24/05/24

La lotta delle donne a difesa del diritto d'aborto è pericolosa per la borghesia, per il governo fascio-sessista Meloni, per la Chiesa

da ORE12 Controinformazione rossoperaia del 23/05

Il 22 maggio è ricorso il 46° anno dalla approvazione della legge 194, una legge che da un lato è stata sicuramente il frutto di una straordinaria mobilitazione e lotta delle donne fatta negli anni '70, ma che comunque dall'altra è stata anche una vittoria parziale. Alla vigilia e anche in seguito all'approvazione di questa legge, il movimento delle donne denunciò fortemente il compromesso che fu fatto sul corpo delle donne, consentendo in primis l'obiezione di coscienza ai medici ma anche altre condizioni limitative al percorso a cui le donne si devono sottoporre per accedere all'interruzione di gravidanza. Rispetto a quelle che erano le parole d'ordine chiare del movimento delle donne, del movimento femminista, contraccettivi per non abortire/aborto libero per non morire”, il movimento delle donne denunciò con forza l'ipocrisia e l'odiosa oppressione di questo Stato borghese, dei governi, della Chiesa cattolica che attaccavano e punivano le donne costrette a ricorrere all'aborto clandestino.

In questo senso fu anche una battaglia che ebbe un aspetto di classe, perché erano soprattutto le donne proletarie costrette a ricorrere all'aborto clandestino con metodi, anche in situazioni terribili, che procuravano immani sofferenze fino anche alla morte.

Ora, negli anni a seguire, sia nel nostro paese che in Europa e a livello internazionale, insieme al peggioramento della possibilità di abortire è via via emerso anche un nuovo attacco al diritto di aborto, con nuove leggi restrittive che ancora una volta hanno colpito la maggioranza delle donne e, in essa,  il cuore, le donne proletarie, cioè le donne delle classi più oppresse, delle classi più povere, le donne migranti.

E quando si dice che la legge 194 è una legge che ha dei limiti, i governi che si sono succeduti in questi anni, in particolare i governi di centrodestra, hanno utilizzato questi limiti per cercare di depotenziare questa legge, di svuotarla, di impedirne la piena applicazione, per frenare quello che è il diritto delle donne all'aborto e contrastarlo. 

Prendiamo il caso dell'obiezione di coscienza: oggi noi siamo in un paese in cui intere regioni come le Marche, ma anche nel centro sud, praticamente è quasi impossibile accedere all'interruzione volontaria di gravidanza perché negli ospedali la totalità dei medici, o quasi, è obiettore, mentre, nello stesso tempo, le politiche che sono state messe in campo dagli enti locali, da diverse regioni, hanno portato da un lato al taglio delle strutture ospedaliere, soprattutto dei reparti in cui si poteva praticare l'aborto, e dall'altro fino ad oggi sono stati messi in campo soprattutto in quelle regioni dove ci sono le giunte di centrodestra tutta una serie di provvedimenti con un impianto in primis proprio ideologico per condizionare le donne per quanto riguarda il diritto di aborto e proprio per impedirlo di fatto o comunque contrastarlo in maniera sempre più pesante.

Pensiamo ai provvedimenti che hanno riguardato le becere misure economiche, anche ipocrite - perché sono delle vere e proprie elemosine - di dare anche dei bonus alle donne, dei soldi per convincerle a non abortire. Ipocrita perché sono delle misure economiche ridicole, in una situazione in cui sappiamo benissimo che siamo in un paese in cui c'è un alto tasso di disoccupazione delle donne, c'è una maggioranza di donne in vari settori che fanno lavori precari, le donne sono le prime a essere licenziate e ci sono tantissime situazioni in cui non si possono per esempio mettere al mondo figli perché materialmente questi figli non si possono far campare. E quindi queste sono misure economiche veramente ridicole e anche offensive. Dall'altro lato vi sono decisioni che hanno un carattere soprattutto ideologico non solo politico, per condizionare le donne a non accedere al diritto di aborto, come la questione della sepoltura dei feti. Non Una Di Meno di Torino, nel comunicato che ha fatto in questi giorni, in prossimità della giornata di mobilitazione nazionale che ci sarà il 25 maggio in difesa del diritto d'aborto, ha denunciato che la Regione Piemonte usa fondi pubblici, un milione di euro, per finanziare le associazioni antiabortiste da far accedere nei consultori; invece di promuovere iniziative di welfare per rendere gratuita la contraccezione, per finanziare i consultori e dare un reale supporto alla genitorialità.

Tutto questo poi si inserisce oggi in una fase in cui in questo paese c'è al potere il governo Meloni, un governo di stampo ideologico fascio-sessista, un governo formato proprio da fascisti, a cominciare dalla stessa Meloni, che sin da quando si è insediato ha individuato come uno dei bersagli da colpire la maggioranza delle donne e i loro diritti, a cominciare appunto dal diritto d'aborto. La Meloni durante la campagna elettorale “rassicurava” che la legge 194 non avrebbe subito modifiche. Ma da allora ad oggi i fatti reali sono stati ben altri, a cominciare dalle almeno tre proposte di legge a firma di esponenti di Fratelli d'Italia per porre nuovamente all'ordine del giorno la modifica dell'articolo 1 del codice civile con il riconoscimento della capacità giuridica del feto, da considerare una persona con diritti e doveri, mentre le donne per questo governo non sono persone, le donne non devono avere diritti, le donne devono essere solo delle mere macchine riproduttrici di figli su figli, da un lato per lo sfruttamento e per il profitto dei padroni di cui questo governo è ancora più al servizio e dall'altro per la guerra imperialista a suon di Dio/Patria/Famiglia. Un governo che ogni giorno è sempre più guerrafondaio, è sempre più attivo nella guerra imperialista. Un governo fatto da ministri come la Roccella, una ministra reazionaria per la quale “purtroppo” l'aborto è un diritto per le donne, per la quale l'aborto è il “lato oscuro della maternità”; e che per fortuna è stata zittita e contestata apertamente dalle studentesse, dalle ragazze, dalle compagne, dalle femministe negli ultimi Stati generali della natalità, che hanno portato avanti una campagna apertamente ideologica contro le donne, contro il diritto di aborto, sostenuta pienamente anche dalla Chiesa cattolica di Bergoglio. Un governo che, proprio di recente, con un emendamento al decreto che riguarda i fondi del Pnrr, ha inserito la possibilità ai pro-vita di accedere nei consultori.

Quindi il diritto di aborto per la borghesia dominante è un incubo. La borghesia al potere odia il diritto d'aborto perché esso pone come centrale l'autodeterminazione delle donne, il fatto che una donna possa e debba decidere liberamente, perché per la borghesia le donne invece devono essere incatenate a determinati ruoli, produttivi e riproduttivi, che devono essere funzionali alla conservazione, al mantenimento e alla perpetuazione di questo sistema sociale capitalista.

Con questo governo siamo costrette a difendere comunque la 194, anche se contiene dei limiti ma perché noi questi limiti li vogliamo modificare o addirittura eliminare; ma oggi la battaglia principale è per la difesa del diritto d'aborto, della difesa della libertà di scelta delle donne.

E quindi è importante la giornata del 25 maggio in cui è stata lanciata la mobilitazione nazionale dal movimento Non Una Di Meno in difesa del diritto d'aborto e della libertà di scelta delle donne. Ci saranno iniziative in tutto il paese. Ma poi è importante portare avanti questa battaglia ogni giorno, in ogni ambito, nei posti di lavoro, tra le lavoratrici, nei quartieri, nelle scuole, nelle case.

La lotta delle donne contro l'attacco al diritto di aborto è una lotta considerata pericolosa dalla borghesia dominante perché essa mette in discussione quelle che sono le basi ideologiche, politiche, materiali di questo sistema capitalista. Ma noi diciamo: ebbene sì, noi dobbiamo essere “pericolose” e organizzarci per mettere in campo tutta la lotta necessaria perché questo diritto non si tocca, perché la nostra libertà di scelta, non solo in tema di maternità ma per tutta la nostra vita, non deve essere messa in discussione.

Quindi lotta immediata e quotidiana in difesa del diritto d'aborto, ma inserita anche in una prospettiva rivoluzionaria che deve mettere in discussione il sistema capitalista da cui si genera poi l'attacco alla vita delle donne e il cui cuore è anche l'attacco alla libertà di scelta delle donne.

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