Verso l’ 80° anniversario della Liberazione dal nazifascismo.
Iniziamo da oggi questo breve excursus su donne e Resistenza che ci accompagnerà sino al 25 aprile. Perché, in particolare, focalizzarsi sul ruolo delle donne nella Resistenza?
Perché ci aiuta a comprendere la doppia, tripla lotta che le donne hanno dovuto fare sia all’interno della famiglia e contro le convenzioni sociali sia contro la diffidenza nell’accettarle nella lotta partigiana. Ancora oggi le testimonianze delle partigiane sono ricche di insegnamenti per l’agire di oggi nel lungo e difficile cammino verso la liberazione delle donne.
Vogliamo iniziare con la canzone simbolo della Resistenza partigiana:
Una mattina mi son svegliato
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
Una mattina mi son svegliato
E ho trovato l'invasor
O partigiano portami via
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
O partigiano portami via
Che mi sento di morir
E se io muoio da partigiano
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
E se io muoio da partigiano
Tu mi devi seppellir
Mi seppellire lassù in montagna
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
Mi seppellire lassù in montagna
Sotto l'ombra di un bel fiore
E le genti che passeranno
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
E le genti che passeranno
Mi diranno: "Che bel fior"
È questo il fiore del partigiano
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
È questo il fiore del partigiano
Morto per la libertà.
Scrive Bianca Guidetti Serra: “Nei libri di Storia della Resistenza, e sono ormai molti, si legge che nel dicembre del 1943 si costituirono i Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti per la libertà. Non si dice però che cosa fossero, che cosa facessero, quali finalità perseguissero…”.
“Hanno raccontato queste cose per la prima volta, almeno ai fini di una pubblicazione e hanno accettato di farlo perché convinte che la loro esperienza poteva servire ad altri, ai giovani soprattutto…”.
“La scelta antifascista, infatti, nata negli anni remoti per le più anziane, nel 1943-1945 per le più giovani, aveva trovato ragione d’impegno prima della “resistenza”, durante e, per quasi tutte, anche dopo.
La militanza nei Gdd o in altre organizzazioni appariva insomma il naturale e necessario anello di un’unica catena rappresentante la tenacia e la coerenza di una scelta di campo..”.
Testimonianze “che tengono a dare prova della non passiva accettazione delle donne, di certe donne, dei fatti della storia, come singole e come collettività…”.
“..Destino di donne che da un lato inibisce loro di formarsi culturalmente, dall’altro le costringe però a contribuire al sostentamento della famiglia. Ma neppure la relativa autonomia economica le rende più libere.
Il condizionamento sociale le costringe all’accettazione di regole di costume mutuate o imitate, tra l’altro, dalla classe di cui sono subalterne […]. Destino di donne che si perpetua nell’età matura.
A “casa” dal lavoro con destinazione “casalinga”, resteranno molte, dopo il matrimonio e, in un certo senso, le più fortunate.
Il numero delle ore lavorate infatti, cumulato a quelle necessarie per raggiungere il posto di lavoro, la pesantezza del medesimo, la totale mancanza di servizi di sostegno erano tali da rendere angoscioso il contemporaneo espletamento dei due ruoli […] quale era la scelta alternativa al lavoro di fabbrica?
Quello artigianale o il lavoro cosiddetto terziario, talvolta quello a domicilio”.
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