Dalla presentazione del libro.
Questo libro è nato per dare un volto e un perché a una congiunzione. Nel commando c’era anche una donna, titolavano spesso i giornali qualche decennio fa. Anche. Un mondo intero racchiuso in una parola. A sottolineare l’eccezionalità ed escludere la dignità di una scelta. Sia pure in negativo. Nel sentire comune una donna prende le armi per amore di un uomo, per cattive conoscenze. Mai per decisione autonoma. Al genere femminile spetta un ruolo rassicurante. In un’epoca in cui sembra difficile persino schierarsi «controcorrente», le «streghe» delle quali si racconta nel libro emergono dal recente passato con la forza delle loro scelte. Dieci militanti politiche (Elena Angeloni, Margherita Cagol, Annamaria Mantini, Barbara Azzaroni, Maria Antonietta Berna, Annamaria Ludmann, Laura Bartolini, Wilma Monaco, Maria Soledad Rosas, Diana Blefari Melazzi) che dagli anni Settanta all’inizio del nuovo millennio, in Italia, hanno impugnato le armi o effettuato azioni illegali all’interno di differenti organizzazioni e aree della sinistra rivoluzionaria, sacrificando la vita per il loro impegno. Non volevano essere eroine. Forse, avevano messo in conto la morte, come chiunque quando fa una scelta radicale. Dare e ricevere sofferenza. Non è semplice. Lo si fa perché si è convinti sia una necessità storica. Lo si fa per amore. Amore per la giustizia, per la libertà. Amore per la rivoluzione.
"Sebben che siamo donne" non è un libro di storia, ma di storie. Raccontate dalla parte di chi le ha vissute. Cercando di ricostruirne il senso, i pensieri, l’azione. Si possono non condividere le scelte di queste donne. Ma sicuramente sono interne al lungo percorso di progresso ed emancipazione sociale del proletariato e delle masse popolari. Sono parte di noi. Di chi nel mondo si batte per una società senza classi.
Nessun commento:
Posta un commento