24/01/19

Dalle prigioniere politiche indiane



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LE PRIGIONIERE POLITICHE VENGONO TORTURATE NELLE PRIGIONI DELL’INDIA – ‘LA SOCIETÀ DETERMINA CHE LA CRIMINALITÀ È MASCHILE PER NATURA'
NUOVA DELHI: Nella sala di 250 metri quadrati del Constitution Club di Rafi Marg, un gruppo di 15 donne prigioniere politiche, sostenute da ricercatori, docenti e avvocati, ha parlato apertamente contro le condizioni disumane subite dalle donne prigioniere nelle carceri indiane.
La sala era piena di un'aria di risolutezza, e proprio così è stata l'audizione pubblica del 18 gennaio: essere risoluti in opposizione all’ingiusto trattamento da parte dello stato delle donne prigioniere, in particolare delle prigioniere politiche.
Negli ultimi 15 anni le prigioni in India hanno registrato un aumento del 61% delle donne detenute. Ma costituiscono solo il 4,3% della popolazione carceraria nazionale, quindi non vengono spesso sollevate preoccupazioni specifiche sul loro trattamento disumano.
Le donne nelle prigioni dello stato indiano sono soggette a torture, stupri, rifiuto di servizi sanitari e mancanza di acqua pulita e cibo. Le prigioni statali spesso non rispettano i diritti di queste detenute, secondo coloro che hanno parlato nella riunione.
La società impone che la criminalità sia di natura maschile, hanno detto gli oratori, quindi il pensiero è che ogni donna che osa avventurarsi nel centro maschile della criminalità merita di essere trattata brutalmente.
La maggior parte delle donne prigioniere in India proviene da Adivasi, Dalit e da altre comunità emarginate. La loro arretratezza sociale ed economica le rende vulnerabili perché si ritrovano ad essere incapaci di difendersi legalmente e finanziariamente.
Soni Sori, del Chhattisgarh, un’attivista per i diritti, sostiene che molte prigioniere politiche finiscono per diventare Naxalite a causa del trattamento disumano che i funzionari dello stato hanno loro riservato. La stessa Sori fu torturata in maniera infame nelle prigioni di Chhattisgarh in molti modi.
"I nostri corpi vengono violentati dalla polizia e perciò non siamo più accettate dal villaggio. Non abbiamo altra scelta se non quella di unirci ai naxaliti", ha detto Sori. Ha sostenuto che "la polizia pensa ai corpi femminili come a qualcosa su cui hanno piena autorità. Siamo qui per cambiare tutto questo."
Alle donne prigioniere si davano spesso 15-16 compresse di medicinali ogni giorno, secondo Sori, per renderle allucinate. E ogni volta che cercavano di parlare con le autorità carcerarie venivano schiaffeggiate e gli veniva detto di chiudere la bocca.
"Il 15 agosto eravamo tutte contente che avremmo ricevuto del buon cibo. Ma la carceriera è venuta a dirci che non ci meritavamo nulla e ci ha versato tre secchi d'acqua fredda addosso", ricorda Sori.
Secondo la legge, le accuse richiedono un'indagine e un controllo giudiziario, non solo la detenzione. Ma, solo un piccolo frammento di confessioni da parte di prigionieri provenienti da ambienti socialmente o economicamente sfavoriti raggiunge i tribunali distrettuali.
Quelli che lo fanno sono pesantemente manipolati, come ha sottolineato l'avvocato Vrinda Grover all'udienza. "La distorsione dei fatti da parte dei tribunali distrettuali è una grande preoccupazione. Mostra chiaramente quanto sia debole lo stato di diritto a livello di campagne o distretto. Il sistema è costruito in modo tale che le persone abbandonino la ricerca della giustizia".
Gli attivisti presenti erano critici nei confronti della polizia e dello stato in generale per aver usato la legge penale come strumento per incarcerare ingiustamente donne innocenti che protestavano.
Molti hanno sostenuto che le carceri in India sono diventate un luogo di detenzione politico, in cui alle donne non viene concessa la libertà su cauzione, o addirittura viene impedito di partecipare ai loro stessi processi presso i tribunali distrettuali.
All'interno della prigione, le guardie donne erano estremamente brutali nei confronti delle prigioniere. Una prigioniera ha raccontato: "Eravamo costrette a bere l'acqua della toilette e siamo state costantemente umiliate dalle guardie che spesso ci etichettano come 'randi' (prostitute) dicendo che siamo una disgrazia per il nome delle donne ovunque".
Questa situazione deplorevole non è limitata ai soli prigionieri, hanno osservato i partecipanti. L'impatto è di vasta portata, nella misura in cui i loro familiari vengono coinvolti.
Un prigioniero politico ha dichiarato che a sua figlia è stato chiesto di lasciare la scuola perché sua madre era un'attivista. Il marito di un’altra è stato costantemente ricattato e minacciato mentre era in prigione.
"Molti di questi atti viscidi sono eseguiti dallo stato stesso, per fermare e intaccare le nostre speranze. Ma ciò non succederà. Il nostro obiettivo è che le donne che stanno andando in prigione siano mantenute in condizioni migliori di quelle che avevamo noi. Non ci fermeremo se non dopo questo", ha detto un partecipante.
Le prigioni sono scoraggianti anche per gli uomini adulti - ma, la condizione delle donne prigioniere in India richiede un cambiamento urgente perché è molto peggio. Nonostante le disposizioni legali e i diritti fondamentali dati a tutti dalla nostra Costituzione, questi “bandinis” (prigionieri, richiusi) sono costretti a vivere in condizioni patetiche.
Lo storico Uma Chakravarti, un altro giurista presente, ha dichiarato: "Il popolo sta lottando per zameen e zameer (terra e anima). Le condizioni della prigione sono miserevoli. Non possiamo lasciare tutto questo ai gruppi per i diritti civili – deve invece raggiungere la sfera pubblica. Deve essere un movimento molto più grande."
Chakravarti ha concluso il suo discorso cantando "Nyay Chahiye, Unyay Nahi" (Vogliamo giustizia, non ingiustizia), che ha riassunto l'intero evento. Le donne nelle carceri hanno diritti, ed è dovere dello stato garantire questi diritti e assicurare giustizia a queste prigioniere.

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