepal, le donne maoiste dicevano che per affermare il potere della
'metà del cielo' occorre un “diritto
diseguale”: ci battiamo per un potere che
realizzi non “l'uguaglianza” ma la “disuguaglianza” e
attraverso la disuguaglianza realizzi la vera
uguaglianza. Perchè anche il potere del proletariato, socialista dovrà
ancora per molto tempo dopo la rivoluzione "torcere per raddrizzare",
affermare il diritto diseguale (cioè più diritti alle donne), perchè si
affermi una vera liberazione che rompa ogni catena materiale e
ideologica.
(dall'articolo di Silvia Niccolai su Il Manifesto)
"Molti, anche esponenti politici,
sostengono che una donna non dovrebbe essere discriminata in quanto
madre, come sarebbe accaduto alla signora licenziata da Ikea qualche
giorno fa.
È vero, ma dicendo questo non si
coglie del tutto la posta in gioco.
Da quarant’anni il diritto
antidiscriminatorio, dettato dalla Ue e interpretato dalla Corte di
Giustizia, ripete che come genitori donne e uomini sono eguali. Giustissima idea, che però è servita
a dire che sono discriminatorie le norme nazionali che assicurano
alle donne tutele ulteriori rispetto a quelle strettamente legate al
fatto biologico della gravidanza e del parto...
Perciò è stato considerato
discriminatorio, nel 2008, che le pubbliche dipendenti italiane
potessero andare in pensione prima degli uomini; così come, nel
1988, furono condannate norme francesi che anticipavano l’età
pensionabile delle donne in relazione al numero di figli.
Per il diritto europeo, che condiziona
quello italiano, nessuna donna può dire «sono stata discriminata in
quanto madre» se un uomo nella sua stessa situazione sarebbe stato
trattato allo stesso modo.
Se la condizione di genitore è
considerata dal datore egualmente irrilevante nei confronti sia dei
dipendenti, sia delle dipendenti, non c’è discriminazione...
In questo quadro, una donna licenziata
perché si occupa di un figlio disabile...
Elogiatissimo per la sua lotta
progressista contro gli stereotipi di genere, il diritto
antidiscriminatorio è servito alla Ue a smantellare le legislazioni
protettive del lavoro, e a ridurre il campo delle ragioni che un
lavoratore può opporre al datore...
Dopo che il divieto di lavoro notturno
per le donne fu abolito perché discriminatorio. le condizioni del
lavoro notturno sono diventate più gravose per tutti i lavoratori...
la Ue ha demolito la legittimazione di ogni tutela nel
lavoro e ha costruito il suo modello ideale: la persona che vive per
garantire il soddisfacimento delle esigenze del mercato.
Non parliamo, dunque, di «diritti
delle donne»...
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