Da L’Agenda delle Donne, il Blog di Patrizia Cordone
sommario, prologo ed articolo di Patrizia Cordone, agosto 2018. ©L’Agenda delle Donne, il Blog di Patrizia Cordone. Diritti d’autore riservati.
biografie tratte dal sito dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980
Che si restituisca la memoria di ciò che furono le loro esistenze
spazzate via da quell’attentato del 2 agosto 1980 a Bologna. Che le si
ricordi con i loro nomi e cognomi, le trentatrè donne, da Angela Fresu,
la più piccina, alla più anziana rimaste vittime di quella terribile
strage a tutt’oggi la più grave mai avvenuta dal dopoguerra in poi nel
nostro paese ed ancora senza né mandanti, né indennizzi per le-i
sopravvissute-i tantomeno per i familiari. A distanza di trentotto anni.
sommario, prologo ed articolo di Patrizia Cordone, agosto 2018. ©L’Agenda delle Donne, il Blog di Patrizia Cordone. Diritti d’autore riservati.
biografie tratte dal sito dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980
Dei segnali avevano preceduto quella
strage: nel giugno 1980 un documento acquisito dalla Corte d’Assise di
Bologna con la segnalazione della preparazione di un attentato da parte
dell’estrema destra; il 10 luglio 1980 l’allerta comunicata da Luigi
Presilio Vettore, detenuto per reati comuni, in presenza del suo
avvocato comunicata al giudice di sorveglianza circa l’imminenza di
un’azione sanguinosa di vasta portata per opera della destra ed infine
il rapporto del Sisde, scritto dal colonnello Amos Spiazzi con dei
riferimenti al possibile funesto evento. Ma quel 2 agosto 1980 alle ore
10.25 alla stazione di Bologna la bomba deflagrò uccidendo
ottantacinque persone e ferendone duecento. Tra mille tentennamenti ed
innumerevoli depistaggi nel 1995 la Corte di Cassazione ha condannato in
via definitiva all’ergastolo Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, come
esecutori del terribile atto e componenti dei N.A.R., Nuclei Armati
Rivoluzionari, gruppo di estrema destra, mentre sconosciuti sono i
mandanti ipotetici, seppure siano stati rilevati dei collegamenti tra i
servizi segreti e la criminalità organizzata, come la banda della
Magliana. Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione tra i familiari
delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980,
ha rilasciato un’intervista all’Espresso il 1. agosto 2017 molto
meritevole di essere letta e sedimentata, laddove denuncia l’operato
anomalo della magistratura bolognese con troppe facili archiviazioni
circa i mandanti “su una serie di “non indagini” che lasciano perplessi“;
con la trascuratezza (!?) dei giudici riguardo le acquisizioni,
attinenti i finanziamenti di Gelli agli stragisti, presentate
dall’Associazione ai giudici e parecchio ancora. Dopo ben trentotto anni
scarsi sono i risultati sul piano giudiziario, allora che come dovere
si preservi l’impegno civile, leggendo, documentandosi, diffondendo
l’attività meritoria dell’Associazione, partecipando alle
commemorazioni, restituendo l’indignazione di un dovuto ristoro
risarcitorio a chi non é più qui, ricordando i nomi e le storie di chi
non ha più voce: le vittime.
Dal sito associativo simbolicamente si è voluto estrapolare le trentatrè biografie di donne
rimaste uccise, con i loro sogni, i loro progetti di vita, le gioie, le
difficoltà e quella quotidianità loro, affinché diventi anche la nostra
….. per farle vivere al di là del tempo con noi:
NATALIA AGOSTINI IN GALLON
(40 anni, di Bologna) – Natalia, operaia alla Ducati Elettronica, era
con suo marito e loro figlia Manuela alla stazione di Bologna, il 2
agosto: dovevano accompagnare la loro bambina alla colonia estiva di
Dobbiaco. Il marito si era allontanato per acquistare le sigarette,
quando ci fu l’inferno, e mamma e figlia vennero travolte da un cumulo
di macerie: furono estratte in fin di vita, mentre Giorgio riportò
lesioni di scarsa entità. Natalia morì alla rianimazione dell’Ospedale
Bellaria, proprio mentre stavano celebrando i funerali di Manuela nella
chiesa della Beata Vergine Immacolata, con l’unica consolazione di non
sapere che la sua bambina l’aveva preceduta.
Cit Resto del Carlino.
Cit Resto del Carlino.
MARIA IDRIA AVATI (anni
80 Calabria) – Maria aveva desiderato di trascorrere una lieta vacanza
in trentino, con due dei suoi tre figli. Avrebbe voluto partire dalla
Calabria, dove risiedeva, durante le ore del mattino, per poter ammirare
il panorama durante il lungo viaggio. Ma le fu proposto di prendere il
treno della notte che sarebbe arrivato a Bologna l’indomani
mattina. Maria Partì con la figlia Giuditta e riposò tranquilla nello
scompartimento. Una bambina di tre anni che viaggiava con la mamma le
ricordava la nipotina lasciata a Rossano. Il treno quel giorno era in
ritardo di due ore e arrivò alla stazione di Bologna solo verso le
dieci. Giuditta chiese l’aiuto di un facchino per trasportare le valige,
e fece accomodare sua madre nella sala d’aspetto. Decise di
approfittare di quel momento per andarsi a rinfrescare, e siccome aveva
voglia di camminare dopo il lungo viaggio decise di fare alcuni metri in
più e di raggiungere i servizi più lontani. “Mentre ero là udii un
boato fortissimo che fece tremare tutto intorno a noi. […] Non sapevo
dove dovessi dirigermi perché non riconoscevo più dove fosse la sala
d’aspetto, né il bar. Tutto era diventato solo macerie. Dov’era mia
madre’”. Con grande forza Giuditta riuscì a trovare la madre, ancora
viva, e a trasportarla fuori, ove un’ambulanza la caricò, senza dare
però la possibilità a Giuditta di salire. “Non sapevo quindi dove
cercarla. […] Ricordai di avere un’amica a Bologna; telefonai anche a
lei. La sua famiglia mi invitò a recarmi presso di loro. Un ragazzo che
accompagnava la fidanzata in macchina, mi vide disorientata mi invitò a
salire per condurmi dove volessi. Fu davvero cordiale e sensibile”. Solo
dopo aver girato tutti gli ospedali Giuditta accompagnata dalla sorella
dell’amica che è medico, giunse per la seconda volta all’ospedale
Maggiore, ove sua madre era spirata.
ROSINA BARBARO IN MONTANI
(58 anni, di Bologna) – Luigi e sua moglie Rosina erano una delle tante
coppie per cui il 2 agosto significa vacanza, un momento di relax da
trascorrere al mare, sulla Riviera Adriatica. Stavano aspettando il
treno per Pesaro. Erano un poco spersi, perché era la prima volta che
andavano in vacanza senza la figlia: lei sarebbe partita con un’amica. I
due coniugi non avevano neppur voluto accettare un passaggio in
macchina dalle ragazze, un poco per paura dell’auto, e per non
disturbarle. Luigi, che si considera un miracolato, ricorda: “Ero sulla
pensilina del primo binario tenevo Rosina per mano, nell’altra la
valigia, e mi stavo dirigendo verso il bar. Proprio questo mese avremmo
festeggiato i quarant’anni di matrimonio. Un boato spaventoso ci ha
investiti all’altezza della sala d’aspetto. Sono stato sbattuto buttato a
terra come uno straccio mi sono rovinate addosso le travi della
pensilina mi sono trovato in una nicchia di vetri e ferri contorti,
avvolto in una nube di fuoco nero. Di mia moglie non ho saputo più
nulla.” Ricorda spesso sua moglie: “Una donna stupenda, meravigliosa”.
La figlia ventinovenne, Annamaria, era appena arrivata al mare con
l’amica Manuela Masetti, quando ha saputo della tragedia. La prima
notizia è stata che il padre era ricoverato in gravissime condizioni al
S. Orsola; della madre ancora niente. Si sono sedute un attimo “per
prendere fiato”, e sono ritornate a Bologna. Ai funerali di Stato
Annamaria ha rifiutato di stringere la mano al Presidente Pertini: “Non
volevo assolutamente offendere l’uomo Sandro Pertini, non gli ho voluto
stringere la mano semplicemente perché ho visto in lui il rappresentante
di questo governo. Ora accetterei volentieri di vederlo[…] per avere
l’opportunità di spiegarmi, di dire quello che penso”.
Cit. Vittoria Calabri.
Cit. Vittoria Calabri.
EURIDIA BERGIANTI (49
anni, di Bologna) – Euridia a causa della bomba alla stazione di Bologna
ha lasciato due figli: Danilo e Alessandro. Danilo viveva a Milano con
la moglie; Alessandro, il minore, viveva con la madre, e da poco aveva
inizio a lavorare come agente di commercio nel settore dell’utensileria
meccanica. “Rimasta vedova cinque anni fa – dice- mia madre si era
rimboccata le maniche, si era rimessa a lavorare. E’ grazie a lei che ho
potuto cambiare attività. Ho smesso di studiare quando morì mio padre”.
Euridia lavorava al bancone del Self Service della stazione di
Bologna. Il 2 agosto era in servizio. Quando Alessandro vide in TV le
immagini della catastrofe in stazione notò come era ridotto il self-
service- ristorante immaginò il peggio: “Ero appena arrivato per un
breve soggiorno in montagna; sono ripartito subito per Bologna”.
KATIA BERTASI (34 anni,
di Bologna) – E’ stato proprio il maresciallo Bertasi a dare il via ai
soccorsi per le vittime della sciagura del 2 agosto. Quando ha avvertito
l’esplosione, si è precipitato fuori dall’ufficio e si è reso conto di
quello che era successo. Prima di correre sul luogo dell’esplosione si è
attaccato al telefono chiamando la centrale e gridando concitatamente
di mandare subito molti mezzi perché la catastrofe si delineava di
grandi proporzioni. Poi è corso dal suo ufficio fino al luogo dello
scoppio, ed è stato in quel momento che ha compreso che l’ala della
stazione, quella in cui c’era anche sua figlia, non esisteva più. Katia,
una giovane ragioniera della Cigar, aveva 34 anni e una famiglia
stupenda: la figlia Federica e la nascita del piccolo Alessandro avevano
completato la felicità dei due coniugi e dei nonni. Il maresciallo
Bertasi ricorda la figlia, e pensa al futuro: “Katia era davvero il
pilastro della famiglia, si occupava di tutto lei, aveva mille
attenzioni per tutti”. “Ma come faccio a tornare là’ (al lavoro) […]
Non posso lasciare mia moglie a pensare da sola ai bambini, in questo
momento”.
Cit. Romy Grieco.
Cit. Romy Grieco.
VERDIANA BIVONA (22
anni, di Castelfiorentino) – Due famiglie vicine, nella vasta zona
collinare di Montespertoli, due famiglie che appena si conoscono: i
Bivona, di origine siciliana, ed i Fresu, di origine sarda; ma che ora
piangono una figlia, Verdiana, gli uni, la nipotina Angela e la figlia
Maria, gli altri. Verdiana Bivona e Maria Fresu erano anche amiche: un
legame stretto, anche di confidenze, erano in viaggio con l’amica
Silvana Ancillotti. Il padre di Verdiana è ammalato; la moglie Antonina
semiparalizzata. Mantiene la famiglia il figlio Vito, di 27 anni, lavora
per un commerciante di polli. Vito sa poco della vita privata della
sorella, la vedeva in casa a sfaccendare; per il resto, altre amicizie.
“Usciva poco anche di sabato e di domenica – dice papà Francesco – . Era
la padroncina di casa, si era sostituita alla madre, quando questa si
era ammalata; faceva tutto lei”.
Cit. Vittoria Calabri.
Cit. Vittoria Calabri.
ANNA MARIA BOSIO IN MAURI
(28 anni, di Como) – Carlo, il padre; Anna Maria, la madre; Luca il
figlio di 6 anni: erano una famiglia felice che è stata spazzata via
dalla bomba. Il venerdì erano partiti in automobile da Tavernola, una
ridente frazione di Como affacciata sul lago, per raggiungere un
villaggio turistico a Marina di Mandria, in provincia di Taranto. In
autostrada, quasi alle porte di Bologna, sono stati tamponati. Verso
mezzanotte è arrivato il carro attrezzi che li ha trainati sino ad
un’officina di Casalecchio: lì hanno passato tutta la notte in auto,
alla meno peggio. Carlo che si intendeva di motori perché era perito
meccanico, aveva capito che si trattava di un guaio grosso: ne ha avuto
la conferma all’apertura dell’officina. Una telefonata al villaggio per
dire che sarebbero arrivati in treno e chiedere se qualcuno poteva
andarli a prendere a Brindisi, poi, via di corsa in stazione. Sono
arrivati in Centrale poco prima dell’esplosione, e sono morti tutti e
tre, tra le macerie del primo binario. Anna Maria ha lasciato a
Tavernola i genitori Eliseo e Lida e il fratello Vittorio, di 26 anni,
studente in medicina. Carlo ha lasciato a Como soltanto i genitori
Guglielmo e Giuseppina: era figlio unico. Le due famiglie sono distrutte
dal dolore; si aggrappano entrambe a Vittorio, che anche i Mauri
considerano come un figlio. Anna Maria e Carlo si conoscevano da sempre;
sono stati battezzati nella stessa parrocchia di S. Fedele, a Como,
dove poi si sono sposati e dov’è stato officiato il rito funebre. La
madre Lida, ricorda che la sua Anna Maria faceva la maestra e che il
piccolo Luca sarebbe andato quest’anno in prima elementare. “Ero in
viaggio con gli amici in Puglia – racconta Vittorio – e, sapendo che
sarebbero arrivati sabato sera, ero andato al villaggio per accoglierli.
Mi hanno detto che sarebbero giunti alla stazione di Brindisi, quindi,
sono corso là. Ho atteso fino alla mezzanotte; in ritardo, sono arrivati
tutti i treni che erano partiti da Bologna prima delle 10,30. Non erano
annunciati più arrivi fino alle 5 del mattino seguente. Ho chiamato i
miei genitori, ma non ho detto subito tutta la verità, che viaggiavano
in treno da Bologna, per non spaventare troppo la mamma”. “Alle 6 di
domenica – integra il racconto la signora Lida – mi sono alzata;
avvertivo un certo malessere e ho detto a mio marito “sarà successo
qualcosa”. Poi, ho telefonato al villaggio e ho preteso di sapere la
verità: è stato terribile apprendere che l’incidente era avvenuto nei
pressi di Bologna, e non di Ancona. Come mi era stato detto in un primo
tempo.”
Cit. Vittoria Calabri.
Cit. Vittoria Calabri.
VIVIANA BUGAMELLI IN ZECCHI
(23 anni, di Bologna) ed il marito PAOLO ZECCHI (23 anni) – Paolo,
figlio unico, avrebbe compiuto 23 anni il dicembre successivo alla
strage della stazione di Bologna. Era un caro ragazzo al quale tutti si
affezionavano. Si era diplomato ragioniere e subito si era messo a
cercare lavoro. Qualcosa era riuscito a trovare subito, ma gli istituti
bancari ai quali aveva rivolto domanda preferivano che prima avesse
assolto gli obblighi di leva. Così Paolo fece domanda per partire prima
del previsto e, al ritorno, trovò immediatamente assunzione che
desiderava al Credito Romagnolo, nell’agenzia di Ozzano (Bologna). A
quel punto, al colmo della felicità disse ai suoi che voleva sposarsi.
Per i genitori fu una sorpresa: i due fidanzati erano così giovani!
Viviana aveva la sua stessa età. Era anche lei diplomata in ragioneria e
aveva trovato un impiego in un’azienda agricola non lontano da casa.
Non mancava loro niente per essere felici, così i due giovani si
sposarono nell’ottobre del ’79. Erano andati ad abitare con la famiglia
di Viviana: nella casa c’erano ancora tutti i regali di nozze che Paolo e
Viviana avevano riposto in attesa di trovare un appartamento tutto per
loro. Anche nella casa paterna di Paolo rimanevano ancora alcuni regali
per gli sposi: “Con quale animo potrò riguardarli’” si chiede la signora
Zecchi. Quel giorno Paolo e Viviana stavano andando a casa di una zia a
ritirare alcuni oggetti. Ne avevano approfittato per andare in stazione
a prenotare per tempo il traghetto per andare qualche giorno in
Sardegna a trascorrere le vacanze. La loro automobile è stata ritrovata
dopo lunghe ricerche parcheggiata nella via davanti alla stazione, ma
dei due ragazzi nessuna traccia … La signora Zecchi, continuando il
racconto, dice: “ I ragazzi avevano appena confidato di attendere un
bimbo, avevano appena avuto la conferma. Avevo detto che avrei voluto
preparare tutto io il corredino. Per noi la vita è finita il 2 agosto”.
Cit. Romy Grieco.
SONIA BURRI (7 anni, di Bari) – Il 2 agosto, alla
stazione di Bologna c’erano tre nuclei familiari, parenti fra loro:
Rosalia Serravalli, con la figlia Patrizia Messineo; Angelo Burri,
marito di Rosalia e padre della piccola Sonia; Silvana Serravalli,
sorella di Rosalia con le sue due bambine Alessandra e Simona Barbera.
Con loro c’erano anche i nonni Luigi e Grazia Serravalli. Nella sala
d’aspetto, quella mattina, tutti sono sempre più impazienti. Giocano,
scappano, si nascondono poi si riprendono. ” Dai…non mi prendi…non sai
correre”. Aspettano così il treno. Dopo lo scoppio della bomba viene
ritrovata una bambolina rossa. La teneva in braccio Sonia che aspettava
con i genitori il treno per Roma. Sonia è una piccola vittima della
strage, assieme a Patrizia, sua sorella maggiore.Cit. Romy Grieco.
VELIA CARLI IN LAURO (50
anni, di Brusciano, prov. Napoli) – Velia e Salvatore erano in attesa
di una coincidenza “sbagliata”, costretti cioè dal ritardo accumulato
dal treno che da Brusciano (vicino a Napoli) avrebbe dovuto condurli a
Mestre. A causa dello scoppio della bomba alla stazione di Bologna,
Velia e Salvatore, non rivedranno più i loro sette figli, di cui due
molto giovani. I tre minori, Aurora, Gennaro e Francesca, vorrebbero
restare insieme. Aurora, che avrebbe dovuto sposarsi la domenica dopo
l’incidente, ha chiesto di poter tenere con sé e il futuro marito i due
fratelli minori. Patrizia, una delle sorelle maggiori, racconta: “Non ci
crediamo ancora, per noi papà e mamma non sono morti, è un po’ come se
fossero partiti e non fossero ancora tornati. […] Sono stata io a dire
alla mamma, quel venerdì sera, di non partire in auto. Era stanca, aveva
fatto una giornata di lavoro, io le ho detto di prendere il treno. […]
Sembrava che sentisse qualcosa. […] Pochi giorni prima, parlando della
morte che ancora non aveva mai toccato la nostra famiglia, mi aveva
detto: “Se capita una disgrazia ricordatevi che sono cose da affrontare e
da accettare, non da mettere da parte”.
FLAVIA CASADEI (18 anni,
di Rimini) – Flavia, diciotto anni compiuti da poco, frequentava la
quarta liceo scientifico a Rimini: aveva ottenuto la borsa di studio
ogni anno fin dalle elementari. Quel sabato due agosto stava viaggiando
verso Brescia dove l’aspettava uno zio. Flavia era uscita di casa, a
Rimini, molto presto e un’ora dopo aveva telefonato ai genitori dalla
stazione: “Il treno è in ritardo, avvertite lo zio a Brescia”. Per quel
ritardo aveva perso la coincidenza a Bologna e alle 10,25 stava
aspettando il treno per Verona. I genitori, il padre Egidio e la madre
Virginia ne parlano con ammirazione: “Era una ragazza molto sensibile,
ricca di interessi e di amici”. Nel suo diario si legge: “…e’ più facile
per l’uomo attaccarsi alle cose terrene. Tanto facile quanto
sbagliato”. Tre righe di una scrittura minuta, nervosa. “in queste
parole c’è mia figlia. Aveva una fede enorme nel prossimo”, afferma la
madre. Il padre di Flavia ricorda: “A Brescia avrebbe incontrato un
pittore nostro amico che si interessava ai disegni di Flavia. Tutti quei
ritardi però, che strano. A Bologna tutti i treni, dal Nord e dal Sud,
erano in ritardo. E’ così che le stazioni si riempiono di gente: più
ritardi, più persone in attesa”. Le ultime ore di Flavia sono state
raccontate da una ragazza che era accanto a lei al momento dello
scoppio. Sabina Govoni, 17 anni di Cento, l’aveva conosciuta proprio
alla stazione di Rimini; le due ragazze avevano fatto amicizia, un po’
di viaggio assieme e stavano aspettando la coincidenza nella stessa sala
di prima classe (in quella di seconda non c’era posto). Racconta: “Ho
sentito un gran botto, poi tutto ha tremato e mi è venuto addosso il
soffitto. Mi ha salvato un militare scavando tra le macerie. Della mia
amica non ho saputo più niente […]
Cit. Carlino Beppe Errani.
Cit. Carlino Beppe Errani.
ANTONELLA CECI (19 anni,
di Ravenna) – Antonella, è morta assieme al fidanzato, Luca Marino e
alle due sorelle del suo ragazzo, nella tragica esplosione di sabato 2
agosto, a Bologna. A casa, a Ravenna, papà Pietro guarda fuori dalla
finestra che inquadra un orizzonte disegnato da profili di industrie e
di uno zuccherificio. Poi dice: ” E’ lì, allo zuccherificio dove
Antonella quasi certamente sarebbe andata a lavorare. La seconda domanda
di assunzione l’avevano già accolta”. Pietro Ceci, 48 anni, dipendente
comunale è un uomo magro, di media statura che la tragedia ha fatto
ripiegare su se stesso, come un involucro rimasto improvvisamente vuoto.
“Aveva avuto dei bellissimi voti, era felice perché sapeva che
cominciava per lei una nuova vita. Sabato era partita per Bologna
assieme al suo ragazzo, dovevano andare ad accogliere le sorelle di Luca
che venivano a trascorrere un periodo di ferie qui a Ravenna. Ma perché
è finita così'”. La madre dice: ” Con i soldi che tanta gente ha voluto
inviarci costruirò una tomba più grande con due posti vuoti vicino ad
Antonella, per me e mio marito. Non chiedo altro”. Nella quiete della
sua stanza, tutto è rimasto come Antonella l’ha lasciata. La prova più
terribile per i genitori di Antonella è stata quando hanno dovuto
riconoscere la sua salma: da quel momento si è rotto qualcosa dentro,
sono due esseri umani che sembra abbiano perduto ogni voglia di vivere.
Cit. Giorgio Maioli.
Cit. Giorgio Maioli.
FRANCA DALL’OLIO (20
anni, di Bologna) – Franca era la “bimba” dell’ufficio: figlia unica
lavorava da quattro mesi soltanto per la ditta CIGA, appaltatrice del
Bar – Ristorante della stazione di Bologna. Qualche attimo prima
dell’esplosione era al telefono con un fornitore che era andato a
consegnare della merce. Normalmente era lei a scendere e a controllare
il materiale. Quella mattina chiese al fornitore di salire lui. Il
fornitore le rispose: “Mi ha fatto venire in mente che devo fare
un’altra cosa prima; poi vengo”. Poi l’esplosione, mentre Franca, al
suo tavolo di lavoro, controllava il libro della contabilità. La mamma
di Franca pensa ancora: “fosse scesa lei adesso l’avrei ancora qua”.
BERTA EBNER (50 anni, di
S.Leonardo di Passiria prov. di Bolzano) – Nata l’8 febbraio del 1930,
Berta Ebner era nata a San Leonardo in Passiria in provincia di
Bolzano. Faceva la casalinga.
LINA FERRETTI IN MANNOCCI
(53 anni) – Nata a Peccioi (PI), Lina era sposata con Mannocci Rolando,
dipendente delle ferrovie dello Stato. Lina era casalinga e mamma di
Maurizio e Paola.
MIRELLA FORNASARI IN LAMBERTINI
(36 anni, di Casalecchio di Reno, prov. di Bologna) – Mirella era
solita prendere le ferie il 1°agosto. Quell’anno aveva deciso di partire
con il marito Giorgio soltanto il 12 … Giorgio, dopo la tragedia, ha
ripreso il suo lavoro di artigiano, ma dice di non riuscire più a
concentrarsi. La suocera, Anna, la ricorda Mirella come una ragazza
particolarmente premurosa: “Il giorno prima della tragedia mi aveva
portato due regalini. Era rimasta fino a tarda notte a riverniciare
tutto l’appartamento. Guardi come è stata brava! Non voleva che io né
mio marito ci affaticassimo. Ormai lavorava alla sede della Cigar in via
Marconi, ma quel giorno avevano avuto bisogno di lei in stazione”.
Giorgio la ricorda sempre: “Aveva le calze bianche quando ho cominciato
a corteggiarla. Era poco più di una bambina e si voleva far suora. Le
feci fare io la Cresima, poco prima di sposarci sedici anni fa. Per due
volte ha indossato l’abito bianco. Era come se l’avessi sposata due
volte”. A dividere il dolore con Giorgio e i nonni c’è Paolo, che aveva
tanto sperato (purtroppo invano) che fra i dipendenti della Cigar,
quell’ultimo corpo estratto dalle macerie, non fosse proprio quello di
sua madre.
ANGELA FRESU (3 anni, di
Montespertoli, prov. Firenze) e MARIA FRESU (24 anni) – Due famiglie
vicine, nella vasta zona collinare di Montespertoli, due famiglie che
appena si conoscono: i Bivona, di origine siciliana, ed i Fresu, di
origine sarda; ma che ora piangono una figlia, Verdiana, gli uni, la
nipotina Angela e la figlia Maria, gli altri. Maria Fresu e Verdiana
Bivona erano amiche: un legame stretto, anche di confidenze, erano in
viaggio con l’amica Silvana Ancillotti; attendevano il treno per recarsi
al Lago di Garda. Di Maria non si hanno più tracce. A casa Fresu, a
Gricciano di Montespertoli, rimangono i genitori di Angela e i suoi
sette fratelli. Salvatore, il nonno, ricorda la sua nipotina: “Voleva
sempre venire sul campo con me, in trattore”. Nella camera della figlia
dissoltasi nel nulla, accanto al lettino di Angela, sono rimasti tutti i
suoi giochi. Ma i nonni vogliono disfarsene al più presto possibile,
per non piangere ogni volta che li vedono. Li daranno in beneficenza.
Cit. Vittoria Calabri e Lamberto Sapori.
Cit. Vittoria Calabri e Lamberto Sapori.
ERRICA FRIGERIO IN DIOMEDE FRESA
(57 anni, di Bari) – Quella mattina, nella sala d’aspetto della
stazione di Bologna, Francesco, un ragazzo biondo di 14 anni, stava
leggendo un fumetto. Assieme alla madre Errica e al padre Vito, attende
il momento della partenza. Le valige sono pesanti: vestiti, costumi da
bagno, magliette, scarpe da pallone; indicano che le attese vacanze sono
finalmente arrivate. Vito era il direttore dell’Istituto di Patologia
generale della Facoltà di Medicina di Bari. Un uomo colto, un
ricercatore apprezzato per le sue sperimentazioni nella lotta contro i
tumori. La signora Errica insegnava lettere presso l’Istituto per
Geometri “Pitagora” di Bari. Unica superstite di questa famiglia
Alessandra, studentessa universitaria.
Cit. Daniele Biacchessi.
Cit. Daniele Biacchessi.
MANUELA GALLON (11 anni,
di Bologna) – Manuela con i genitori Natalia e Giorgio attendevano il
treno: la dovevano accompagnare alla colonia estiva di Dobbiaco. I tre
si trovavano vicino all’imbocco del sottopassaggio quando il padre, un
saldatore delle ferrovie, si allontanò per andare a comprare un
pacchetto di sigarette. Mamma e figlia lo aspettavano ridendo e
chiacchierando. Giorgio Gallon perse tutto alla stazione di Bologna. Non
sapeva ancora che la moglie Natalia e la piccola Manuela fossero in fin
di vita: “La roba volava da tutte le parti. C’era un gran fumo e non si
vedeva niente. Sentivo solo i colpi che mi arrivavano sulla schiena,
quasi al buio. Avevo mia moglie da una parte e dall’altra la ragazzina
che doveva andare al mare. Quando mi sono svegliato ero in questo letto,
da solo”. Giorgio piange forte e continua a ripetere la stessa frase:
“dov’è Natalia’ Dov’è la mia piccola Manuela’”. La piccola bara di legno
chiaro sembrava irreale sotto il sole d’agosto. A Manuela Gallon hanno
messo il vestito di pizzo della Prima Comunione. 11 anni. Se n’è andata
senza aver vissuto nulla della vita, senza nemmeno conoscere il proprio
destino. Giorgio Gallon guardò quella bara. Non credeva ai suoi occhi.
Proprio lui, un tipo vitale era invecchiato in un solo colpo di almeno
dieci anni. Se n’era andata Manuela mentre moriva Natalia, sua moglie.
Di Manuela rimase un cuscino della quinta B, la sua classe. I suoi
compagni di scuola vollero ricordarla così, per sempre. Poi arrivarono
le parole di Don Idebo Vogli. “Ciao Manuela, ti salutano tutti i tuoi
amichetti che ti aspettavano nella colonia di Dobbiaco, tutti i compagni
di scuola. Non ti dimenticheremo mai. Ciao Manuela, arrivederci in
cielo”.
Cit. Daniele Biacchessi
Cit. Daniele Biacchessi
ELEONORA GERACI IN VACCARO
(46 anni, di Scandiano, prov. Reggio Emilia) – Adele, 22 anni, è la
giovane vedova di Vittorio, una delle vittime della sciagura del 2
agosto alla stazione di Bologna. Vittorio, operaio ceramista, era andato
con la madre Eleonora ad aspettare una zia che arrivava da Palermo.
L’esplosione li ha uccisi entrambi. I due giovani sposi vivevano a
Casalgrande, con la loro bambina di 4 anni, Linda. Si erano sconosciuti a
Rivabella di Rimini nel ’76. Si erano sposati e subito era nata Linda,
occhi grigi e ricci neri. Celso, papà di Adele, ricorda: “ mi ha detto
mia figlia per telefono quando da Bologna, dopo le prime notizie, le ho
detto che di Vittorio e della suocera avevamo trovato solo l’auto,
parcheggiata fuori dalla stazione. E credo che sia stata lei a darmi la
forza di andare fra i morti, alla medicina legale.” Adele per lo choc è
stata ricoverata in ospedale. A casa, una volta dimessa, l’attende la
sua bambina, e la sua famiglia, che le si è stretta introno nel dolore.
Cit. Il Resto del Carlino.
CARLA GOZZI (36 anni, di
Concordia, prov. Modena) ed il fidanzato UMBERTO LUGLI (38 anni) -Carla
e Umberto la mattina del 2 agosto erano alla stazione di Bologna, in
attesa di partire per le vacanze: volevano andare alle Tremiti. La morte
li ha trovati insieme, come stavano da anni, da quando, ragazzini, si
erano conosciuti sui banchi di scuola a Carpi (Modena). Umberto abitava
ancora a Carpi e si era messo a lavorare col fratello in
merceria. Tiberio, il papà di Carla, racconta: “… Era così contenta di
partire! Credo che sia arrivata alla stazione in anticipo; li aveva
accompagnati il fratello di Umberto che poi doveva andare in negozio …”.
Carla abitava coi genitori a Concordia, dove in suo ricordo restano
tante conchiglie, che Carla aveva raccolto sulla spiaggia o comprato al
mare.
La madre, Gina, in lacrime racconta: “Carla ci aiutava con il suo stipendio … [era] impiegata in un maglificio qui in paese. Diceva che stava bene con noi, e forse non si sarebbe sposata, pur volendo bene da anni ad Umberto. Carla era una ragazza tanto discreta, riservata, non le farebbe piacere che si parlasse troppo della sua vita …”.
Cit. Il Resto del Carlino.
La madre, Gina, in lacrime racconta: “Carla ci aiutava con il suo stipendio … [era] impiegata in un maglificio qui in paese. Diceva che stava bene con noi, e forse non si sarebbe sposata, pur volendo bene da anni ad Umberto. Carla era una ragazza tanto discreta, riservata, non le farebbe piacere che si parlasse troppo della sua vita …”.
Cit. Il Resto del Carlino.
ELISABETTA MANEA VED. DE MARCHI
(60 anni, di Marano Vicentino) – La famiglia De Marchi è stata spezzata
proprio quando le cose cominciavano finalmente a funzionare. Nella
strage di Bologna sono rimasti uccisi la madre, Elisabetta Manea, di 60
anni, appena ripresasi da un delicato intervento chirurgico, ed il più
giovane dei figli, Roberto, di 21 anni. Sono rimasti tre figli:
Francesco, sposato con due bambini, impiegato comunale a Marano
Vicentino; Mario, 28 anni, laureando in pedagogia (viveva con la mamma e
il fratello minore); Angelo, 24 anni, sposato, operaio specializzato a
Malo. Fuori alla casa di Marano Vicentino, c’è l’orto come l’ha lasciato
la mamma; sul divano del soggiorno, la maglia sportiva di Roberto,
rossa, con la scritta della sua squadra di pallavolo “Volley
Sottoriva”. “Soprattutto la mamma – dice Mario –[…] ha avuto così poco
quando era in vita! Rimasta orfana, si è cresciuta cinque fratelli,
tutti più piccoli di lei. La stessa difficile situazione di donna sola a
crescere quattro ragazzini si è ripetuta quando morì mio padre. Io
avevo solo 16 anni”. Elisabetta e Roberto De Marchi hanno trovato la
morte mentre erano in viaggio per raggiungere un paesino del barese.
Elisabetta, dopo le molte insistenze dei figli, aveva accettato l’invito
di una sua cognata, che passava qualche mese in Italia prima di far
ritorno in Australia (tutti i fratelli Manea vivono là, emigrati da
tanto tempo). “Viaggiava in prima classe – racconta il figlio Mario –
“Avevo faticato ad impormi per renderle meno penoso il lungo
spostamento. Ma lei, a Bologna, aveva preferito fermarsi nella sala
d’aspetto di seconda. Le avevamo anche consigliato di andare a vedere
qualcosa della vostra bella città, o di andare a trovare una nostra
parente. Non se la sarà sentita, e Roberto non ha voluto lasciarla
sola”. Angelo racconta, con un tono spento, come hanno vissuto a Marano
Vicentino le ore immediatamente successive alla notizia dello scoppio in
stazione. “Mio fratello Mario ha sentito, casualmente, le prime notizie
trasmesse per radio – dice -. Mi ha telefonato ed ho scoperto con
orrore che l’orario era quello in cui mamma e Roberto si trovavano là.
Nel primo pomeriggio eravamo già a Bologna. Abbiamo saputo quasi subito
che Roberto era tra le vittime, ma non c’erano notizie della mamma. In
serata, siamo partiti per Iesolo per portare di persona la notizia a
Francesco. Siamo ritornati a Bologna la domenica mattina. Anche la mamma
era stata ritrovata”.
Cit. Vittoria Calabri.
Cit. Vittoria Calabri.
MARIA ANGELA MARANGON (22 anni) – Nata il 30 marzo 1958, a Rosolina (RO) aveva una sorella e due fratelli.
ROSSELLA MARCEDDU (19
anni, di Prarolo, prov. Vicenza) – La morte in stazione a Bologna di
Rossella, 19 anni, ha provocato una catena di disgrazie nella sua
famiglia. Pochi giorni dopo, il nonno materno, di 76 anni, sconvolto per
la tragedia della nipotina, si è schiantato con l’auto nei pressi di
casa. Due giorni dopo questo incidente, il papà di Rossella, Vezio,
ufficiale dei carabinieri in pensione, è stato colpito da paralisi. Da
tempo soffriva di ipertensione. A Prarolo di Vercelli la madre di
Rossella, Maria annientata dal dolore, dopo la perdita della figlia, si
trova a dover affrontare queste nuove sciagure. “Rossella – dice – era
la gioia della casa. Sempre così piena di vita! Amava la vita tanto
disperatamente che sembrava quasi sapesse di dover morire. Aveva tanti
amici, e sono tanti quelli che la piangono qui a Vercelli”. Il
fidanzato Fabrizio, campione di scherma, è inconsolabile: domenica 3
agosto, se le cose fossero andate come dovevano, l’avrebbe rivista,
viva, nella sua casa di Nervi. Rossella Marceddu era con papà e con la
sorella Sabrina, di 16 anni, in vacanza al Lido degli Estensi. Rientrava
prima degli altri a Prarolo proprio per raggiungere Fabrizio. Viaggiava
con una sua amica, Arianna Raccanelli. Per far contento papà aveva
lasciato la moto per il treno “un mezzo molto più sicuro”. A Bologna,
aspettava sul quarto binario il treno che l’avrebbe condotta a Milano.
La giornata era particolarmente afosa: Le ragazze erano già da molto
tempo in attesa: Rossella disse allora all’amica che sarebbe andata a
prendere qualcosa di rinfrescante al bar. I suoi non ne hanno saputo più
nulla. Arianna si mise subito in contatto con la sua famiglia; disse
che era esplosa una bomba alla stazione di Bologna, che lei stava bene
ma che non riusciva a trovare Rossella. Rossella Marceddu, che aveva
ultimato il primo anno di un corso per assistente sociale a Mortasa, fin
da giovinetta aveva deciso di dedicare la sua vita alla cura dei
bambini handicappati: un amore al quale non era mai venuta a meno. Così,
i genitori devolveranno parte della somma di solidarietà a loro
consegnata ad un istituto di Vercelli che si occupa dei bambini
handicappati: la ricorderanno nel modo più bello, facendo ciò che lei
stessa avrebbe fatto.
Cit. – Vittoria Calabri
Cit. – Vittoria Calabri
ANGELA MARINO (23 anni,
di Ravenna), DOMENICA MARINO (26 anni) – Tre fratelli: Leo Luca, 24
anni, Angelina, più giovane di un anno, e Domenica di 26 anni. Giovedì
dopo la strage tutto il loro paese, Altrofonte (Palermo) ha partecipato
ai loro funerali. Quel sabato Angelina e Domenica erano giunte da
Altofonte a Bologna, dove le attendeva il fratello (che da cinque anni
viveva a Ravenna con un’altra sorella sposata, facendo il manovale).
C’era anche la fidanzata di lui, Antonella Ceci, 19 anni e un fresco
diploma di maturità chimico-tecnica. Proprio per conoscere la futura
cognata le due sorelle erano partite verso il Nord. Ad Altofonte, nella
piccola e vecchia casa in cui abita Maria, la madre dei tre ragazzi, a
condividere il dolore con lei ci sono tre dei quattro figli che le sono
rimasti. La quarta, Giuseppina, è rimasta a Ravenna, dove vive col
marito. Il colpo è stato troppo forte, i medici hanno proibito a Maria
di muoversi. In un angolo, suo marito mastica tra sé una frase in
dialetto, fuggendo gli sguardi di tutti. “Dice che ha il demonio dentro –
spiega Giovanni, uno dei figli – Sono vent’anni che mio padre ripete
queste parole, ogni volta che entra od esce dal manicomio. Ora vive qui;
i dottori non volevano che venisse a casa. Ho dovuto mettere una firma.
E’ stato riconosciuto invalido al cento per cento, ma non prende un
soldo di pensione. La domanda l’abbiamo fatta da anni, ma qui ci
prendono in giro”. Giovanni fa il muratore, come suo fratello Salvatore,
e come il povero Leo Luca, che per guadagnarsi il pane se n’era andato a
Ravenna. Ad Altofonte quasi tutti i giovani sono manovali, ma di
occupazione ce n’è poca. Ogni tanto arriva la camionetta di un
“caporale” a caricare i più robusti, ad imporre il vecchio ricatto di un
lavoro “nero” e sottopagato. Giovanni è l’unico che trovi la forza di
parlare della tragedia. “Mio fratello Salvatore – racconta – aveva
sentito alla radio che a Bologna era scoppiata la bomba. Abbiamo pensato
che Angelina e Domenica potevano essere là e che forse c’era anche Leo
Luca con la fidanzata. Le disgrazie capitano sempre ai disgraziati. Mio
fratello e mio cognato sono partiti subito, prima ancora di sapere. Nel
pomeriggio qualcuno ci ha telefonato da Bologna: avevano trovato la
carta d’identità di Mimma. Poi, da sotto le macerie, hanno estratto i
corpi, uno dopo l’altro: Domenica, Leo Luca, Angelina, e anche
Antonella”. “Ora – prosegue Giovanni – mia madre è rimasta sola. Viveva
con Mimma e Angelina, lavoravano tutte e tre. Mimma faceva la domestica a
ore, come la madre. Angelina era impegnata nello studio di un dentista.
I soldi erano sempre pochi, ma tiravano avanti. Ma ora la mamma è
distrutta, non so se avrà ancora la forza di lavorare”. Cit. Il Resto
del Carlino.
PATRIZIA MESSINEO (18
anni, di Bari) – Il 2 agosto, alla stazione di Bologna c’erano tre
nuclei familiari, parenti fra loro: Rosalia Serravalli, con la figlia
Patrizia Messineo; Angelo Burri, marito di Rosalia e padre della piccola
Sonia; Silvana Serravalli, sorella di Rosalia con le sue due bambine
Alessandra e Simona Barbera. Con loro c’erano anche i nonni Luigi e
Grazia Serravalli. Nella sala d’aspetto, quella mattina, tutti sono
sempre più impazienti. Giocano, scappano, si nascondono poi si
riprendono. ” Dai…non mi prendi…non sai correre”. Aspettano così il
treno per Roma. Ma dopo gli schiamazzi c’è l’angoscia di un giovane
padre che attende la figlia. E’ appoggiato ad una colonna. “Non so, non
mi chieda, cerco mia figlia, Patrizia. Doveva tornare con me ieri sera,
ma ha voluto fermarsi a Parma per andare a ballare in discoteca, Mi ha
detto di venirla a prendere qui, alle 10,30, sul piazzale della
stazione. Non la trovo. Dov’è?”. Patrizia Messineo, diplomata in
ragioneria aveva 18 anni, una vita davanti, speranze, voglia di vivere,
sogni.
Cit. – Daniele Biacchessi.
Cit. – Daniele Biacchessi.
CATHERINE HELEN MITCHELL
(22 anni, Gran Bretagna) con il suo fidanzato JOHN ANDREW KOLPINSKI –
John e Catherine erano due giovani fidanzati inglesi, erano in viaggio
per l’Europa, prima di iniziare le loro carriere. Si erano laureati
poche settimane prima e avevano deciso di partire insieme per un periodo
di vacanza. Avevano preparato gli zaini, i sacchi a pelo, alcuni
indumenti fra cui il costume da bagno probabilmente da indossare sulle
spiagge italiane, poche stoviglie e alcuni arnesi da campeggio, una
sveglia e le macchine fotografiche. Il 2 agosto la loro vacanza li aveva
portati a Bologna. Anche loro, come molti altri, stavano aspettando il
treno.Nel loro Paese, in loro ricordo, il Vice – Cancelliere ha piantato
un albero nel giardino della Arts Court, dove i due giovani avevano
frequentato le lezioni universitarie. Alla cerimonia hanno partecipato i
rappresentanti di molte facoltà universitarie, le famiglie dei due
ragazzi. L’albero è stato donato da Kinving Geographical Society come
segno di solidarietà da parte dello staff e dei soci che hanno studiato
presso quell’Università.
LOREDANA MOLINA IN SACRATI (44 anni, di Ostra, prov. Ancona) ed ANGELICA TARSI
(72 anni) – Quando la bomba ha fatto crollare la stazione di Bologna,
Angelica si trovava sul marciapiede del primo binario assieme alla nuora
Loredana e al nipotino Paolo. Fuori dalla stazione era rimasto suo
figlio, Dario, papà di Paolo: non aveva trovato subito parcheggio e così
aveva chiesto alla moglie Loredana di accompagnare al treno il resto
della famiglia. Da fuori, Dario, ha sentito il boato, ha visto pezzi di
muro volare come piume. La madre e la moglie gli sono morte sotto agli
occhi, sepolte sotto metri di macerie; il figlio è rimasto
ferito. Angelica avrebbe dovuto accompagnate il suo nipotino in vacanza,
a Ostra (Ancona), a casa di sua sorella Cardina. Anche Angelica era
originaria di Ostra, ma venti anni prima si era trasferita a Bologna:
Dario durante il servizio militare di leva a Bologna, si era fidanzato
con una bolognese, Loredana. I due si erano poi sposati e Dario trovò
lavoro in questa città, così la madre lo seguì. Vivevano tutti insieme,
assieme ai figli Walter, Tiziana, e il più giovane Paolo. Quel giorno il
treno per Ancona sarebbe dovuto partire alle 10:55: la famiglia Sacrati
era arrivata in stazione in anticipo per fare i biglietti e caricare le
valige con comodo. Ma dopo la coda alla biglietteria e la corsa verso
il treno fra la calca dei viaggiatori, ci fu l’esplosione.
NILLA NATALI (25 anni,
di Bologna) – Nilla era dipendente della CIGAR, viveva coi genitori,
Gino, collaudatore di auto in pensione ed Elide, casalinga. Nilla era in
procinto di sposarsi, aveva già ordinato i mobili su misura per la
cucina della sua futura casa, ma essi rimarranno inutilizzati.
LIDIA OLLA IN CARDILLO
(67 anni, di Cagliari) – Pasquale Cardillo, 67 anni, è ricoverato
all’ospedale Maggiore, Ha ustioni diffuse in tutto il corpo, di secondo e
terzo grado. Sua moglie Lidia è morta istantaneamente, ma lui non lo sa
ancora. Gli hanno detto che è molto grave.I due coniugi erano partiti
da Cagliari per una vacanza che era anche un periodo di convalescenza,
per il signor Cardillo. Soffriva di sbalzi di pressione e il medico
aveva suggerito un po’ di riposo. Sarebbero dovuti andare a Cavalese,
dove una sorella della scomparsa era già lì da qualche giorno. Erano
partiti da Cagliari in treno alla volta di Olbia; poi in nave, erano
arrivati a Civitavecchia. La figlia Rosalba li aveva accompagnati fin
là; poi si erano separati: Rosalba per andare da una zia a Livorno, i
genitori per raggiungere Bologna prima e, quindi la località del
Trentino. Sabato mattina i due coniugi erano nella sala d’aspetto di
prima classe: l’attesa fra un treno e l’altro sarebbe stata di un paio
d’ore. Dopo un po’ di tempo il signor Cardillo si tolse la giacca e
l’appoggiò accanto alla moglie, sul sedile, dicendole: “Vado a
controllare se il treno ha ritardo”. Fece appena in tempo ad uscire
quando l’esplosione avvenne. Fu scaraventato sotto il treno in sosta al
primo binario e si è risvegliato al Maggiore, ustionato in tutto il
corpo e con numerose ferite. La figliola, a Livorno, ha appreso dalla
televisione di ciò che era successo a Bologna e, sapendo che i genitori
sarebbero dovuti rimanere in attesa a lungo, ha immaginato il peggio. Ha
telefonato agli ospedali e dalla questura ed ha saputo che il padre era
ricoverato in gravi condizioni. Della madre, invece, nessuna notizia.
Purtroppo era già morta all’istante. E’ toccato proprio a Rosalba
identificarla all’Istituto di medicina legale. Ora Pasquale, che è un
pensionato delle Ferrovie, dovrà rimanere ancora ricoverato a lungo.
Quando sarà guarito, tornerà con Rosalba nella casa di Cagliari, dove
non c’è più nessuno ad attenderli.
VINCENZINA SALA IN ZANETTI (50
anni, di Bologna) – Vincenzina era alla stazione col marito, Umberto,
con la suocera, Bruna, e il nipotino Marco, di sei anni. I nonni erano
andati assieme al nipotino a prendere la mamma di Marco, che rientrava
da Basilea. L’esplosione li ha divisi, portandosi via Vincenzina e
ferendo gravemente gli altri nonni e Marco. Umberto ricorda: “Ero tutto
eccitato, felice, pronto ad accogliere mia figlia Daniela che rientrava
da Basilea dove era stata sottoposta a un difficile intervento
chirurgico al bacino. E’ la mamma di Marco. Avevo preparato tutto per il
suo arrivo. Un vigile si prendeva cura della mia auto, lasciata in
sosta vietata. Per fare prima, tenevo le chiavi in mano; avevo prenotato
un facchino, il n. 66, che sarebbe venuto al treno con la carrozzella,
perché mia figlia non poteva sforzare le gambe. Il treno di Daniela
portava un ritardo di tre ore, ma l’avrei saputo soltanto molto tempo
dopo. C’è stata l’esplosione”. Della moglie Vincenzina, Umberto, non se
la sente ancora di parlare. Non ha più voluto vedere una sua fotografia.
Si erano conosciuti a Cianciano: lui per curarsi il fegato, lei, una
giovinetta pavese che accompagnava la madre alle acque. Dopo due anni di
su e giù, ogni fine settimana, si erano sposati. L’anno scorso in
giugno avevano festeggiato le nozze d’argento. “E’ stata una brava
moglie – sono le uniche cose che Umberto dice a riguardo- e mi ha dato
due figlie meravigliose.
Cit. Il Resto del Carlino.
Cit. Il Resto del Carlino.
SILVANA SERRAVALLI IN BARBERA
(34 anni, di Bari) – Il 2 agosto, alla stazione di Bologna c’erano tre
nuclei familiari, parenti fra loro: Rosalia Serravalli, con la figlia
Patrizia Messineo; Angelo Burri, marito di Rosalia e padre della piccola
Sonia; Silvana Serravalli, sorella di Rosalia con le sue due bambine
Alessandra e Simona Barbera. Con loro c’erano anche i nonni Luigi e
Grazia Serravalli. Rimangono uccise nella strage la piccola Sonia Burri,
la sorella maggiore Patrizia Messineo, loro zia Serravalli Silvana,
insegnante elementare presso una scuola di Bari, gravemente ferite e
ustionate rimangono le sue figlie Alessandra e Simona.
RITA VERDE (23 anni, di
Bologna) – Padre: Verde Domenico, Madre: Negrini Bruna, Fratelli: Morena
e Gianni. Rita era nata a Bologna il 23/5/1957. Domenico ha fatto
richiesta all’Ufficio di quartiere per l’inserimento della moglie in una
attività lavorativa, che le consenta di uscire dall’ambiente
famigliare, di distrarsi dal pensiero della morte della figlia, che ha
determinato in lei uno stato di profonda depressione…
Nessun commento:
Posta un commento