26/09/23

Il Tribunale de L'Aquila va "sanzionato" dalle donne! subito e al nuovo processo

La Corte d'appello de L'Aquila un anno fa aveva messo in atto una sentenza gravissima e emblematica (per fortuna annullata dalla Cassazione). Per L'Aquila, la colpa dello stupro fu della ragazza. La ragazza (allora di 15 anni) aveva bevuto, non avrebbe resistito e quindi... era consenziente.
Una motivazione (quella della presunta ubriacatura) che invece di essere un'aggravante di porci stupratori che approfittano anche di uno stato di debolezza/confusione di una donna, diventa una dimostrazione di consenso alla violenza sessuale.
Una motivazione che ora si sta ripetendo sempre di più. E che oggi diventa addirittura una linea sostenuta dalle alte cariche dello Stato per i loro bastardi, marci figli e dalla Meloni, per cui: chi ha la colpa dello stupro, chi col suo comportamento lo provoca è la donna, è la ragazza, non i maschi che invece vanno giustificati e, come a L'Aquila, e non solo, assolti.
Ancora una volta non c'è giustizia nei Tribunali per le donne - altro che il "codice rosso" ad uso solo di propaganda.
La giustizia deve essere presa nelle mani dalle stesse donne! 
Il Tribunale de L'Aquila NON SE LA PUO' CAVARE! 
Va "sanzionato" subito e al nuovo processo si deve sentire forte la protesta delle donne, delle ragazze. 

COMPAGNE DE L'AQUILA VI ASPETTIAMO ALL'ASSEMBLEA DONNE/LAVORATRICI ON LINE DEL 12 OTTOBRE, PER DECIDERE INSIEME CHE FARE

Mfpr

Info dalla stampa:
Una sentenza che risolve il consenso sessuale attraverso «una supina accettazione di stereotipi culturali ampiamente superati», e una Corte che ha messo in atto la «vittimizzazione secondaria della parte lesa», non credendo all’attendibilità della vittima, che al momento dello stupro aveva solo 15 anni. La Cassazione, che ha ordinato un nuovo processo, demolisce con motivazioni durissime la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, che lo scorso anno ha assolto i due imputati dall’accusa di violenza sessuale su una minorenne.
Ora il processo è da rifare perché la vittima non è stata tutelata. Per gli ermellini, i giudici hanno omesso la valutazione di tutte le prove, come la presenza di tracce di liquido seminale dei due imputati, all’epoca ventottenni, sulla maglietta della vittima. 
Inoltre, per la Cassazione in appello è stata messo in atto la «vittimizzazione secondaria della parte lesa», non credendo all’attendibilità della vittima, che aveva solo 15 anni quando è stata stuprata.
La ragazza dopo la violenza sessuale aveva tentato due volte il suicidio. La Corte non ha trovato convincente anche la posizione degli imputati. Che avevano parlato di sesso consenziente: «I giudici d’appello non hanno spiegato in alcun modo come i due imputati avrebbero raccolto il consenso» della giovane. Di più: la sentenza d’appello lascerebbe intendere anche una specie di consenso implicito. Derivandolo dal fatto che la ragazza aveva ammesso di aver bevuto due o tre bicchieri di vino con gli imputati, ma non tanto da ubriacarsi. Secondo la Cassazione in questo modo si finisce per porre in capo alla vittima la responsabilità di resistere all’atto sessuale. Con una presunzione di consenso che deriva dalla «supina accettazione di stereotipi culturali ampiamente superati».
La credibilità della versione degli imputati
Infine, secondo la Cassazione la Corte d’Appello «omette, inoltre, la Corte di appello di compiere qualsiasi valutazione sulla credibilità della versione alternativa fornita dai due imputati (salvo affermare, a che il fatto che non si siano mai sentiti telefonicamente dopo il fatto costituirebbe elemento in grado di dimostrare che il fatto non è successo), anche in relazione al loro comportamento processuale». Per la Cassazione i giudici di appello hanno omesso, nella loro valutazione, «di confrontarsi con i dati valorizzati dalla prima sentenza - che aveva condannato a 4 anni e mezzo: hanno infatti proceduto alla demolizione dell’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni della persona offesa per poi esaminare i soli dati estrinseci che confortavano la soluzione adottata, con un approccio contrario a quello che deve caratterizzare il «metodo scientifico» di ricerca della prova».

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