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LE PRIGIONIERE POLITICHE VENGONO TORTURATE
NELLE PRIGIONI DELL’INDIA – ‘LA SOCIETÀ DETERMINA CHE LA CRIMINALITÀ È MASCHILE
PER NATURA'
NUOVA DELHI: Nella sala di 250 metri quadrati
del Constitution Club di Rafi Marg, un gruppo di 15 donne prigioniere
politiche, sostenute da ricercatori, docenti e avvocati, ha parlato apertamente
contro le condizioni disumane subite dalle donne prigioniere nelle carceri
indiane.
La sala era piena di un'aria di risolutezza,
e proprio così è stata l'audizione pubblica del 18 gennaio: essere risoluti in
opposizione all’ingiusto trattamento da parte dello stato delle donne
prigioniere, in particolare delle prigioniere politiche.
Negli ultimi 15 anni le prigioni in India
hanno registrato un aumento del 61% delle donne detenute. Ma costituiscono solo
il 4,3% della popolazione carceraria nazionale, quindi non vengono spesso
sollevate preoccupazioni specifiche sul loro trattamento disumano.
Le donne nelle prigioni dello stato indiano
sono soggette a torture, stupri, rifiuto di servizi sanitari e mancanza di
acqua pulita e cibo. Le prigioni statali spesso non rispettano i diritti di
queste detenute, secondo coloro che hanno parlato nella riunione.
La società impone che la criminalità sia di
natura maschile, hanno detto gli oratori, quindi il pensiero è che ogni donna
che osa avventurarsi nel centro maschile della criminalità merita di essere
trattata brutalmente.
La maggior parte delle donne prigioniere in
India proviene da Adivasi, Dalit e da altre comunità emarginate. La loro
arretratezza sociale ed economica le rende vulnerabili perché si ritrovano ad
essere incapaci di difendersi legalmente e finanziariamente.
Soni Sori, del Chhattisgarh, un’attivista per
i diritti, sostiene che molte prigioniere politiche finiscono per diventare
Naxalite a causa del trattamento disumano che i funzionari dello stato hanno
loro riservato. La stessa Sori fu torturata in maniera infame nelle prigioni di
Chhattisgarh in molti modi.
"I nostri corpi vengono violentati dalla
polizia e perciò non siamo più accettate dal villaggio. Non abbiamo altra
scelta se non quella di unirci ai naxaliti", ha detto Sori. Ha sostenuto
che "la polizia pensa ai corpi femminili come a qualcosa su cui hanno
piena autorità. Siamo qui per cambiare tutto questo."
Alle donne prigioniere si davano spesso 15-16
compresse di medicinali ogni giorno, secondo Sori, per renderle allucinate. E
ogni volta che cercavano di parlare con le autorità carcerarie venivano
schiaffeggiate e gli veniva detto di chiudere la bocca.
"Il 15 agosto eravamo tutte contente che
avremmo ricevuto del buon cibo. Ma la carceriera è venuta a dirci che non ci
meritavamo nulla e ci ha versato tre secchi d'acqua fredda addosso",
ricorda Sori.
Secondo la legge, le accuse richiedono
un'indagine e un controllo giudiziario, non solo la detenzione. Ma, solo un
piccolo frammento di confessioni da parte di prigionieri provenienti da
ambienti socialmente o economicamente sfavoriti raggiunge i tribunali
distrettuali.
Quelli che lo fanno sono pesantemente
manipolati, come ha sottolineato l'avvocato Vrinda Grover all'udienza. "La
distorsione dei fatti da parte dei tribunali distrettuali è una grande
preoccupazione. Mostra chiaramente quanto sia debole lo stato di diritto a
livello di campagne o distretto. Il sistema è costruito in modo tale che le
persone abbandonino la ricerca della giustizia".
Gli attivisti presenti erano critici nei
confronti della polizia e dello stato in generale per aver usato la legge
penale come strumento per incarcerare ingiustamente donne innocenti che
protestavano.
Molti hanno sostenuto che le carceri in India
sono diventate un luogo di detenzione politico, in cui alle donne non viene
concessa la libertà su cauzione, o addirittura viene impedito di partecipare ai
loro stessi processi presso i tribunali distrettuali.
All'interno della prigione, le guardie donne
erano estremamente brutali nei confronti delle prigioniere. Una prigioniera ha
raccontato: "Eravamo costrette a bere l'acqua della toilette e siamo state
costantemente umiliate dalle guardie che spesso ci etichettano come 'randi'
(prostitute) dicendo che siamo una disgrazia per il nome delle donne
ovunque".
Questa situazione deplorevole non è limitata
ai soli prigionieri, hanno osservato i partecipanti. L'impatto è di vasta
portata, nella misura in cui i loro familiari vengono coinvolti.
Un prigioniero politico ha dichiarato che a
sua figlia è stato chiesto di lasciare la scuola perché sua madre era
un'attivista. Il marito di un’altra è stato costantemente ricattato e
minacciato mentre era in prigione.
"Molti di questi atti viscidi sono
eseguiti dallo stato stesso, per fermare e intaccare le nostre speranze. Ma ciò
non succederà. Il nostro obiettivo è che le donne che stanno andando in
prigione siano mantenute in condizioni migliori di quelle che avevamo noi. Non
ci fermeremo se non dopo questo", ha detto un partecipante.
Le prigioni sono scoraggianti anche per gli
uomini adulti - ma, la condizione delle donne prigioniere in India richiede un
cambiamento urgente perché è molto peggio. Nonostante le disposizioni legali e
i diritti fondamentali dati a tutti dalla nostra Costituzione, questi
“bandinis” (prigionieri, richiusi) sono costretti a vivere in condizioni
patetiche.
Lo storico Uma Chakravarti, un altro giurista
presente, ha dichiarato: "Il popolo sta lottando per zameen e zameer
(terra e anima). Le condizioni della prigione sono miserevoli. Non possiamo
lasciare tutto questo ai gruppi per i diritti civili – deve invece raggiungere
la sfera pubblica. Deve essere un movimento molto più grande."
Chakravarti ha concluso il suo discorso
cantando "Nyay Chahiye, Unyay Nahi" (Vogliamo giustizia, non
ingiustizia), che ha riassunto l'intero evento. Le donne nelle carceri hanno
diritti, ed è dovere dello stato garantire questi diritti e assicurare
giustizia a queste prigioniere.
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