Quando
la propaganda sovranista di governo pone al centro dell’attenzione la difesa
dei confini e la riaffermazione dell’identità nazionali, il corpo delle donne
diventa più che mai oggetto di contesa, terreno da difendere e controllare alla
stregua del territorio nazionale. In questo modo la propaganda salviniana
agisce sul corpo delle donne, facendone vittime indifese da proteggere dalla
violenza dei “barbari”.
Con
una banale strategia comunicativa le vicende di questo fine settimana riguardo
al sequestro governativo della nave Diciotti venivano giustapposte alle notizie
dei tre stupri commessi da uomini senegalesi. Ben altro risalto mediatico ha
avuto lo stupro perpetrato da due allievi poliziotti italiani. La violenza
sulle donne e lo stupro non hanno etnia e non hanno colore. Gli stupratori
senegalesi e quelli italiani di questi giorni, assieme a tutti gli altri, sono
nostri nemici. L’unica cultura che li caratterizza - e li accomuna tutti - è
quella machista e patriarcale che non ha etnia e non ha colore. Noi stiamo
dalla parte delle donne.
Molto
meno degno di attenzione, invece, è sembrato essere il vissuto delle 11 donne
che, insieme ai loro compagni di un viaggio infernale, sono rimaste sotto
sequestro per quasi una settimana a bordo della nave Diciotti.
Donne
che hanno riportato sui loro corpi e con le loro storie i segni di un viaggio
fatto di violenze, torture, stupri. Donne che hanno avuto il coraggio di
intraprendere questo viaggio consapevoli dei rischi estremi a cui andavano
incontro, sopravvivendo alle violenze nelle carceri libiche, agli stupri degli
scafisti, alla pericolosità del mare e ancora, alla violenza nel vedersi negata
la libertà di movimento e nel diventare il bersaglio su cui scaricare i
problemi di un paese intero. Tenendole in ostaggio per una settimana in mezzo
al mare, Salvini ha garantito a queste persone la totale continuità con gli
abusi e le torture che hanno caratterizzato il loro viaggio. Eppure, di fronte
alla possibilità di scendere dalla nave per sottoporsi a cure mediche, quattro
donne hanno rifiutato. Hanno rifiutato di essere divise dai loro mariti e dai
loro compagni di viaggio, esprimendo così la pretesa per il rispetto della vita
umana per tutte le persone a bordo di quella nave. Hanno voluto stare al fianco
dei loro compagni che, malgrado la fame e gli stenti subiti durante il viaggio,
trovavano ancora la forza di protestare con lo sciopero della fame.
Queste
donne hanno espresso con il loro rifiuto e con la loro tenacia la forza di chi
è disposto a tutto per migliorare le proprie condizioni di vita e per difendere
la propria dignità. Hanno sputato in faccia a un governo che fa delle donne e
dei loro corpi il campo di battaglia su cui costruire l’odio razzista, che le
vorrebbe oggetti parlati e passivi, da vittimizzare e proteggere, diventando
invece esempio di coraggio e dignità.
Si
parla tanto del problema dell’immigrazione perché in Italia “non ci sono soldi
e risorse anche per loro”, mentre per fermare le persone che vogliono
raggiungere l’Europa, Italia e Unione Europea versano milioni al governo
libico, complice di affari criminali commessi da funzionari governativi,
carcerieri e scafisti sulla pelle dei migranti, come dimostrano recenti foto
pubblicate da vari giornali. I torturatori delle carceri libiche sono quindi
finanziati dal nostro governo, senza che nessuno batta ciglio su questo. Pare
evidente che le donne e gli uomini che le hanno attraversate hanno molte più
buone ragioni di avercela con noi di quante ne abbia qualunque italiano di avercela
con loro.
E alle centinaia di italiani che dicono, facendo eco al governo, che il sequestro di 170 donne e uomini è stato uno strumento di pressione sull’Unione Europea e che anche l’ennesima tortura che queste persone hanno subito è giustificata, andrebbe risposto che loro, i neri della Diciotti, hanno passato l’inferno, le torture, gli stupri e il rischio di morire nel Mediterraneo, per cercare di migliorare la loro vita. Chi si lamenta e vorrebbe migliorare la propria, anziché giustificare e supportare chi li tortura, abbia il coraggio di fare qualcosa, di correre un rischio, anche solo in 170...
E alle centinaia di italiani che dicono, facendo eco al governo, che il sequestro di 170 donne e uomini è stato uno strumento di pressione sull’Unione Europea e che anche l’ennesima tortura che queste persone hanno subito è giustificata, andrebbe risposto che loro, i neri della Diciotti, hanno passato l’inferno, le torture, gli stupri e il rischio di morire nel Mediterraneo, per cercare di migliorare la loro vita. Chi si lamenta e vorrebbe migliorare la propria, anziché giustificare e supportare chi li tortura, abbia il coraggio di fare qualcosa, di correre un rischio, anche solo in 170...
Gli
stupratori, italiani o senegalesi, passati alla cronaca in questi giorni hanno
agito per proprio conto. Gli stupratori delle 11 donne della Diciotti e di
moltissime altre, invece, sono pagati dal nostro governo. Chi gli fa eco
dicendo di “aiutarli a casa loro” è complice degli aguzzini. Noi, invece, e lo
abbiamo dimostrato scontrandoci con la polizia che difendeva la barbarie
governativa, siamo con le donne, e con gli uomini, della Diciotti.
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