Contro la violenza del capitale e dei padroni sulla vita delle donne – contro ogni violenza sulle donne
manifestazione nazionale delle proletarie, precarie, sfruttate, disoccupate
25 novembre a Roma
info mfpr.naz@gmail.com25 novembre a Roma
(da Clash City Workers)
L’appetito vien mangiando(-ci)! Era di maggio, Almaviva ci ha preso gusto e adesso vuole il bis
1) Che nessuno dica che
non lo sapevamo, eh!!!
Non se ne può più di
sentire frasi del tipo «Almaviva non sta ai
patti!».
Se qualcuno viene sempre
viziato, lo si fa “abituare bene”, gli si concede sempre tutto quello che vuole,
beh è scontato che poco tempo dopo ne voglia ancora, e ancora, e
ancora.
Per i più smemorati
ricordiamo che i famosi “patti” sarebbero l’accordo firmato il 31 maggio
che i lavoratori avevano prima respinto in massa (tra l’altro in una versione
assolutamente migliore di quella poi passata negli uffici del Mise) per poi
ritrovarselo firmato sulle proprie teste, senza nessuna consultazione in
azienda, con tanto di percentuale diCdS diseguale tra i vari siti (il Contratto
di Solidarietà).
Questo “patto” non lo
voleva nessuno di quelli che la mattina si svegliano per andare “in cuffia”!
Tripi invece sì!
Questo “patto” non ha mai
risolto la situazione (anche se ci avevano assicurato in tanti che lo avrebbe
fatto) e ha scaricato sui lavoratori tutto il suo peso facendo capire a Tripi
che, se volesse provare a firmarne un altro, di “patto”, magari ulteriormente
peggiorativo per i lavoratori e più vantaggioso per lui, forse ce la potrebbe
fare di nuovo.
Ci è stato detto tante
volte che «questo accordo garantisce
automaticamente la continuità lavorativa; l’utilizzo, senza trattativa, uno dopo
l’altro, di tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione per ben 18 mesi di
fila».
Ne sono passati appena
4.
E adesso Almaviva ci dice di voler chiudere le
sedi di Roma e Napoli mandando migliaia di lavoratori in mezzo a una
strada, perché la soluzione proposta (che era più o meno “far stare
peggio i lavoratori”) non ha risolto nulla.
Ma l’azienda lo dice
chiaramente: nessuna lacrima, nessuna storia personale raccontata ai giornali,
nessun grido: per il comunicato aziendale di Tripi è SOLO il 5% della sua forza lavoro che viene
licenziata e perciò può essere cacciata senza batter ciglio.
Ricapitolando, prima ci
si prende i soldi pubblici e si peggiorano le condizioni degli operatori per
mantenere il lavoro, poi si dice che non è cambiato nulla e... ciaooone! E in
questo breve periodo è già successo di tutto: contestazioni, deportazioni da una
sede all’altra, ecc…
Pensare che un’azienda
che era riuscita a ottenere più soldi pubblici per lei e meno diritti per i suoi
lavoratori potesse decidere di non riprovarci pochi mesi dopo era davvero
un’assurdità, già a fine maggio.
Almaviva è riuscita già
allora a ottenere tutto quello che voleva. E allora perché non
rifarlo?
Che nessuno dica che non
lo sapevamo, eh!!!
2) «Caro, vieni a rispondere tu da Palermo che ho le mani
occupate!»
Tripi
vergogna!
La notizia è nota, Almaviva ha comunicato a più di
300 lavoratori del sito di Palermo che devono andare a lavorare di punto in
bianco in un’altra sede, in Calabria, a oltre 400 chilometri di
distanza! Sennò niente
lavoro. Per dirla altrimenti, il gigante delle telecomunicazioni “licenzia” più
di 300 lavoratori dalla sede siciliana (ma se vogliono possono continuare a
lavorare a Rende! Come al solito per quattro spicci).
Lo scenario quindi è
questo, il telefono che sta squillando è a Rende, ma secondo l’azienda è più
facile che venga a rispondere un lavoratore da Palermo piuttosto che inoltrare
la chiamata. Ci viene detto quindi che i flussi di chiamata non si possono
spostare.
Sicuri? Beh, a meno che
non sia fatto appositamente per far risultare che le “perdite” siano concentrate
giusto nei due siti più “costosi”, come nel caso di Napoli e
Roma.
Si scaricano così le
perdite su due siti, poi si dice che si vogliono chiudere i due siti perché lì
sono concentrate tutte le perdite (ammesso e non concesso che sia la verità. In
fondo, chi ce lo dice? L’azienda stessa, senza presentare nessun dato?)
!!!
E così il gioco è
fatto!
Tripi
vergogna!
3) «Fermi tutti, questa è una
rapina!
Dammi i soldi pubblici e
il controllo individuale oppure licenzio!»
Adesso Tripi parla di
licenziamento e di chiusura delle sedi ma già suggerisce “a mezza bocca” delle
soluzioni…
Certo, se lo Stato
continuasse a regalargli soldi e sgravi fiscali forse potrebbe
ripensarci.
Certo se potesse tenere
costantemente “sotto l’occhio del padrone” i lavoratori, attraverso il controllo individuale delle
prestazioni, per poter così strigliare chiunque si rilassi un secondo e
urlargli «Dai! Forza!
Produci!», forse protrebbe ripensarci.
Se potesse iniziare a
licenziare, con calma, a uno a uno, chi più gli aggrada, in silenzio, e senza
troppi schiamazzi, dicendo che «secondo i dati dell’azienda»,
che può vedere solo l’azienda, una persona non sta lavorando bene, forse
potrebbe ripensarci.
L’azienda vuole tutto e
già sa come ottenerlo, lo ha già fatto, sempre a maggio.
Non basta scriverlo nei
comunicati e dirlo sui giornali. Tripi vuole che siano anche i sindacati e i
lavoratori stessi a chiederlo: per evitare che Almaviva “prema il grilletto” del
ricatto occupazionale, dovranno urlare ancora più forte ciò che Tripi
desidera sotto i palazzi delle istituzioni.
Così, per farlo,
l’azienda lascia ai lavoratori anche “la giornata libera” caricando istituti in
maniera illegale e concentrando la CdS in un preciso periodo di tempo. E per
stare ancora più “tranquilla” mostra i muscoli, ripristinando la
vigilanza dei men in
blackall’ingresso ed estendendola anche ai piani. Come se non bastasse
spunta, oramai quasi in pianta stabile, un presidio delle forze dell’ordine
all’ingresso del call-center, stranamente più attenti a controllare la giusta
rabbia dei lavoratori che le illegittime manovre dell’azienda a proposito di
istituti e CdS.
Così facendo Almaviva
ottiene diversi obbiettivi:
- i lavoratori stanno lontano da Almaviva (non solo come luogo fisico), cioè lontano dal loro vero “carnefice”, lontano da chi usa il ricatto della disoccupazione per aumentare i propri profitti
- i lavoratori possono andare tutti sotto i palazzi delle istituzioni o in giro per la città per far diventare i problemi di Tripi i problemi di tutti
- si iniziano a scaricare istituti che andrebbero poi monetizzati in caso di chisura, rendendo così più credibile la minaccia di licenziamento e più economico l’eventuale licenziamento reale
- Almaviva si attrezza ulteriormente per disinnescare gli eventuali scioperi di protesta rendendoli una “arma spuntata” in mano ai lavoratori
E se così qualche “uomo
delle istituzioni” inizia a piangere ancora più forte e si unisce alla voce di
Tripi dicendo «Poveri
lavoratori di Almaviva, aiutiamo il loro ricco padrone», beh ancora meglio
per lui.
Questa storia non finirà
mai, si ripeterà ogni tot mesi, i lavoratori rinunceranno di volta in volta a
tutto per non essere buttati in mezzo a una strada finché ormai non sarà rimasto
più niente a cui rinunciare e… ci butteranno in mezzo a una
strada.
Che questa volta il reale
obbiettivo sia chiudere le sedi di Roma e Napoli licenziando migliaia di
persone, oppure spremere ancora di più i lavoratori, oppure le due cose insieme
non cambia la situazione: se non si reagisce le cose andranno di
male in peggio (ma sempre
e solo per i lavoratori).
Nel frattempo i
committenti se la ridono con i tentativi dei lavoratori di far rimanere il
lavoro in Italia con qualche codicillo inapplicato, mentre loro da brave
multinazionali possono salutare tutti dall’alto del loro aereo che si sposta da
una parte all’altra del mondo.
Ma non tutto è già
scritto.
Se si lotta si
vince. E non solo in Francia, in Grecia e in
altri posti dove “non sono come noi”.
Si vince a Pomigliano
quando si viene ingiustamente licenziati, si vince negli stabilimenti della
logistica qualche chilometro più a nord, quando il padrone vuole peggiorare le
condizioni di lavoro, si vince proprio qui, in Italia, e anche qui a Napoli, e
anche nel settore dei call-center.
Però si vince solo quando
si lotta. Punto.
Quando si lotta veramente
e non si crede proprio a tutto tutto tutto…
Quando ad esempio non si
crede a Tripi, che allude al fatto che tutte le perdite della sua multinazionale
derivino proprio dalle sedi di Napoli e Roma e che lui non ci può fare nulla.
Quando non si crede che in questo periodo siamo tutti sulla stessa
barca (dimenticando
che per anni e anni Almaviva “si è fatta chiatta”, ha guadagnato milioni di euro
senza che i lavoratori ne vedessero che le briciole e dimenticando che adesso
per stringere la
cinghia, a strozzarsi sono solo i lavoratori che “in cuffia hanno
permesso che si facessero quei milioni di euro). Quando non si crede che questo
Governo sia “contro” Almaviva, mentre in realtà si scervella in tutti i modi per capire come e
attraverso quale procedura permettere all’azienda di tornare a fare i profitti
che faceva un tempo, mentre contemporaneamente dice ai lavoratori che «eh, non
sono più i tempi di una volta, dobbiamo fare tutti dei
sacrifici».
I lavoratori devono
urlare, devono far sentire la propria voce, ma le parole scelte devono essere le
loro: non quelle pronunciate da chi sta “puntando la pistola” alla loro tempia,
ma quelle contro di lui.
La Storia si ripete, Tripi dimentica i suoi profitti,
noi non dimentichiamo i nostri sacrifici.
Tripi stringe la cinghia, ma attorno al collo dei suoi
lavoratori!
Nessun licenziamento! Nessun
trasferimento!
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