17/10/14

Intervista del mfpr ad Asia, compagna dell'ufficio informazioni del Kurdistan in Italia

(per problemi tecnici la trascrizione non è completa e letterale, ma il succo dell'intervista c'è tutto)

mfpr: qual'è la situazione adesso a Kobane?

Asia: da 26 giorni (dall'11 ottobre) c'è un un attacco molto forte da parte dell'ISIS contro i cittadini di Kobane. Qui vivevano curdi, ma anche arabi e popolazioni di altre culture, ma quando sono iniziati gli attacchi di isis in migliaia sono scappati perchè non c'era la possibilità di rimanere e quando volevano uscire il governo turco non ha lasciato fuggire questa gente anzi, ha attaccato sul confine e questa gente è rimasta dentro (in trappola). Alcuni comunque sono riusciti a passare in Turchia, ma poi migliaia di persone che volevano rientrare dalla Turchia perchè non volevano perdere la terra e volevano combattere tutti insieme con le forze curde, non sono riusciti a rientrare.
Qui a Kobane la resistenza c'è sempre stata, il popolo kurdo è abituato a resistere e a lottare. A Kobane la lotta non era solo militare, ma ideologica, contro ogni discriminazione e sociale. Da 30-40 anni lottiamo per la libertà, la democrazia e la pace del popolo kurdo, ma anche per i diritti di altri popoli in questo territorio, perciò c'è questa esperienza di resistere, della resistenza, ma non ci aspettavamo un attacco dell'ISIS con tutte queste armi pesanti e perciò le popolazioni non erano molto preparate e non avevano la possibilità di difendersi subito dagli attacchi di queste bande e tantissimi sono stati uccisi.
Ho sentito un compagno che proprio ieri sera mi ha detto che c'è stato un attacco molto forte con armi pesanti che attaccano da fuori, mentre noi abbiamo solo
Kalashnikov in mano, mancano le armi e altre cose e fino ad oggi non abbiamo avuto alcun sostegno, neanche militare. Una volta c'è stato un bombardamento della coalizione, ma nei luoghi dove non c'era l'isis e fuori dalla città, solo per dire che sono intervenuti, ma l'isis avanza verso la città. Sappiamo che sinora si sono avvicinati e hanno messo sotto controllo alcune strade vicino al centro.
Quando muore qualcuno delle bande, ISIS subito riceve aiuti militari da parte dell'Iraq e della Siria, perciò anche se ogni giorno hanno delle perdite, sono sempre di più e bene armati
Comunque la resistenza continuerà, non solo a Kobane ma dappertutto, anche in Europa e in Turchia, dove i kurdi stanno manifestando.
In questi giorni in Turchia sono state uccise almeno 40 persone, solo perchè hanno manifestato contro l'isis.
Il governo turco sostiene l'isis, non solo con le armi. "Davanti a un genocidio non dovete far niente, non dovete alzare la voce", questo è il messaggio che manda il governo turco ai kurdi.
Nessuno finora, né il governo turco né altri stati-nazione è stato capace di fermare la resistenza del popolo kurdo e anche di altri popoli, ma non basta, c'è bisogno di aiuti umanitari, la gente è dovuta scappare anche verso l'Iraq e la Turchia e ora vive per strada. Tra pochi mesi verrà l'inverno, alcuni bambini sono morti perchè non hanno niente da poter mangiare.
La situazione è molto critica non solo per il popolo curdo. Questa minaccia dell'isis è un pericolo per tutto il medio oriente, oltre che per l'europa, perchè molti membri dell'isis provengono dall'europa e vi torneranno e molte armi dell'occidente non sono andate in mano alla gente che combatte l'isis, ma in mano ai peshmerga, che sono scappati e scappano via. Anche i governi siriano e iracheno non fanno niente per difendere i propri popoli e intervengono solo quando vengono colpiti i loro interessi.
A Rojava abbiamo applicato da 2-3 anni un modello di autogoverno, libero, democratico, socialista, rispettoso di tutti i popoli. Questo modello, la "rivoluzione di Rojava", è una "rivoluzione senza stato" e indica che la soluzione non viene dagli stati, anche il popolo può costruire il proprio sistema. Questo è importante e questo siamo riusciti a fare, con tulle le popolazioni che vivono in Rojava, non solo kurdi ma anche di altre etnie. Anche donne e anziani partecipano a questo sistema, ci lavorano e lo difendono. Tutti hanno uguali diritti e uguali doveri. In questi giorni sappiamo che anche gli amministratori e le amministratrici dei cantoni hanno dovuto partecipare alla guerra, ai combattimenti, perchè i nostri ministri sono i rappresentati del popolo e devono difendere il popolo in qualsiasi modo.
Perciò adesso chiediamo a tutto il mondo, non un sostegno militare, ma umanitario, perché come popolo kurdo abbiamo iniziato a difenderci da soli, non abbiamo vai avuto il sostegno di nessuno. Abbiamo la forza di difenderci da soli, ma se cadrà la città di Kobane, il governo turco e anche altri governi si divideranno la regione con le armi e questo vuol dire in un certo senso l'inizio di una 3° guerra mondiale. Per questo chiediamo alla comunità internazionale di rompere questo silenzio e di fare qualcosa, non solo per i kurdi, ma per tutta l'umanità.

 

mfpr: i popoli d'europa come possono intervenire per portare questa solidarietà? Come possiamo contribuire?

Asia: ci sono diversi modi. In primo luogo ci serve sempre un'attenzione: questa situazione si deve vedere come una situazione che si può vivere ogni giorno e che riguarda tutti, non come è successo nella seconda guerra mondiale con i nazisti. Ognuno di noi può fare qualcosa, si possono raccogliere aiuti, andare sul confine e fare pressione affinché il governo turco, anzichè proteggere ISIS, lasci trasportare i feriti agli ospedali di Turchia.
E' importante anche l'aiuto psicologico, ad esempio i cittadini di Kobane dicevano che volevano avere anche solo un saluto dall'umanità, volevano sapere che il mondo sta vedendo questo genocidio e questo è importante da un punto di vista morale.
E' importante non lasciarli soli, l'isolamento, l'embargo per i popoli del medio oriente, che sono abituati a vivere tutti insieme, fa loro più male dell'ISIS, psicologicamente, socialmente, economicamente, militarmente.
Noi abbiamo fatto una proposta alla comunità internazionale di creare un gruppo, una "coalizione dei popoli", per intervenire lì al confine, come un gruppo della solidarietà, per far attenzione, per opporsi alla guerra, agli interessi degli stati-nazione.
Anche qui in Italia si può fare qualcosa, perchè noi non vediamo che il governo italiano voglia portare la pace in quella regione. Noi crediamo che i popoli, non gli stati-nazione possano cambiare il corso della storia, perciò abbiamo attuato il confederalismo democratico. Se i governi, se gli stati avessero fatto gli interessi dei popoli allora non ci sarebbero state queste guerre. La mentalità degli stati-nazione è falsa, bisogna cambiare questa mentalità, questa ideologia. La guerra dei governi è contro le donne, contro i popoli e le donne sono le prime ad essere colonizzate e schiavizzate. Il potere degli stati nazione è intrinsecamente patriarcale. In questa società le donne è come se non esistessero, ma le donne sono il centro del popolo. Il popolo si organizza secondo la donna oppure secondo la madre e se si vuole difendere il popolo bisogna difendere i diritti, la libertà delle donne prima di tutto. Questo secondo noi è molto importante, perciò nel sistema del Rojava, la partecipazione delle donne è del 40%, quella degli uomini pure e il restante 20% è rimasto così (?), perciò questo sistema può essere un modello per gli altri paesi, oppure per tutto il medio oriente.
In Europa, e ancor di più in medio oriente per l'influenza dell'islam, la donna non viene proprio considerata come persona. questo noi non lo accettiamo. Abbiamo la forza di costruire un altro sistema con la forza del popolo, con la partecipazione del popolo e noi ci siamo riusciti, nonostante la guerra, a partire da ogni aspetto della vita sociale, economica, culturale, fino all'educazione, all'istruzione, alla difesa.
E' possibile anche se è difficile, ma anche la resistenza è una cosa difficile, non possiamo condurre una vita normale, come il popolo palestinese e altri popoli della regione che si devono abituare alla guerra e secondo questo modo di vivere sono costretti anche a rafforzare la psicologia. Questa è una realtà, ma non possiamo dire "non possiamo far niente" e allora che facciamo? rimaniamo così quando ci sfruttano e ci uccidono?
Sappiamo che la difesa è un diritto e si può usare, ma si deve anche usare!

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