Tre donne che avevano partecipato il 20 maggio alla Garbatella alla
contestazione contro il banchetto dell'estrema destra sono state
convocate dalle forze dell'ordine. A loro è stato notificato un
provvedimento previsto dal Codice Antimafia
Quando essere antifasciste rende “socialmente pericolose”
Nel caldo luglio
romano sì è dipanato un piccolo mistero, che può avere significati più
grandi per chi voglia leggerli. L’aria è resa ancora più pesante dalla
propaganda razzista del Governo tra chiusura dei porti e inni alla
legittima difesa che producono effetti aberranti come il caso della
bimba colpita da un proiettile ad aria compressa. Siamo nella Roma della
#Raggi piena di monnezza ai bordi delle strade, nella Roma degli sgomberi della comunità Sudanese di via #Scorticabove e del #CampingRiver di via Tiberina , siamo nella Roma che minaccia di porre fine ad esperienze storiche come la Casa Internazionale delle Donne e tanti altri centri antiviolenza, spazi sociali e altre realtà associative fondamentali per la tenuta sociale della città.
E nello specifico siamo nel quadrante
sud, zona San Paolo-Garbatella, dove un gruppetto di donne, un bel
giorno di luglio, riceve un invito a presentarsi in Questura. Quello che
ricevono è un “avviso orale” meglio conosciuto come “articolo 1”, per
gli esperti articolo 3 del dlgs n. 159/2011, anche detto Codice
Antimafia. (I 99 Posse lo spiegano molto bene qui https://www.youtube.com/watch?v=vTF-1FO6xRo).
Un provvedimento riservato a persone socialmente pericolose, che si
sono dimostrate “dedite alla commissione di reati” e che in sostanza
vengono invitate a non peccare più. Il bello è che a nessuna di loro
viene specificato quali sarebbero questi reati, anzi, ad alcune di loro
viene chiesto: “ma cosa ha fatto negli ultimi anni?”….” Mah… un figlio o
due, qualche lavoro precario, qualche assemblea cittadina, qualche
flash mob… ma nulla che mi faccia sentire pericolosa”, questa è la
risposta che affiora alle labbra, ma che si perde nel non sense della
situazione.
Le donne in questione sono infatti
persone attive in diversi ambiti: la difesa dell’acqua pubblica, del
popolo palestinese, dei beni e degli spazi comuni, dei diritti di TUTTI e
TUTTE ad avere una vita dignitosa. Ma lo sono da anni, anzi, forse
alcune di loro erano molto più attive qualche anno fa, ma non erano mai
state raggiunte da un provvedimento minaccioso come questo. Allora ci si
chiede: cos’è che l’ha fatto scattare? Qualcosa accaduto negli ultimi
mesi senz’altro, nel quadrante di di San Paolo… qualcosa al quale erano
presenti tutte coloro che hanno ricevuto la chiamata della Questura, per
ritirare la notifica dell’articolo 1 o una denuncia non meglio
specificata. Una sola è la risposta: la contestazione al banchetto di
Casa Pound del 20 maggio. Più che un banchetto un’ “adunata sediziosa”,
per riprendere il linguaggio del provvedimento ricevuto (o del Marchese
del Grillo), visto che per dare dei volantini (bianchi) con il simbolo
di CasaPound, si sono radunati circa 50 loschi figuri con caschi,
nascosti come guardoni tra gli alberi di Largo Leonardo Da Vinci. Una
provocazione, anche piuttosto antiestetica, alla quale un gruppo di
donne residenti ha risposto radunandosi spontaneamente per cantare Bella
Ciao e ricordare che fascisti e razzisti non sono benvenuti nelle
nostre strade. Niente di sconvolgente insomma!
Ma l’arrivo di questi provvedimenti rende
la situazione ancora più inquietante dei pelati barbuti comparsi quel
giorno: fa pensare che si diventi “socialmente pericolose” per aver
ridicolizzato qualche “fascista del terzo millennio” che è andato a
piangere in Questura…o che provvedimenti di questo tipo scattino non per
la pericolosità di ciò che viene fatto (cantare Bella Ciao), ma per
quello che si dice o che si urla e verso quale “specie protetta” sono
rivolte quelle proteste.
Se così fosse più che di donne
“socialmente pericolose”, dovremmo preoccuparci della nostra società,
che è realmente in pericolo.
E dovremmo farlo tutt@, visto che sono
anni che chi difende i principi dell’antifascismo e lotta sui propri
territori viene costantemente colpito da meccanismi repressivi simili o
peggiori di questi.
Per quanto ci riguarda noi continueremo a
farlo, perché crediamo nella giustizia sociale, nei diritti per tutte e
tutti e nella legittimità di lottare per conquistarli e difenderli.
Perché crediamo che in un Paese che sta identificando i più deboli come i
nemici numeri uno, ci sia ancor più bisogno di questo.
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