04/02/13

L'Aquila, minacce all'avvocato del Centro antiviolenza

8 anni gli sembrano anche troppi per femminicidio, a Tuccia e tutto l'apparato che lo protegge... 
Tutta la nostra solidarietà a Simona Giannangeli
Il massimo disprezzo a chi stupra e difende gli stupratori, a chi, con atti vili, intimidadori e mafiosi, con sentenze "docili" nei confronti di chi stupra, pensa di colpirne una per educarne 100.
STUPRATORE NON LO DIMENTICARE, LA FURIA DELLE DONNE DOVRAI SCONTARE!
  
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L'Aquila, minacce all'avvocato del Centro antiviolenza: "Ti passerà la voglia di difendere le donne"
Un biglietto con insulti ritrovato sulla macchina

di Marina Marinucci

L’AQUILA «Ti passerà la voglia di difendere le donne.... Stai attenta e guardati sempre le spalle, da questo momento questo posto non è più sicuro per te». E poi giù parolacce. Minacce e insulti contenuti in un biglietto lasciato sul parabrezza dell’auto di Simona Giannangeli, l’avvocato del Centro antiviolenza parte civile nel processo per lo stupro di una studentessa avvenuto un anno fa nel piazzale della discoteca Guernica di Pizzoli. Processo che si è chiuso giovedì scorso con la condanna a 8 anni dell’ex militare Francesco Tuccia. L’auto dell’avvocato era parcheggiata proprio sotto la sua abitazione-studio. A trovare quel messaggio minatorio, farcito di offese, è stata venerdì mattina la stessa Giannangeli. «Non voglio collegare niente», commenta l’avvocato del Centro antiviolenza, «ma certo il contenuto di quel messaggio appare chiaro. Ho provato tanta rabbia e con il passare delle ore è cresciuta anche l’indignazione. Quel biglietto è la conferma di quanta intolleranza possa ancora esistere nei confronti delle donne che prendono la parola in un contesto pubblico e che magari lo fanno nel nome di altre donne. È il segno e la riconferma del fatto che non ci sono poi grandi margini di libertà quando le donne decidono di denunciare le violenze subìte. O, comunque, di operare a fianco di altre donne vittime di violenza in qualità, come nel mio caso, di avvocato. Quel biglietto sul parabrezza della mia auto significa che lo strumento utilizzato contro le donne è quello della minaccia».
In un primo momento la Giannangeli aveva deciso di non rendere pubblica la cosa. Poi il ripensamento «perché si sappia che questi fatti non ci intimidiscono. Provo un sentimento di rabbia che si accompagna alla consapevolezza tristissima di vivere in un tempo in cui gli uomini fanno queste cose. Parlo al maschile perché sono sicura che questo genere di cose viene dalla testa di un uomo. Ho voluto raccontare di queste minacce per far comprendere alle donne che, qualunque cosa accada, noi saremo sempre al loro fianco». Per ora l’avvocato Giannangeli ha deciso di non presentare alcuna denuncia. «Sarebbe una cosa contro ignoti e sappiamo come queste cose vanno a finire. Vedremo cosa fare se ci saranno, per dirla in modo ironico, altre attenzioni». L’avvocato ripete di non voler parlare del processo Tuccia. «Ma», dice, «non accade tutti i giorni di essere parte civile in un processo del genere e di ritrovarsi, nemmeno 24 ore dopo la sentenza, a dover fare i conti con un biglietto minatorio lasciato nell’auto parcheggiata sotto casa».

LUNEDÌ, 04 FEBBRAIO 2013

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