16/04/20

12 ANNI FA MORIVA ANURADHA GHANDY, DIRIGENTE DEL PARTITO COMUNISTA DELL'INDIA-MAOISTA - La sua tempra, le sue parole vivranno sempre nella lotta rivoluzionaria delle donne di tutto il mondo

Dal calendario 2020 del Collettivo politico comunista Tazebao

Dalla presentazione dell'importante libro di Anuradha Ghandy, avvenuta in varie città dal MFPR

Per richiederlo: mfpr.naz@gmail.com


Anuradha Ghandy era, come dice Arundathy Roy , “differente”. Anuradha Ghandy nasce in una famiglia progressista e già nell’università diventa una leader delle lotte; subito dopo fa l’insegnante e diventa una delle principali attiviste per i diritti umani nel paese. Dopo comincia il suo periodo di lunga clandestinità perchè sceglie di fare appunto una vita “differente”, da comunista, militante. Nel primo periodo fa un lavoro tra gli operai, in particolare tra gli edili, ne organizza molte lotte. Per tre anni sta nelle zone dove opera l’Esercito guerrigliero di liberazione popolare. E' l’unica donna che è stata, finché non è morta, nel Comitato centrale del Partito Comunista dell’India (Maoista) che dirige la guerra popolare in India.

Anuradha Ghandy già da vari anni soffriva di una sclerosi multipla ma a questa si aggiunge la malaria. Lei andò in un ospedale per accertamenti ma poiché era clandestina non diede il suo vero nome. Quando i medici si accorsero che questa malaria era molto avanzata che le distruggeva via via tutti gli organi vitali, non poterono avvisarla e morì il 12 aprile 2008.

Ma questa compagna fino all’ultimo giorno, con tutte le sofferenze, non si è mai fermata un momento; dalla mattina alla sera girava, andava nelle zone dove è in atto la guerra popolare, e per lungo tempo portò avanti un lavoro per organizzare le donne riuscendo ad organizzare il più grosso movimento delle donne adivasi (adivasi significa “popolazione originaria”), trattati dallo Stato e

governo indiano con la politica dei massacri, repressione, che per le donne riserva insieme alle uccisioni, stupri, terribili violenze sessuali. Il movimento delle donne adivasi organizzato da Anuradha Ghandy contava almeno 90mila donne nel Dandakaranya.

Arundathy Roy fa l’introduzione di questo libro, e dice ad un certo punto: io non ho mai avuto la fortuna di incontrare direttamente Anuradha Ghandy, ma andai al suo funerale. La cosa che un po' mi sorprese e sentii fu che tutte le persone che la conoscevano parlavano di lei come di "una persona che aveva fatto tanti sacrifici”, e poi aggiunge “Per me comunque con Anuradha Ghandy ci si imbatte come in qualcuno che felicemente ha barattato noia e banalità per seguire il suo sogno. Non era santa o missionaria. Ha vissuto una vita esilarante che è stata dura, ma appagante”.

Questa è una bella dedica, per dire che l'unica vita che vale la pena di vivere non è una vita fatta di cose effimere, o una vita “tranquilla”, ma una vita in cui lotti, ti senti protagonista. Questa è la vita che consegna a tutte noi compagne, Anuradha Ghandy.

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