(dal comunicato di Nudm di Milano)
Come Non Una Di Meno Milano abbiamo deciso di mobilitarci a
sostegno di Marica, licenziata da Ikea Corsico perché avendo due figli
di cui uno disabile e di cui occuparsi da sola, non poteva fare i turni
di lavoro che l'azienda le aveva imposto.
Martedì è stato convocato un presidio di solidarietà
davanti a Ikea Corsico, e noi abbiamo deciso di partecipare portando a
Marica la lettera pubblica che abbiamo scritto per lei, e facendo
convergere questa situazione con il nostro percorso di lotta e il nostro
piano per combattere insieme contro la violenza di genere.
L'Usb oltre ad aderire al presidio ha proclamato sciopero intero turno di
lavoro per le sedi Ikea di Corsico, Carugate e San Giuliano, sì da
consentire la partecipazione massima a chi lavora.
La lettera a Marica
Cara Marica,
il tuo licenziamento ci ferisce, scatena la nostra rabbia ma purtroppo non ci stupisce.
Un
anno fa abbiamo iniziato a incontrarci sia a Milano che in molte altre
città in Italia e sin dai primi momenti di analisi collettiva e
condivisione di esperienze abbiamo colto uno degli aspetti più pervasivi
nella vita delle donne: quello della violenza economica.
Condividendo
vissuti e riflessioni a partire dalle nostre stesse condizioni di vita e
lavoro, abbiamo individuato il nesso stretto tra l’attuale sistema
economico e la violenza di genere; abbiamo messo in
luce come, in
questo ambito, la violenza di genere venga perpetuata creando sempre
nuove forme di segmentazione e frammentazione del lavoro, di
esclusione, disoccupazione forzata, sfruttamento e impoverimento.
Quello
che ti è stato ingiustamente contestato e che hai pagato con
l’altissimo prezzo del licenziamento riguarda uno degli aspetti
fondamentali della cosiddetta “femminilizzazione del lavoro“: la messa a
disposizione incondizionata del proprio tempo di vita.
La
femminilizzazione del lavoro e i suoi caratteri fondativi (obbligo a
una piena disponibilità del tempo, intermittenza e lavoro gratuito)
caratterizzano oggi non solo la condizione delle donne nel mercato del
lavoro, ma l’intero meccanismo galoppante di precarizzazione e
ricattabilità.
Ci troviamo
in un Paese che lamenta costantemente il calo delle nascite, ma che allo
stesso tempo taglia lo Stato Sociale, i servizi e diminuisce i fondi e
le misure a sostegno della genitorialità e della cura.
Oggi sei tu a ricevere questo provvedimento ma domani potrebbero essere molte altre, potrebbe essere una di noi.
Accade
questo quando il tempo di cura dei e delle figlie, così come degli e
delle anziane e dei e delle disabili, non solo ricade in via quasi
esclusiva sulle donne, ma non è nè riconsociuto economicamente, nè
valorizzato mettendolo al centro dell’organizzazione del lavoro.
Abbiamo
detto no di fronte alle molestie sul lavoro e lo ripetiamo
riconoscendoci in ogni donna sfruttata, sottopagata, licenziata,
destinataria di provvedimenti disciplinari, in corsa rocambolesca
contro il tempo per riuscire a essere madre, donna, lavoratrice.
Abbiamo
deciso di iniziare insieme un cammino rivoluzionario, abbiamo creato
immaginari di giustizia sociale, abbiamo scritto un piano femminista
contro la violenza di genere. Vogliamo reddito di autodeterminazione,
salario minimo europeo, infrastrutture sociali, vogliamo che le
pratiche di cura e di riproduzione diventino un valore condiviso e non
un ennesima forma di sfruttamento, vogliamo politiche a sostegno della
maternità per chi la sceglie e della genitorialità condivisa. E le
vogliamo per tutte, non una di meno.
In tutto
questo nessuna deve rimanere indietro. Per rompere la frammentazione e
l’isolamento che contraddistinguono il mondo del lavoro contemporaneo,
riteniamo fondamentale riaffermare, tra le nostre pratiche femministe,
l’importanza della costruzione di nuove reti solidali e di mutuo
soccorso, riaffermare cioè, contro la barbarie, l’individualismo e la
solitudine, la potenza dell’essere in comune, il sostegno, la
sorellanza. Mutualismo e solidarietà contro le ritorsioni, contro i
ricatti, le molestie, le discriminazioni e ogni forma di violenza
dentro e fuori i posti di lavoro.
Per questo abbiamo trasformato il nostro no in together che sappia darci forza.
Oggi
sei tu a pagare il prezzo e noi ci schieriamo al tuo fianco: ti
staremo accanto nelle piazze e davanti a quei cancelli sino a quando
non verrai riassunta e l’IKEA non chiederà pubblicamente scusa.
Ma sappiamo che è una società intera che deve cambiare!
Se toccano una, toccano tutte.
Se seminano violenza, raccoglieranno scioperi e tutta la nostra forza
Non una di meno Milano
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