E’ uscito l’annuale rapporto del ministero della Salute sullo stato di
applicazione della legge 194.
Come al solito si tende ad affermare la sostanziale “compatibilità” tra
l’elevato numero di obiettori di coscienza e il diritto, per le donne,
di ricorrere all’ IVG; nel rapporto non manca il riferimento ai carichi
di lavoro cui sono sottoposti i non obiettori, anche questo
“compatibile”.
Per soffermarci sui dati numerici, bisogna dire che l’analisi non si
basa sugli effettivi bisogni delle aree territoriali: come si
spiegherebbero, altrimenti, il pendolarismo, da un lato, e il ricorso
all’aborto clandestino, dall’ altro?
Quello che è certo, comunque, è che l’obiezione di coscienza ha un ruolo
pratico, concreto nel rendere la vita delle donne che intendono
abortire difficile, complicata; ha un ruolo pratico concreto nel
criminalizzare le donne che osano scegliere se portare avanti o meno una
gravidanza; ha un ruolo ideologico, politico e pratico perché, con
essa, si afferma che l’embrione conta più di una donna reale; perché
contribuisce a spandere a piene mani un humus reazionario e oscurantista
che vuole le donne rinchiuse nelle case, in un ruolo di mere badanti.
Per tutto questo i dati del ministero della Salute devono suscitare
indignazione, per questo occorre cancellare l’obiezione di coscienza
dalla 194!
Mfpr- Milano
Di seguito un articolo sul rapporto
Aborti, in Italia nel 2013 calati del 4%. Ma interruzioni clandestine
oltre 15mila. Resta alto il numero degli
obiettori di coscienza tra ginecologi, anestesisti e infermieri.
Continua a calare il numero di aborti in Italia e a rimanere alto quello
degli obiettori di coscienza tra ginecologi, anestesisti e infermieri,
anche se quei (pochi) che eseguono le interruzioni volontarie di
gravidanza sono comunque sufficienti rispetto agli interventi che si
fanno: queste alcune delle conclusioni che emergono dalla relazione
inviata al Parlamento dal ministero della Salute sull’applicazione della
legge 194. Dati che confermano quelli dell’anno precedente, ma che,
secondo i ginecologi della Laiga (Libera associazione italiana
ginecologi per l’applicazione della legge 194), raccontano una realtà
diversa da quella che invece vivono ogni giorno medici e pazienti.
Secondo la relazione infatti, nel 2013 sono state notificate 102.644
interruzioni di gravidanza, cioè il 4,2% in meno rispetto al 2012, e il
tasso di abortività è risultato pari a 7,6 aborti per 1.000, con un calo
del 3,7% rispetto al 2012.
Tante ancora le donne straniere che
ricorrono all’interruzione di gravidanza, visto che sono circa il triplo
delle italiane, anche se stanno iniziando a stabilizzarsi, mentre
l’Italia in Europa è uno dei paesi con il minore ricorso all’aborto tra
le minorenni, rispetto agli altri Paesi dell’Europa Occidentale. Più o
meno stabile, dal 2005, il numero di aborti clandestini, che secondo i
calcoli dell’Istituto superiore di sanità per il 2012 sono stimabili in
12-15mila tra le italiane e 3-5mila tra le straniere.
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Il dato più interessante, e a tratti sorprendente, è quello che riguarda
invece l’obiezione di coscienza, che pur avendo numeri da capogiro, non
provocherebbe sostanzialmente problemi ai colleghi non obiettori che
devono lavorare di più né complicazioni alle pazienti. La relazione
contiene infatti i risultati del primo monitoraggio su aborti e
personale obiettore, condotto dal ministero insieme alle Regioni. Da qui
emerge che nel 2012 in media sono stati obiettori più di due ginecologi
su tre (69,6%), la metà degli anestesisti (47,5%) e per il personale
non medico c’è stato un ulteriore incremento, con valori che sono
passati dal 38,6% nel 2005 al 45% nel 2012. Poi ci sono i “picchi” di
alcune regioni, come Molise e Basilicata, dove i tassi di obiezione tra i
ginecologi si aggirano sul 90% e quello tra gli anestesisti sull’80%.
Ma, secondo i dati, le “ivg” vengono effettuate nel 64% delle strutture
disponibili, dunque con una copertura “soddisfacente”, tranne che in
Molise e nella provincia autonoma di Bolzano. E, considerando il numero
di aborti che ogni settimana deve fare ogni ginecologo non obiettore,
ipotizzando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni
non obiettore ne effettua 1,4 a settimana, un valore medio fra il
minimo di 0,4 della Valle d’Aosta e quello massimo del Lazio, con 4,2.
Il numero dei non obiettori nelle strutture ospedaliere è dunque
“congruo” rispetto alle ivg effettuate, “quindi gli eventuali problemi
nell’accesso al percorso – conclude la relazione – sono dovuti
eventualmente ad una inadeguata organizzazione territoriale”.
Soddisfatta Eugenia Roccella, parlamentare Ncd. “L’obiezione di
coscienza – rileva – non rappresenta un ostacolo al ricorso alle
interruzioni volontarie di gravidanza. Le criticità segnalate sono
dovute alle eventuali inadeguatezze sanitarie delle diverse regioni, ma
non si possono usare gli obiettori per mascherare i problemi
dell’organizzazione sanitaria locale”. “Favole” secondo Giovanna
Scassellati, ginecologa non obiettrice dell’ospedale San Camillo di
Roma. “Noi così crediamo alle favole – commenta amara – Il San Camillo
fa un terzo di tutte gli aborti della regione Lazio. Nel mio reparto di
ginecologia, siamo senza primario, lavoriamo sotto organico e su un
sacco di turni. Il problema è che non ci si ribella mai, e quando lo si
fa, si viene penalizzati”. Anche i numeri sul carico di lavoro
settimanale non collimano con quelli della realtà lavorativa quotidiana,
come conferma Silvana Agatone, presidente della Laiga. “All’ospedale
Pertini di Roma siamo in tre a fare 80 interruzioni di gravidanza al
mese, cui ci sono ad aggiungere gli aborti terapeutici – evidenzia – I
dati della relazione sono viziati da una distorsione di fondo, perché
monitorano l’offerta e non la domanda. Sappiamo che ad esempio nel Lazio
e nelle Marche ci sono ospedali che fanno 2-3 interventi a settimana,
costringendo così le donne a ‘emigrare’ in altre strutture e regioni”.
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