Subito dopo la bocciatura sono scoppiate le proteste nelle piazze della capitale, la polizia usa gli idranti per disperdere le attiviste
Dopo mesi di mobilitazioni e l'approvazione da parte della Camera, il Senato argentino respinge la legge per l'aborto legale.
Ieri il Senato argentino era chiamato a esprimersi in maniera definitiva sulla proposta di legge per la depenalizzazione dell'aborto nel paese, che aveva già ricevuto il via libera della Camera lo scorso 14 giugno. Dopo una discussione durata 16 ore, a tarda notte è arrivata la decisione: con 38 voti contrari, 31 favorevoli e 2 astenuti il Senato ha bocciato la legge.
Per una manciata di voti, l’interruzione volontaria di gravidanza in Argentina continuerà dunque a essere prevista esclusivamente in caso di stupro o di pericolo di vita per la donna: una legge estremamente restrittiva che ogni anno costringe centinaia di migliaia di donne a ricorrere agli aborti clandestini, mettendo a repentaglio la propria salute e la propria vita e rischiando il carcere. Il progetto di legge bocciato dal Senato avrebbe invece reso legale l’IVG entro la 14esima settimana, in modo sicuro e gratuito. Ora il progetto non potrà essere ripresentato prima di un anno.
Il percorso di approvazione della legge è stato accompagnato in questi mesi da una mobilitazione straordinaria di milioni di donne in tutto il paese, riunite nella “Campagna per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito”. Una battaglia che ha saputo fare pressione e che ha portato al centro del dibattito la libertà delle donne di decidere sul proprio corpo, inondando le strade argentine con la marea verde, sostenuta anche da una vasta solidarietà internazionale.
“Educazione sessuale per decidere, anticoncezionali per non abortire, aborto legale per non morire” lo slogan che anche ieri risuonava in tutta l’Argentina. Per le strade di Buenos Aires una manifestazione oceanica di più di 2 milioni di persone ha infatti atteso per ore l’esito del voto, assediando il Parlamento, mentre in tantissime parti del mondo era stato raccolto l’appello a una mobilitazione internazionale per sostenere la lotta argentina, con cortei, presidi e iniziative sotto i consolati e le ambasciate. Alla notizia della bocciatura è esplosa la rabbia attorno al Parlamento argentino e le prime notizie riportano di scontri con la polizia e di alcuni arresti.
Nonostante la rabbia e la delusione per la decisione del Senato, il movimento argentino ha accolto l’esito del voto al grido di “Mañana seguimos!” (Domani continuiamo!), rilanciando in avanti per proseguire questa battaglia con ancora più forza e determinazione e preparandosi già a riproporre l'iter tra un anno. La vastissima mobilitazione che si è espressa in questi mesi ha rappresentato infatti un risultato straordinario, segnando un percorso su cui non è possibile tornare indietro.
En la calle ya es ley!
Ieri il Senato argentino era chiamato a esprimersi in maniera definitiva sulla proposta di legge per la depenalizzazione dell'aborto nel paese, che aveva già ricevuto il via libera della Camera lo scorso 14 giugno. Dopo una discussione durata 16 ore, a tarda notte è arrivata la decisione: con 38 voti contrari, 31 favorevoli e 2 astenuti il Senato ha bocciato la legge.
Per una manciata di voti, l’interruzione volontaria di gravidanza in Argentina continuerà dunque a essere prevista esclusivamente in caso di stupro o di pericolo di vita per la donna: una legge estremamente restrittiva che ogni anno costringe centinaia di migliaia di donne a ricorrere agli aborti clandestini, mettendo a repentaglio la propria salute e la propria vita e rischiando il carcere. Il progetto di legge bocciato dal Senato avrebbe invece reso legale l’IVG entro la 14esima settimana, in modo sicuro e gratuito. Ora il progetto non potrà essere ripresentato prima di un anno.
Il percorso di approvazione della legge è stato accompagnato in questi mesi da una mobilitazione straordinaria di milioni di donne in tutto il paese, riunite nella “Campagna per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito”. Una battaglia che ha saputo fare pressione e che ha portato al centro del dibattito la libertà delle donne di decidere sul proprio corpo, inondando le strade argentine con la marea verde, sostenuta anche da una vasta solidarietà internazionale.
“Educazione sessuale per decidere, anticoncezionali per non abortire, aborto legale per non morire” lo slogan che anche ieri risuonava in tutta l’Argentina. Per le strade di Buenos Aires una manifestazione oceanica di più di 2 milioni di persone ha infatti atteso per ore l’esito del voto, assediando il Parlamento, mentre in tantissime parti del mondo era stato raccolto l’appello a una mobilitazione internazionale per sostenere la lotta argentina, con cortei, presidi e iniziative sotto i consolati e le ambasciate. Alla notizia della bocciatura è esplosa la rabbia attorno al Parlamento argentino e le prime notizie riportano di scontri con la polizia e di alcuni arresti.
Nonostante la rabbia e la delusione per la decisione del Senato, il movimento argentino ha accolto l’esito del voto al grido di “Mañana seguimos!” (Domani continuiamo!), rilanciando in avanti per proseguire questa battaglia con ancora più forza e determinazione e preparandosi già a riproporre l'iter tra un anno. La vastissima mobilitazione che si è espressa in questi mesi ha rappresentato infatti un risultato straordinario, segnando un percorso su cui non è possibile tornare indietro.
En la calle ya es ley!
La battaglia delle donne argentine per l’aborto non si ferma
Abbiamo vinto. Di fronte alle menti arretrate si è imposta una
fervente gioventù che ha trovato nel fazzoletto verde, emblema del
movimento delle donne argentine, un simbolo di uguaglianza. Abbiamo
vinto i fondamentalismi, perché è diventato evidente ed è stato messo in
discussione il sostegno del culto cattolico da parte dello stato e la
pretesa della gerarchia ecclesiastica di influenzare le politiche di
sanità pubblica e di istruzione. E ora nelle strade si vendono i
fazzoletti arancioni, la bandiera della richiesta di separazione tra
chiesa e stato.
Abbiamo vinto, perché le argomentazioni basate su convincimenti religiosi hanno rivelato le bugie di chi è contrario ai diritti. Abbiamo vinto, perché l’aborto ha smesso di essere un tabù ed è uscito allo scoperto, socialmente depenalizzato. Abbiamo vinto, perché madri e nonne hanno raccontato alle loro figlie e alle loro nipoti dei loro aborti, perché gli adolescenti hanno portato il dibattito nelle loro case e scuole. Abbiamo vinto, perché il mondo ci ha guardato e ha scoperto che in Argentina le donne non hanno ancora il diritto di decidere sui loro corpi e siamo stati vergognosamente additati come un paese in cui noi donne non godiamo ancora della piena cittadinanza.
Abbiamo vinto, perché le argomentazioni basate su convincimenti religiosi hanno rivelato le bugie di chi è contrario ai diritti. Abbiamo vinto, perché l’aborto ha smesso di essere un tabù ed è uscito allo scoperto, socialmente depenalizzato. Abbiamo vinto, perché madri e nonne hanno raccontato alle loro figlie e alle loro nipoti dei loro aborti, perché gli adolescenti hanno portato il dibattito nelle loro case e scuole. Abbiamo vinto, perché il mondo ci ha guardato e ha scoperto che in Argentina le donne non hanno ancora il diritto di decidere sui loro corpi e siamo stati vergognosamente additati come un paese in cui noi donne non godiamo ancora della piena cittadinanza.
Non ci hanno mai regalato niente. Per studiare all’università, per
avere il diritto di voto, per essere in grado di decidere sulla vita dei
nostri figli, per avere libero accesso agli anticoncezionali abbiamo
sempre dovuto scendere in piazza e combattere. Le lotte femministe i
margini. I voti che sono mancati per depenalizzare e legalizzare
l’aborto sono solo una pietra d’inciampo sul cammino. Non è stato ieri.
Sarà domani.
Da Internazionale, Traduzione di Stefania Mascetti
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