Da NOTAV.INFO
La polizia e i giudici, storie di ordinaria impunità.
Mentre si moltiplicano i casi di cronaca che vedono uomini in divisa
abusare dei propri poteri sfogando i loro più bassi istinti e le loro
frustrazioni su donne ed uomini rei di opporsi alla prevaricazione ed ai
soprusi o più semplicemente di tentare di sopravvivere, la magistratura
torinese continua a prodigarsi nell’assicurare impunità a questi eroi.
Mentre Maya con coraggio denuncia le umiliazioni
e le botte subite in via Veglia, Marta vede negarsi giustizia per
l’ennesima volte. I due poliziotti per i quali era già intervenuta una
scandalosa archiviazione per i reati di violenza sessuale, minacce,
ingiurie, lesioni ed abuso di autorità contro arrestati, possono ora
gloriarsi di una nuova archiviazione per il reato di calunnia.
I due agenti (anche loro in allora in servizio presso il Reparto
Mobile dove Maya è stata trattenuta e picchiata pochi giorni fa) nella
notte del 19.7.2013, dopo avere oscenamente palpeggiata e brutalmente picchiato Marta,
l’avevano anche denunciata per violenza aggravata a pubblico ufficiale e
lesioni in quanto, così si legge nelle loro annotazioni, “facente parte del gruppo dei manifestanti violenti”. I due avevano specificato di aver visto la donna mentre scappava: “non
riusciva a dileguarsi poiché lo stato dei luoghi, costituito da terreno
sconnesso ed il concentrarsi nello stesso punto di personale delle
FF.OO. e manifestanti, le faceva perdere l’equilibrio, rovinando a
terra, verosimilmente procurandosi delle lesioni al viso e su parti del
corpo”. L’allora capo della Digos, Petronzi, in ragione delle
annotazioni dei due agenti, aveva redatto una comunicazione di notizia
di reato con la quale dava atto che Marta era stata indagata “essendo certa la sua partecipazione ai gravi incidenti determinati dai manifestanti”. Sentiti successivamente dalla Procura però gli stessi due agenti avevano invece all’unisono sostenuto: “a
pochi metri davanti a me vidi una persona riversa a terra con il volto
appoggiato al suolo e le braccia spalancate…mi avvicinai alla persona,
che poi mi accorsi essere una donna… guardandola in volto vidi che era
tutto sporco di terra ed aveva una ferita dalla quale sgorgava sangue…”.
Tale improvviso cambio di versione consentì alla Procura ed al GIP di
archiviare la denuncia di Marta, sostenendo che la stessa si era fatta
male da sola o per colpa dei suoi compagni e che i ritenuti abusi
sessuali erano in realtà semplici ed amorevoli manovre di soccorso. Il
caso venne dunque archiviato con lode agli eroici agenti.
Ma allora se gli agenti che prima avevano visto Marta agire tra i “violenti”
per poi scappare cadendo e ferendosi da sola, l’avevano poi invece
vista inerme a terra dopo la fuga dei suoi compagni, PERCHE’ MARTA E’
STATA TRATTENUTA, PORTATA IN CASERMA, TRATTATA COME UN’ARRESTATA,
INDAGATA E PROCESSATA?
Marta se l’è chiesto ed ha dunque denunciato per calunnia i due agenti che in prima battuta l’avevano segnalata come “facente parte dei violenti”
e che quindi avevano dato il via a tutto il trattamento che, come i
suoi numerosi coindagati anch’essi assolti, aveva dovuto subire. Perché
delle due l’una: o gli agenti hanno mentito quando l’hanno indagata
perché “facente parte dei violenti” o hanno mentito dopo quando
hanno riferito ai P.M. di averla trovata inerme a terra in mezzo al
bosco da sola e già ferita. Nel primo caso, a norma del codice penale,
si tratterebbe di calunnia (accusare falsamente qualcuno di aver
commesso dei reati), nel secondo caso si tratterebbe di una menzogna
che ha consentito la vergognosa archiviazione di cui abbiamo già
riferito. Ma non sempre la logica ed il codice dettano le decisioni dei
magistrati. E così il gip ha archiviato anche questa denuncia nei
confronti dei due agenti perché “la differenza riscontrata fra il
contenuto delle relazioni di servizio redatte dagli indagati e le
precisazioni dai medesime rese in sede di sommarie informazioni
testimoniali…..rappresenta una imprecisione ininfluente ai fini della
integrazione dei delitti oggetto del presente procedimento, tenuto anche
conto del fatto che, sin dal momento della comunicazione di notizia di
reato, alla Camposano non è mai stata attribuita alcuna specifica
condotta di violenza o resistenza”. Dunque, proviamo a
ricapitolare: Marta era alla manifestazione. Marta è caduta da sola e si
è ferita da sola. Marta non ha fatto nulla, ma siccome si trovava alla
manifestazione comunque bene hanno fatto ad indagarla. E soprattutto:
raccontare prima di vedere qualcuno tra coloro che commettono atti
violenti per poi cambiare idea e raccontare di aver visto quello stesso
qualcuno inerme e ferito a terra costituisce una semplice ininfluente
imprecisione. Si, vabbè, voi direte: MA INTANTO E’ STATA INDAGATA E
PROCESSATA….ma che volete che sia!
Giusto per mettere i puntini sulle i: attestare in atti la
commissione di un reato è atto dovuto e facente fede; se si scopre che è
stato attestato il falso attribuendo un reato si risponde di calunnia e
non si viene graziati per ININFLUENTE IMPRECISIONE. Indagare qualcuno
semplicemente per aver partecipato ad una manifestazione quando non
viene “attribuita alcuna specifica condotta di violenza o resistenza”
è demenziale, come peraltro attestato dalla giurisprudenza. CONTINUARE A
COPRIRE LE VIOLENZE DELLE FORZE DELL’ORDINE. SIGNIFICA ALIMENTARLE E
SVILIRE IL PROPRIO MANDATO ISTITUZIONALE.
Marta ieri, Maya oggi e centinaia di altri in mezzo continueranno con
coraggio a denunciare gli atti vili degli uomini in divisa non perché
credono nella capacità della magistratura di dare giustizia ma
semplicemente perché una traccia di quelle violenze deve restare e
perché prima o poi certa magistratura dovrà vergognarsi dei suoi atti e
verrà chiamata a risponderne.
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