Campagna internazionale di solidarietà e per la liberazione delle prigioniere politiche in India
Un genocidio si sta consumando in India nel silenzio più totale dei media e con la complicità di tutti i paesi imperialisti, Italia inclusa.
Le grandi aziende, indiane e internazionali, appoggiate dal governo centrale, muovono guerra soprattutto alle popolazioni adivasi, attraverso l’uso di militari e paramilitari, per costringerle ad abbandonare la loro terra ed impiantarvi miniere e fabbriche inquinanti.
Le più colpite da questa feroce repressione sono soprattutto le donne, che in prima linea lottano contro le ingiustizie di classe, di casta e religiose, contro le discriminazioni e le violenze sessuali, contro la repressione dilagante da parte della polizia verso i lavoratori in lotta, gli oppositori politici, contro leggi razziali e pulizia etnica, contro la militarizzazione dei villaggi, la privatizzazione e lo sfruttamento delle risorse naturali da parte di multinazionali senza scrupoli, a cui il governo svende non solo il territorio, ma anche gli Adivasi che lo abitano, costringendoli, di fatto, ad abbandonare le loro terre ancestrali.
*******
1Dayamani Barla: la storia di una lotta tribale e del perché non riesce a fermarsi: https://vikalpsangam.org/article/dayamani-barla-atribals-tale-of-struggle-and-why-she-cant-stop/
Dayamani Barla è una giornalista e attivista tribale dello stato indiano del Jharkhand. Da bambina ha visto le caste superiori impossessarsi della terra della sua famiglia. Suo padre divenne servo in una città e sua madre serva in un’altra. Barla rimase a scuola nel Jharkhand, ma lavorò come operaia e come domestica e a volte dormiva nelle stazioni ferroviarie per continuare la sua formazione in giornalismo. Nel 1995 si è unita al movimento contro il progetto Koel Karo che avrebbe causato lo sfollamento di 250.000 persone, distrutto 55.000 ettari di terreno agricolo e 27.000 acri di giungla. Il movimento era forte e riuscì a fermare il progetto, ma nel 2005 il governo firmò un protocollo d’intesa con Arcelor Mittal che comportava l’acquisizione di 12.000 ettari di terreno, una nuova centrale elettrica e lo spostamento di 40 villaggi tribali. Combattendo contro Arcelor Mittal, Dayamani Barla è stata picchiata, minacciata, perseguitata con 12 casi giudiziari e incarcerata.
“Ricevevo minacce ogni giorno. Hanno detto che mi avrebbero uccisa, che mi avrebbero rapita in pubblico. Mi è stato detto di smettere di venire nei villaggi e di parlare con queste persone, altrimenti - ti spareremo così tanti proiettili nel corpo che nessuno riconoscerà il tuo cadavere. - Ma avevo solo una cosa nella mia mente, se mi spavento e smetto di andare al villaggio e di incontrare la mia gente, se mi sparano uccideranno solo una Dayamani, ma se lascio che questa paura mi fermi, migliaia di persone verranno uccise senza proiettili. le loro generazioni future saranno distrutte. Quindi è meglio che io muoia”.
*******
La corsa all’estrazione mineraria, compresi i piani per aumentare la produzione di carbone a un miliardo di tonnellate all’anno, è massicciamente concentrata in sei stati centrali, che ospitano 57 milioni di Adivasi che dipendono da quelle terre per la loro sussistenza, e quelle terre sono per loro luoghi sacri!
Per i padroni di tutto il mondo, invece, sono motivo di profitto, si istallano nuovi campi di polizia e si sfrattano le popolazioni.
Le poche scuole costruite con fatica dagli abitanti vengono occupate dai militari. Chi si oppone all’acquisizione forzata delle terre indigene viene brutalmente represso.
Ma la resistenza a questa distruzione è forte e di massa, e in essa le donne svolgono un ruolo centrale, combattendo in maniera militante per i loro diritti sulla terra. Per questo motivo affrontano una brutale repressione, in cui gli stupri e i femminicidi sono preminenti, sono un “rituale di vittoria” per il regime fascista, hindutva e genocida indiano. “Questi stupri sono atti politici, volti ad umiliare il “ nemico” — disonorare la donna è disonorare la comunità”.1
Gli aggressori agiscono quasi sempre impunemente, anzi, vengono trattati da eroi salvatori della patria. Le agenzie governative, la polizia, militari e paramilitari sono intimamente coinvolti in queste violenze, nel tentativo di terrorizzare le donne e la popolazione. Le draconiane leggi antiterrorismo sono usate per mettere a tacere il dissenso, e chiunque resista viene etichettato come membro dell’insurrezione armata maoista.
Secondo l’ultimo rapporto di Survival International, da quando Narendra Modi è salito al potere, il numero delle donne accusate di “sedizione” è quasi triplicato.
L'APPELLO INTERNAZIONALE DEL ICSPWI
Il Comitato Internazionale di Sostegno alla Guerra Popolare in India (ICSPWI) saluta, appoggia la Giornata per i Diritti dei Prigionieri Politici in India e fa appello al proletariato mondiale, a tutte le organizzazioni rivoluzionarie, democratiche e antimperialiste a salutare. appoggiare e partecipare il 13 settembre a questa giornata; e rendiamo omaggio rivoluzionario ai nostri compagni in prigione che incrollabilmente resistono e impugnano saldamente la bandiera rossa, dentro la campagna internazionale prolungata per la liberazione di tutti i prigionieri politici in India.
I compagni indiani scrivono: "94 anni fa, sotto dominazione britannica, il rivoluzionario nazionalista Jatindranath Das iniziava lo sciopero della fame a oltranza insieme al compagno Bhagat Singh, per rivendicare il riconoscimento dei rivoluzionari come prigionieri politici. Cadde martire dopo 63 giorni di sciopero della fame. In memoria di questo grande martire, il PCI(maoista) il 13 settembre celebra la Giornata dei Diritti dei
Prigionieri Politici. I governanti non solo non sono parte della lotta per l’indipendenza, vi si oppongono e sostengono i padroni coloniali. In questi giorni in modo spudorato e subdolo pretendono di festeggiare l’Azadi ka Amrut Kaal (il 75o dell’indipendenza). Ma ancor oggi nessun rivoluzionario è trattato come prigioniero politico in carcere in questo presunto "grande paese democratico".
Il governo hindutva approva di gran lena, disegni di legge antidemocratici e incostituzionali nella sua marcia che prevede la costruzione di una nazione indù entro il 2047, centenario della cosiddetta "indipendenza dell’India". È nostra responsabilità prioritaria far fallire i loro sogni e difendere la biodiversità dell’India, comprese le minoranze religiose, in particolare le minoranze musulmane e cristiane, con la vittoria della rivoluzione di nuova democrazia.
La lotta per la liberazione incondizionata dei prigionieri politici è compito urgente di tutte le forze solidali e parte integrante del sostegno, per la vittoria della loro guerra di liberazione.
La nuova campagna prolungata che comincia il 13 settembre in tutte le maniere possibili, adattata alle condizioni nazionali concrete di tutti i paesi, culminerà in una Grande Giornata Internazionale di Azioni il 25 novembre 2023
Libertà incondizionata per tutti i prigionieri politici!
Viva la guerra popolare in india!
Comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India (ICSPWI)
settembre 2023
Nessun commento:
Posta un commento