Bagladesh: 50 mila operaie tessili in sciopero contro padroni e governo
La
lotta è esplosa contro i salari al di sotto del minimo vitale, le fabbriche
nocive e senza sicurezza, la repressione brutale con arresti, sequestri,
torture. Sulla loro pelle fanno i loro profitti i grandi marchi europei e USA
del tessile, dall'abbigliamento alle scarpe, da Benetton ad HM
Ieri, nella città industriale di Savar, nel distretto di Dacca, la polizia ha
usato idranti e bastoni per disperdere 10 mila operai tessili in sciopero, gran
parte delle quali donne, che hanno bloccato per ore un importante snodo
autostradale, dopo che in 50 mila avevano abbandonato i posti di lavoro in
mattinata.
Martedì
un operaio è stato ucciso e 50 sono stati i feriti: la polizia ha iniziato a sparare
proiettili di gomma e usare gas lacrimogeni per reprimere la protesta di 5 mila
operai, a Dacca e nei sobborghi della capitale. Alcune testimonianze affermano
che i padroni hanno assunto un servizio d’ordine per impedire a lavoratrici e
lavoratori di altre fabbriche di unirsi alla protesta.
Le catene transnazionali della produzione passano per le mani di queste donne che confezionano tessuti e vestiti per i colossi come H&M, in condizioni di sicurezza infime e per il corrispettivo di poche decine di euro al mese. L’insubordinazione delle operaie tessili segna il passo di un movimento dello sciopero che scuote il mondo dall’Oceano Indiano al Pacifico, che ancora una volta si mostra globale e inarrestabile.
Le catene transnazionali della produzione passano per le mani di queste donne che confezionano tessuti e vestiti per i colossi come H&M, in condizioni di sicurezza infime e per il corrispettivo di poche decine di euro al mese. L’insubordinazione delle operaie tessili segna il passo di un movimento dello sciopero che scuote il mondo dall’Oceano Indiano al Pacifico, che ancora una volta si mostra globale e inarrestabile.
Le manifestazioni sono il primo banco di prova per la premier Sheikh Hasina, appena rieletta per il quarto mandato alla guida del Paese. In Bangladesh il settore tessile, e in particolare la produzione destinata al confezionamento di capi da esportazione, rappresenta un cardine per l’economia. Il Paese è il secondo al mondo per esportazioni di vestiario, dopo la Cina. Sul territorio esistono almeno 4.500 industrie che muovono un giro d’affari di 30 miliardi di dollari (26,2 miliardi di euro). Qui si trovano le fabbriche di grandi marchi occidentali – sia del lusso che “low-cost” – del calibro di H&M, Zara, Walmart, Tesco, Kappa, Tommy Hilfiger e Calvin Klein. Il settore impiega soprattutto donne ed è scarsamente regolato da norme. Sono frequenti gli incidenti sul lavoro. Il disastro più grave è avvenuto nel 2013 con il crollo del complesso del Rana Plaza a Savar, nel quale sono rimaste uccise oltre 1.300 persone.
India: uno sciopero da 200 milioni di lavoratrici e lavoratori
Storica
mobilitazione contro le politiche di Modi.
I due
giorni di sciopero generale nazionale in tutto il paese (Bharat Bandh) chiamato
dalle 10 principali sigle sindacali avrebbero coinvolto 200 milioni di
lavoratori. Al centro delle proteste le disoccupazione dilagante, l’aumento dei
prezzi e, più in generale, le politiche neo-liberali portate avanti dagli
ultimi governi con privatizzazione dei servizi pubblici, subappalti,
concessioni minerarie a prezzi ridicoli alle multinazionali e compressione del potere
d’acquisto.
I
sindacati attaccano anche la riforma del lavoro che smantella nei fatti il
Trade Union Act del 1926, il riconoscimento dei sindacati diventa a discrezione
del governo rendendo quindi impossibile una vera contrattazione salariale.
Tutti i settori sono stati coinvolti con una particolare presenza di minatori,
insegnanti, personale sanitario, autisti ma anche bancari e impiegati. In
piazza, anche se per ora in maniera piuttosto timida, anche le associazioni
degli agricoltori che, in 50.000, avevano già invaso le strade di Delhi un anno
fa denunciano la depressione economica delle campagne e il peso del debito che
sta portando a un’ondata di suicidi senza precedenti tra i contadini. Incidenti
nell’ovest del Bengala con sassi tirati sugli autobus del governo per
costringerli a fermarsi. Situazione tesissima nel Kerala dove il blocco dei
commerci è stato totale e i manifestanti hanno bloccato in migliaia il
passaggio dei treni.
A
Goa fermi autobus e taxi, mentre nella regione meridionale di Tamil
Nadu come in altre città banche e assicurazioni sono rimaste chiuse. A
Mumbay i 32'000 dipendenti dell’azienda di trasporto locale sono in sciopero
illimitato da martedi per chiedere maggiori salari, a Bangalore alcuni
manifestanti hanno fatto irruzione nei depositi degli autobus danneggiandoli e
impedendo quindi la circolazione. Nella regione centrale di Madhya Pradesh, 20
distretti hanno visto un blocco totale di attività e trasporti. È una
mobilitazione storica che arriva a pochi mesi dalle elezioni generali e che
pone una pesante ipoteca sull’operato del presidente Modi che negli ultimi anni
ha tentato una “modernizzazione” del paese tutto incentrata sugli interessi dei
grandi capitali, comprimendo i salari e rifiutando il confronto coi sindacati.
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