12/11/21

Denunciò i suoi sfruttatori: Adelina si toglie la vita, non riusciva ad avere la cittadinanza - Basta! Trasformiamo il dolore in lotta collettiva!

Con le sue denunce fece arrestare 40 sfruttatori. Malata di cancro, invalida, aveva rifiutato la cittadinanza albanese. Chiedeva aiuto allo Stato

Aveva denunciato i suoi aguzzini e fatto arrestare quaranta sfruttatori del racket albanese della prostituzione. In cambio chiedeva di essere aiutata dallo Stato per rifarsi una vita. Ma quando si è vista voltare le spalle, stremata da una lotta durata anni, Alma "Adelina" Sejdini si è tolta la vita. Domenica si è lanciata dal cavalcavia ferroviario di ponte Garibaldi a Roma, dove era arrivata per protestare contro la burocrazia che la strangolava e le impediva di ottenere la cittadinanza italiana.

La storia di Adelina Sejdini, ex prostituta antiracket che si è tolta la vita

Nata 47 anni fa a Durazzo, in Albania, poco più che adolescente era stata rapita e seviziata. A metà degli anni '90, lei come tante ragazze, era finita su un barcone diretta in Italia, dove fu costretta a prostituirsi. Con coraggio, decise di affidarsi alla polizia e denunciare i suoi sfruttatori. Condannata a morte dai suoi connazionali per le sue denunce, aveva trovato rifugio a Pavia. Malata di cancro al seno, faceva avanti e indietro fino a Milano per curarsi e conduceva una battaglia parallela a quella contro la malattia per vedersi riconosciuta la cittadinanza italiana. Per la burocrazia italiana, sull'ultimo permesso di soggiorno che le era stato rilasciato risultava ancora cittadina albanese, lei che quella cittadinanza l'aveva rifiutata ed era apolide.

Invalida al 100 per cento, senza un lavoro (nonostante sul permesso di soggiorno figurasse avere una occupazione), Adelina chiedeva la cittadinanza italiana che l'avrebbe aiutata almeno ad ottenere una casa popolare. A fine ottobre, la donna si era recata a Roma per portare avanti la sua protesta e riuscire ad avere una risposta dalle istituzioni. Il 29 ottobre ha cercato di darsi fuoco davanti al ministero dell'Interno. Il 5 novembre un'altra protesta. L'ennesimo buco nell'acqua e un foglio di via obbligatorio da Roma, per aver opposto resistenza a pubblico ufficiale quando la polizia era arrivata per prelevarla e portarla in Questura. Domenica il tragico epilogo.

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