Dal calendario 2020 del Collettivo politico comunista Tazebao |
Dalla presentazione dell'importante libro di Anuradha Ghandy, avvenuta in varie città dal MFPR
Per richiederlo: mfpr.naz@gmail.com |
Anuradha Ghandy era, come dice
Arundathy Roy , “differente”. Anuradha Ghandy nasce in una famiglia
progressista e già nell’università diventa una leader delle lotte;
subito dopo fa l’insegnante e diventa una delle principali attiviste per
i diritti umani nel paese. Dopo comincia il suo periodo di lunga
clandestinità perchè sceglie di fare appunto una vita “differente”, da
comunista, militante. Nel primo periodo fa un lavoro tra gli operai, in
particolare tra gli edili, ne organizza molte lotte. Per tre anni sta
nelle zone dove opera l’Esercito guerrigliero di liberazione popolare.
E' l’unica donna che è stata, finché non è morta, nel Comitato centrale
del Partito Comunista dell’India (Maoista) che dirige la guerra popolare
in India.
Anuradha Ghandy già da vari anni
soffriva di una sclerosi multipla ma a questa si aggiunge la malaria.
Lei andò in un ospedale per accertamenti ma poiché era clandestina non
diede il suo vero nome. Quando i medici si accorsero che questa malaria
era molto avanzata che le distruggeva via via tutti gli organi vitali,
non poterono avvisarla e morì il 12 aprile 2008.
Ma questa compagna fino all’ultimo
giorno, con tutte le sofferenze, non si è mai fermata un momento; dalla
mattina alla sera girava, andava nelle zone dove è in atto la guerra
popolare, e per lungo tempo portò avanti un lavoro per organizzare le
donne riuscendo ad organizzare il più grosso movimento delle donne
adivasi (adivasi significa “popolazione originaria”), trattati dallo
Stato e
governo indiano con la politica dei
massacri, repressione, che per le donne riserva insieme alle uccisioni,
stupri, terribili violenze sessuali. Il movimento delle donne adivasi
organizzato da Anuradha Ghandy contava almeno 90mila donne nel
Dandakaranya.
Arundathy Roy fa l’introduzione di questo libro, e dice ad un certo punto: io non ho mai avuto
la fortuna di incontrare direttamente
Anuradha Ghandy, ma andai al suo funerale. La cosa che un po' mi
sorprese e sentii fu che tutte le persone che la conoscevano parlavano
di lei come di "una persona che aveva fatto tanti sacrifici”, e poi
aggiunge “Per me comunque con Anuradha Ghandy ci si imbatte come in
qualcuno che felicemente ha barattato noia e banalità per seguire il suo
sogno. Non era santa o missionaria. Ha vissuto una vita esilarante che è
stata dura, ma appagante”.
Questa è una bella dedica, per dire
che l'unica vita che vale la pena di vivere non è una vita fatta di cose
effimere, o una vita “tranquilla”, ma una vita in cui lotti, ti senti
protagonista. Questa è la vita che consegna a tutte noi compagne,
Anuradha Ghandy.
Questo era Anuradha Ghandy e questo è stata dall'inizio alla fine.
Anuradha Ghandy non era un
intellettuale nel senso classico della parola, era prima di tutto una
militante, per cui la teoria era strettamente legata alla pratica, non
faceva teoria limitandola alla conoscenza, divulgazione; faceva teoria
come se fosse un'arma, un “fucile in spalla” contro lo Stato,
In India, uno dei più grandi
continenti - per cui ciò che accade in questo continente acquista una
dimensione e rilevanza grandissima – vi è la massima sintesi della
condizioni di oppressione verso le donne. Gli stupri e le uccisioni
delle donne che sono i più numerosi nel mondo sono di tre tipi. Sono
uccisioni, stupri fatti per l'esistenza della realtà semifeudale, frutto
del patriarcalismo tribale, per cui gli stessi capi dei villaggi sono
parte integrante dell'azione di violenze fatti dai maschi; a questo si
unisce la violenza “moderna” dell'imperialismo nelle città che in India
sono immense che porta all'abbrutimento delle persone, e di cui le donne
sono le principali vittime. L'India mostra come l'imperialismo, le
situazioni più avanzate si coniugano bene, dal loro punto di vista, con
le forme di oppressione più aberranti, patriarcali. E le donne si
trovano colpite da entrambe le realtà.
Ma c'è un terzo aspetto, forse quello
più terribile: gli stupri e uccisioni vengono usati come arma di guerra.
L'esercito quando va a “liberare” per conto delle multinazionali intere
zone usa gli stupri e le violenze sessuali verso le donne; nelle
carceri, le donne e le compagne sono torturate nella maniera più
terribile, ad una donna vennero infilate delle pietre nella vagina.
E' la reazione dello Stato e del
governo fascista indiano alla guerra popolare in corso da vari anni, in
cui le donne sono il 60% dell'Esercito popolare, in cui le donne sia
negli organismi di massa che nel Partito sono spesso la maggioranza,
sono nella direzione, sono coloro che portano avanti la “rivoluzione
nella rivoluzione” mentre fanno la guerra di popolo.
Chiaramente questo non è che sia ben
visto dalla stampa e mass media in generale, anche per questo si “parla
poco dell'India”, come molti dicono.
Dall'altra parte l'India è il paese in
cui c'è il massimo sviluppo del movimento di lotta delle donne, sia in
termini di sviluppo di scioperi, anche quest'anno ci sono state scioperi
di lavoratrici, e qui parliamo di milioni in sciopero, in piazza; sia
come sviluppo delle lotte nelle zone in cui vi sono stati stupri e
uccisioni efferati di donne, bambine, così come lì dove il governo
indiano porta uno “sviluppo” capitalista con processi di espropriazione
delle terre, trasferimenti forzati, militarizzazione, con l'uso di
massacri di massa da parte dell'esercito per “liberare” dai popoli
queste zone per l'insediamento di multinazionali, tra cui anche la
Mittal, la Tata, ecc. E in queste zone contro la “Caccia verde” (Green
Hunt) come viene chiamata, la maggiorparte delle popolazioni è formata
da donne e sono soprattutto le donne che resistono, lottano contro
questa politica di devastazione dello Stato indiano.
Anuradha Ghandy in una intervista dice
che cosa ha significato la guerra popolare, la lotta armata per le
donne. La lotta armata ha significato emancipazione, passare da una
situazione di estrema oppressione, tripla oppressione alla possibilità
di decidere, di essere determinanti nella vita delle donne, dell'intera
popolazione. Anuradha Ghandy diceva: "la guerra popolare ha mandato in
frantumi le esitazioni delle donne, ha raddoppiato la loro forza per
ribellarsi, ha mostrato il cammino per la liberazione della donna.
Esiste un legame tra la società semifeudale/semicoloniale e
l'imperialismo e l'oppressione della donna... e si è dimostrato una
volta di più che è corretto il principio marxista che possiamo portare
avanti la lotta contro il patriarcato solamente con la lotta per porre
fine a questo sistema”. ".
Un esempio di questo l'abbiamo avuto
anche noi: le partigiane che fino al giorno prima erano spesso donne che
facevano una vita normalissima, anche se non certo esaltante, nella
Resistenza, nell'essere protagoniste della guerra di popolo, come di
fatto fu la Resistenza antifascista e antinazista, si trasformarono da
un giorno all'altro; diventano protagoniste non solo della propria vita,
ma della società. Ecco cosa significa per le donne la guerra di popolo.
Anuradha Ghandy diceva che la guerra
di popolo è quella più adeguata alla battaglia delle donne, perchè le
donne hanno una battaglia molto lunga da fare, e quindi la guerra
popolare di lunga durata è ciò che le consente di fare un percorso che
abbracci tutti gli aspetti, non solo quello militare di lotta contro il
governo, lo Stato, l'imperialismo, ma anche quello di distruzione via
via di tutte le sovrastrutture, di tutte le oppressioni.
Il libro di Anuradha Ghandy ha una
particolarità che può sembrare strana: è fatto da una compagna indiana
ma parla delle tendenze filosofiche nel femminismo occidentale. Come
mai? Lei lo spiega nell'introduzione. Dice che queste tendenze hanno
avuto molta influenza anche nel movimento delle donne in India e quindi
era necessario andare alle “origini”, fare questa analisi critica delle
tendenze andandole a prenderle dalle loro prime teoriche. E questo è
giusto, perchè quando una teoria, una tendenza si diffonde, penetra in
altre realtà, chiaramente un po' cambia, però il problema è di andare ad
intaccarne il fulcro, da dove è nata, come si espressa, le concezioni,
ecc., per far chiarezza o piazza pulita. Questo fa Anuradha Ghandy.
E' un libro diverso da altri. Qui
sempre Arundathy Roy ad un certo punto nel descrivere lo stile di
scrittura di Anuradha Ghandy dice che è come se buttasse delle “bombe”
quando analizza quelle tendenze. Dice: “alcune delle sue affermazioni
esplodono fuori dalla pagina come bombe a mano e le rende molto più
personali. Leggendole si intravede la mente di qualcuno che avrebbe
potuto essere un serio studioso, accademico, ma fu sopraffatto dalla sua
coscienza e trovò impossibile sedersi e teorizzare semplicemente le
terribili ingiustizie che vedeva attorno a lei. Questi scritti rivelano
una persona che sta facendo tutto il possibile per collegare teoria e
pratica, azione e pensiero”.
Anche la maniera con cui in questo
testo vengono analizzate le tendenze è abbastanza diversa. Anuradha
Ghandy prende tendenza per tendenza. Prima dà una visione storica
d'insieme del movimento delle donne in occidente, dai primi movimenti in
America, Inghilterra, ecc. Su questo c'è una questione importante.
Anuradha Ghandy dà molto valore al movimento femminista, anche se poi ne
vede i limiti. Ma dice che senza il movimento femminista non ci sarebbe
stato né un vasto movimento delle donne, né una presa di coscienza in
generale su cosa è la società, sul patriarcalismo, femminismo, ecc. Lei
dice: “Il movimento ha costretto uomini e donne a guardare in modo
critico i loro atteggiamenti e pensieri, le loro azioni, le loro parole
riguardo alle donne. Il movimento sfidò vari atteggiamenti patriarcali e
anti-donna che contaminarono anche i movimenti progressisti e
rivoluzionari e influenzarono la partecipazione delle donne in essi.
Nonostante le confusioni e le debolezze teoriche il movimento femminista
ha contribuito in modo significativo alla nostra comprensione della
questione delle donne nel mondo attuale. Il movimento mondiale per la
democrazia e il socialismo è stato arricchito dal movimento delle
donne”.
Questo è importante. Questa
affermazione non è, anche tuttora, affatto scontata in alcuni movimenti,
organizzazioni, partiti che sono comunisti, rivoluzionari, anche
marxisti-leninisti-maoisti, che però rispetto al movimento femminista,
al movimento delle donne hanno come una cesura.
Anuradha Ghandy invece rovescia la
questione. Lei che era comunista, che è stata nel CC del PCI(M), dice
che il movimento femminista è una ricchezza.
Tornando al testo. Anuradha Ghandy fa
un'analisi delle varie tendenze: femminismo liberale, femminismo
radicale, l'anarco-femminismo, l'eco-femminismo, il femminismo
socialista, post modernismo e femminismo.
Per ogni tendenza, prima fa un'analisi
e ne spiega i nuclei teorici, poi fa una critica a questi nuclei e poi
fa una sintesi delle debolezze e aspetti negativi.
Questo metodo fa sì che anche se lei
affronta questioni teoriche abbastanza complesse, le rende abbastanza
semplici e chiare, perchè restino le questioni principali. Un'altra cosa
che viene fuori è che vengono affrontate non solo le tendenze
principali ma, poiché in ognuna di esse ci sono altre “sottotendenze”,
anche le tendenze derivanti dalle principali o che se ne sono distinte.
Sul “Femminismo liberale” Anuradha
Ghandy nella sintesi scrive:“Si concentra sui diritti individuali
piuttosto che sui diritti collettivi”. Che vuol dire? Che le teorie
portate avanti dal Femminismo liberale dicono che “ognuno deve
liberarsi”, quindi sarebbe un processo individuale che si oppone di
fatto ad un processo di lotta collettiva.
Poi Anuradha Ghandy continua “È
limitato ai cambiamenti della legge, alle opportunità di istruzione e
impiego, alle misure di welfare ecc. E non mette in discussione le
strutture economiche e politiche della società che generano
discriminazioni patriarcali. Quindi è riformista nel suo orientamento,
sia nella teoria che nella pratica”. Quindi, a teorie corrisponde una
politica di affidamento alla legge, di cambiare la legge, di riformare
questa società, e pertanto si oppone ad una politica che dice invece che
non è certo un cambiamento delle leggi, fermo restando questo sistema,
che può effettivamente liberare le donne.
Sul femminismo radicale Anuradha
Ghandy affronta anche tematiche molto attuali, per esempio il
separatismo. C'è nel libro un'analisi e una critica molto sofisticata,
ma nello stesso tempo molto chiara. Anche questa tendenza la conosciamo,
è presente nel movimento femminista che si identifica in Nudm, anche se
all'interno di questo grosso contenitore poi ci sono varie posizioni.
Alcune realtà femministe anche nel
nostro paese, teorizzano, non tanto la necessità che le donne si diano
un'organizzazione specifica, un momento separato per trovare forza –
questo lo diciamo anche noi -, ma un separatismo strategico, in cui sono
gli uomini tout court il nemico principale. Questo devia la lotta dallo
scontro contro il sistema di produzione, oggi capitalista,
imperialista.
Noi siamo “separatiste” nel senso che
riteniamo assolutamente necessario che le donne si diano una propria
organizzazione, per costruirsi le proprie armi, essere così più forti
per portare questa forza all'interno del movimento proletario più
generale. Senza questa propria organizzazione, non è vero che le donne
pesano. Quindi “separata” non nel senso strategico, ma come necessità di
unità, di forza delle donne.
Anuradha Ghandy, lei che ha
organizzato 90mila donne, questo lo affronta. Ma dice: il femminismo
radicale, questa tendenza a teorizzare il separatismo, a cosa poi porta?
Porta a non vedere qual'è la contraddizione principale, il nemico
principale, Rende principale la contraddizione uomo-donna e quindi
nasconde la contraddizione principale: il sistema borghese,
imperialista. Questo femminismo può apparire più rivoluzionario ma la
conseguenza è il rischio di scadere nel riformismo, perchè tu non lotti
per rovesciare una società che inevitabilmente perpetua la
contraddizione maschilista, sessista, bensì riduci la lotta alla
contraddizione di genere. In questo modo questo “separatismo” va bene al
gruppo ma non è in sintonia con la grande realtà delle donne più
oppresse e sfruttate da questo sistema borghese.
Sul Femminismo radicale, Anuradha
Ghandy affronta soprattutto un nodo importante, cioè il rapporto tra
produzione e riproduzione e il ruolo delle donne in essi. Il Femminismo
radicale dice, in estrema sintesi, che le donne sono oppresse perchè
sono state destinate alla mera riproduzione, che tra l'altro non viene
neanche riconosciuta, e che si esplica sia nella riproduzione delle
forze lavoro che il capitale userà, che nel lavoro di cura di queste
forze. Anuradha Ghandy dice, però, che assumere l'aspetto della
riproduzione come centrale, fa sì che lo scontro non è con il sistema e i
rapporti di produzione che ne sono alla base, ma diventa: “Rendere la
contraddizione tra uomini e donne come la principale contraddizione che
giustifica il separatismo”.
Altro esempio di attualità è la
critica all'eco-femminismo. Anuradha Ghandy dice che questa tendenza
denuncia che lo sviluppo capitalista è uno sviluppo che distrugge
l'ambiente. Che è vero. Però qual'è la risposta? La risposta è: torniamo
all'economia precedente, all'economia agricola, ecc. Quindi questa
tendenza diventa una sorta di teorizzazione dell'andare indietro,
rispetto allo sviluppo dei rapporti di produzione.
Scrive Anuradha Ghandy:
“Nell’eco-femminismo la natura è la categoria centrale dell’analisi...
E' stato visto che le donne sono state in prima linea nelle lotte per
proteggere la natura...”.
Dove va a finire questa tendenza? Va a
finire nel dire che l'industria in sé è negativa. Mentre la produzione
di prima sarebbe invece positiva e quindi bisogna tornare
all'agricoltura non industrializzata.
Ma nelle campagne, e lo vediamo
benissimo anche ora in particolare con le migranti, ma non solo, le
donne venivano trattate da schiave. Quindi, tutta questa bellezza non
c'era. Questa tendenza, quindi, alla fine porta ad una posizione
arretrata, conservatrice. Essa vede solo gli effetti: “distrugge
l'ambiente” e non la causa, il capitale e quindi che bisogna togliere
l'industria e non invece che bisogna eliminare il sistema del capitale
che usa lo sviluppo delle forze, produttive, della produzione avendo
come obiettivo solo il suo profitto e non lo sviluppo e il benessere di
tutti.
Questa tendenza, scrive Anuradha
Ghandy, “difende acriticamente le pratiche tradizionali... Afferma
che... in questa civiltà (quella antica - ndr) in cui la produzione era
di sussistenza, per soddisfare i bisogni vitali fondamentali delle
persone, le donne avevano uno stretto legame con la natura... In realtà
ciò si sta glorificando è la piccola economia contadina precapitalista
con le sue strutture feudali e le sue estreme disuguaglianze. In questa
economia le donne hanno faticato per lunghe ore nel lavoro massacrante
senza alcun riconoscimento del loro lavoro...”.
Le donne non hanno interesse tornare
indietro, ma hanno interesse a lottare contro chi per il mantenimento
della propria classe sfruttatrice fa della produzione un'arma di morte,
che distrugge ambiente e persone.
In un altra parte del testo troviamo
la critica alla teoria della “differenza sessuale” che anche da noi, in
Italia, era molto in voga qualche anno fa. Questa tendenza partiva da
un'affermazione che si poteva anche condividere ma alla fine portava a
dire che la differenza tra uomo e donna, i valori di cui le donne erano
portatrici (dalla non violenza, alla cura dell'altro, ecc.) erano da
rivendicare, anzi da farne la propria identità, contro; vanno
riconosciuti come positivi, valorizzati in differenza con il maschio.
Viene di fatto operato un rovesciamento delle questioni: ciò che è
negativo viene interpretato come positivo, quindi invece di portare ad
una lotta che elimini gli aspetti del ruolo della donna, che poi sono di
oppressione, viene dato ad essi una valenza positiva.
Anuradha Ghandy scrive: “Le femministe
culturali hanno fatto un ulteriore passo in avanti enfatizzando le
differenze essenziali tra maschi e femmine e affermando che i tratti e i
valori femminili (non femminili) sono desiderabili. Questo argomento
fornisce la base biologica delle differenze tra maschi e femmine più
importante dell’educazione sociale. Questo è in effetti un argomento
controproducente perché le forze conservatrici nella società hanno
sempre usato tali argomenti (chiamati determinismo biologico) – per dire
che le donne sono differenti. Per cui se tu ti batti anche solo per
l'uguaglianza, stai negando la differenza femminile che invece va
valorizzata, perchè positiva – ndr - per giustificare il dominio su una
parte del popolo. Gli schiavi erano schiavi perché avevano quei tratti e
dovevano essere governati, non potevano badare a se stessi. Le donne
sono donne e gli uomini sono uomini e sono fondamentalmente diversi,
quindi anche i ruoli sociali per donne e uomini sono diversi. Questo è
l’argomento dato dalle forze conservatrici reazionarie che si oppongono
alla liberazione delle donne”.
Anuradha Ghandy analizza le varie
tendenze legandole allo sviluppo della società. Per esempio, all'inizio
fa l'analisi del femminismo liberale e lo lega agli inizi della società
borghese. Poi dice, questo movimento liberale viene meno non tanto
perchè vi è stata una critica ma perchè il sistema va avanti e le stesse
tendenze cambiano, e quindi si passa dal femminismo liberale al
femminismo radicale; da un femminismo che chiedeva allo Stato di attuare
delle leggi, degli interventi per i diritti delle donne, a un
femminismo che pensa che non questo Stato possa dare i diritti ma che
questo Stato si debba quanto meno trasformare.
Anuradha Ghandy poi analizza il
Femminismo socialista. Anuradha Ghandy dice che non è riducibile a
“uno”; "c'è anche un ampio spettro tra loro. A un'estremità dello
spettro c'è una sezione chiamata femministe marxiste... all'altro
estremo ci sono quelle che si sono concentrate su come l'identità di
genere viene creata attraverso le pratiche dell'educazione dei figli".
Sulle femministe marxiste scrive che
esse hanno colto da Marx l'analisi per cui alla base c'è la produzione e
la riproduzione, però poi se ne sono allontanate, cogliendo solo
l'aspetto della riproduzione, e hanno criticato il marxismo perchè
avrebbe colto solo la questione delle basi economiche, quindi la lotta
di classe e non la lotta di genere. Poi mettendo al centro l'aspetto
della riproduzione vedono storicamente solo l'aspetto della divisione
del lavoro. Ma Anuradha Ghandy dice che la divisione del lavoro in sé
non era già subordinazione. Anuradha Ghandy scrive che vedere solo la
divisione del lavoro si resta ad un livello primordiale, anche tra gli
animali vi è una sorta di divisione del lavoro. Nel periodo del
matriarcato la divisione del lavoro era una divisione naturale e le
donne, proprio perchè avevano un ruolo più sociale, una sorta di “cape”
della comunità, erano molto considerate. Una divisione, quindi, che non
metteva l'uomo in una posizione di potere. Quando invece succede questo?
Con la proprietà privata. Nel momento in cui vi è uno sviluppo degli
strumenti, si passa dalle attività fatte a mano ai primi attrezzi usati
dall'uomo, e quindi vi è una produzione maggiore di quella che bastava
alla famiglia, vi è una sorta di accumulo di beni, qui comincia ad
esserci quella proprietà privata. Proprietà privata in cui la prima
divisione del lavoro avviene tra uomo e donna. Le donne perdono quel
potere che avevano, e qui vi è la base storico materialistica che dà
origine al ruolo di subordinazione, all'oppressione delle donne.
Anuradha Ghandy, quindi, analizza
anche la tendenza a vedere come centrale l'intervento nel campo delle
idee, dell'educazione, solo nel campo sovrastrutturale. Da qui,
l'importanza dell'educazione nelle scuole, nella società, ecc. Certo,
tutto serve. Ma se tu metti da parte i rapporti di produzione, il
sistema del capitale, è come se tu pensassi di svuotare il mare con un
cucchiaio; tu cerchi di fare un'educazione diversa e il governo fa leggi
che fanno della scuola un luogo di propaganda del pensiero più
reazionario, fascista, sessista... Quindi, devi distruggere la causa.
Noi abbiamo detto in altri momenti che
è come se si rovescia la questione, si mette la “testa in giù e i piedi
in aria”. Nel senso che invece di partire da quelle che sono le ragioni
materiali, si parte dalla testa, si parte dal fatto che bisogna
cambiare le idee; quindi, tutta la lotta diventa una battaglia
culturale, per trasformare la cultura, nelle scuole, l'educazione nella
scuola, nella famiglia, nei mass media.
Queste posizioni sono molto presenti
nel movimento di Nudm. Chiaro che ci sta anche questo fronte culturale,
ma non si intacca la base centrale che produce quel tipo di cultura.
Queste teorie sono molto propagandate
da alcuni settori sociali più predisposti a fare questo tipo di
battaglie culturali, la piccola borghesia. .
Anuradha Ghandy fa chiarezza anche su
un uso a volte non corretto del “patriarcalismo”. In India – scrive -
c'è un sistema semifeudale e quindi il patriarcalismo corrisponde al
sistema. In un paese imperialista come il nostro, in cui il
patriarcalismo non può reggersi su una base feudale o semifeudale, il
sistema capitalista, pur nella sua fase più avanzata, ha interesse ad
usare tutte le armi, e quindi anche il patriarcalismo, ma occorre
lottare contro questo sistema che non è arretrato, bensì avanzato.
In conclusione, questo libro di
Anuradha Ghandy è importante perchè parla a noi, parla delle tendenze
che troviamo anche in Italia, quindi ci dà strumenti per analizzarle.
E' una sorta di guida, “manuale” che
noi possiamo non solo leggere, ma usare. Non basta limitarsi a dire:
“femminismo piccolo borghese”, o limitarsi a fare una denuncia umorale,
fenomenica; occorre studiare, analizzare criticamente, vedere le
differenze, come anche i contributi, senza ridurre le tendenze ad uno.
Studiamolo, quindi, questo libro,
diffondiamolo. Porteremo una ricchezza non solo nel movimento ampio
delle donne, ma anche nel movimento comunista nel nostro paese e a
livello internazionale.
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
Italia
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