06/09/23

"Dovete fare figli per i padroni!"

E' chiaro, e nè governo nè padroni tentano di mascherarlo e anzi lo dicono in maniera aperta e spudorata, la campagna contro la denatalità, che a breve porterà a provvedimenti legislativi, è in funzione di dare braccia, corpi, forza-lavoro ai padroni grandi e piccoli.

Padroni, governo Meloni si allarmano per le poche nascite. Pubblichiamo sotto un comunicato dell'Associazione Artigiani e piccole imprese di Mestre (CGIa) - ma tante altre dichiarazioni di imprenditori, di Ministri del governo, della stessa Meloni ci sono in questi mesi. 

A lor signori dei bambini, delle donne, delle gravi condizioni economiche delle famiglie, della mancanza di servizi o dei loro alti costi per le famiglie, del peggioramento della sanità, delle scuole, degli asili, ecc. ecc., non gliene frega nulla di nulla, vogliono soltanto forza-lavoro, carne fresca per il ricambio di chi va in pensione, carne viva da sfruttare, o cinicamente "rimpiazzare" (un termine che esprime bene la concezione dei padroni di lavoratori come "merce") i lavoratori uccisi per il profitto.

Questa campagna per fare figli non è stata certo estranea ai governi precedenti, oggi, però, viene posta in modo martellante, colpevolizzante verso le donne, con una campagna per cui le donne pesano in base al numero di figli che hanno, e per cui vengono legate a questo numero le possibilità di essere assunte, di avere bonus, aumento dell'assegno unico, ecc.

Come non vedere un collegamento tra questa marcia concezione delle donne buone/utili come macchine riproduttive e il peggioramento generale dei diritti, della dignità delle donne, facile humus per l'aumento dei casi di stupro, femminicidi? 

Il CGIa dice nel suo comunicato che se non ci fanno figli (italiani) i padroni dovranno ricorrere "all'impiego degli extracomunitari". E lo pone quasi come una "minaccia". E allora? Assumeteli, ben vengano! (fermo restando che ci opporremo con le lotte al loro supersfruttamento). 

IL COMUNICATO DEL CGIa


Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre – CGIa

"Negli ultimi dieci anni è sceso di quasi un milione il numero dei giovani tra i 15 e i 34 anni1. Questa contrazione nella fascia di età più produttiva della vita lavorativa sta arrecando grosse difficoltà alle aziende italiane. Insomma, la crisi demografica sta facendo sentire i suoi effetti.

• Entro 2027 dovremo “rimpiazzare” quasi 3 milioni di addetti. Tra il 2023 e il 2027, ad esempio, il mercato del lavoro italiano richiederà poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione... pertanto,(questo) diventerà un grosso problema per tanti imprenditori.
E’ un quadro desolante che rischiamo di pagare caro se, come sistema Paese, non torneremo ad
aumentare il numero delle nascite, a investire maggiormente nella scuola, nell’università e, soprattutto, nella formazione professionale.
Alla luce della denatalità in corso nel nostro Paese, appare evidente che per almeno i prossimi 15-20 anni dovremo ricorrere stabilmente anche all’impiego degli extracomunitari. 

Negli ultimi dieci anni la contrazione della popolazione giovanile italiana ha interessato, in particolar modo, il Mezzogiorno. In questa ripartizione geografica la diminuzione è stata pari a 762 mila unità (- 15,1 per cento). Seguono il Centro con -160 mila (-6,6 per cento), mentre al Nordovest (-1 per cento) e al Nordest (-0,5 per cento) la flessione è stata molto contenuta. A livello regionale, invece, è stata la Sardegna con il -19,9 per cento a subire la flessione più importante.
Seguono la Calabria con il -19 per cento, il Molise con il -17,5 per cento, la Basilicata con il -16,8 per cento e la Sicilia con il -15,3 per cento. A livello provinciale, infine, la realtà che negli ultimi 10
anni ha registrato la diminuzione più importante è stata la Sud Sardegna con il -26,9 per cento. Seguono Oristano con il -24 per cento, Isernia con il -22,2 per cento e Cosenza con il -19,5 per cento. In contro tendenza, invece, solo una dozzina di province. Le più virtuose sono state Trieste con il +7,9 per cento, Bologna con il +7,5 per cento e Milano con il +7,3 per cento".

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