Tremate, tremate, perché non ce ne siamo mai andate!
Oggi 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile
sulle donne e di genere, vogliamo parlare di una delle forme di violenza che lo Stato
esercita in modo sempre più capillare e pervasivo: la repressione.
Iniziamo esprimendo la nostra incondizionata SOLIDARIETA’ alla compagna e al compagno dell’Assemblea permanente contro il carcere e la repressione che, a seguito di
alcuni interventi pubblici di denuncia della malasanità in carcere e per aver espresso
solidarietà con compagni e compagne imprigionate per aver lottato contro le istituzioni totali, il militarismo e il neo-colonialismo (fatti durante presidi e cortei, tra cui uno
anche promosso da noi), sono stat* accusat* dei reati di istigazione a delinquere e diffamazione e stanno subendo un processo.
Abbiamo saputo che, durante un’udienza, siamo state tirate in causa e nominate ripetutamente: si voleva sapere se la compagna e il compagno imputat* facessero parte
della Coordinamenta Transfemminista e si voleva appurare il perchè o percò un* dei
due avesse parlato durante una nostra manifestazione contro la violenza di genere del
novembre 2019.
Vogliamo rispondere così: ai nostri cortei è benvenuta/o chi lotta contro i soprusi e le
violenze che lo Stato esercita su soggettività oppresse e inferiorizzate (come sono in
questo caso le persone detenute in qualsivoglia istituzione totale) e chi è solidale con
queste lotte. Ai nostri presidi parla chi vogliamo noi, cioè chi ha la nostra stima, la nostra fiducia, le persone con cui sentiamo un’ affinità politica.
Parlano le persone generose, che si espongono per chi non puo’ avere voce, come chi
sta dentro ad un cpr o ad un carcere.
Parlano le persone coraggiose, che si esprimono senza fronzoli correndo il rischio di
dire le cose come stanno perché E’ GIUSTO FARLO!
Ma ci teniamo a dirvi anche chi non parlerà mai.
Alle nostre manifestazioni non si accettano atteggiamenti oppressivi e prevaricatori,
dinamiche di potere di matrice patriarcale che il nostro gruppo vuole smantellare.
Per questo, non parleranno mai fascist*, sessist* e razzist*, nè individui “in divisa” e
rappresentanti istituzionali di partito. Non riconosciamo nè ci sentiamo rappresentat*
da questi ultimi due, che sono il braccio e la mente di politiche securitarie ed emergenziali fatte opportunisticamente sui nostri corpi, di cui vorrebbero espropriarci per disporne come credono, per irrigimentarci e controllarci, pena la solita ricetta: eslusione
sociale e violenta repressione.
Esprimiamo solidarietà e vicinanza alla compagna verso la quale è in atto un vero e
proprio accanimento repressivo volto ad isolarla e intimidirla, con una pretestuosa perquisizione oltre che l’avvio di procedimenti penali a suo carico.
Saremo al suo fianco, faremo eco alla sua forza che, assieme alla nostra, sarà inscalfibile! Lo saremo tutte!
Continueremo a scendere nelle piazze e a dire quello che pensiamo nonostante il clima
di caccia alle streghe e l’ingombrante presenza di sbirri e sbirre con e senza divisa,
ogni volta che lo facciamo!
Vogliamo infatti ricordare che entrambi i cortei da noi organizzati sono stati pedinati e scortati da un numero spropositato di guardie. Siamo
state filmate e registrate da quelle in borghese durante i presidi in centro (questo ormai
è chiaro anche dagli atti processuali) in una maniera invadente e ossessiva, talmente
sproporzionata da apparire ridicola anche agli occhi delle persone generalmente più
ingenue che di solito non si accorgono di questi dettagli.
L’aver mandato a filmare il presidio per l’8 marzo 2021 un poliziotto che era l’incarnazione dello stereotipo del maschio cis abietto e prevaricatore ci ha però tolte dalla
fatica di dover spiegare cosa intendiamo quando diciamo che lo Stato è patriarcale e
difende solo sè stesso, in strada come nei tribunali.
Per questo, da chi non perde occasione per farci capire che dobbiamo stare zitte e nei
ranghi, non vogliamo e non vorremo mai niente se non la sua fine.
In ultimo ci teniamo a dire che non prendiamo nemmeno in considerazione, anzi, rigettiamo le soluzioni legislative di tipo “protezionistico” che ci negano l’autodeterminazione e rivendichiamo invece l’autodifesa femminista e la solidarietà tra soggetti oppressi
come arma da impugnare contro l’opressore, sia esso il maschio cis abusatore, sia esso
in divisa, sia esso in toga, sia esso con il camicie bianco o la camicia nera oppure in
abito talare!
Se ci “vogliamo veramente vive” allora dobbiamo anche agire per restarlo.
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