08/08/21

Laila, come Luana, schiacciata dalla fabbrica del capitale


Laila El Harim, operaia 40enne, madre di una bimba di quattro anni, è morta martedì mattina mentre era al lavoro 
nell’azienda Bombonette di Camposanto (Modena), schiacciata da un macchinario dell’azienda di imballaggi. È stata trascinata e schiacciata da una fustellatrice, che serve per sagomare e tagliare con precisione, diversi tipi di materiale.  
Dai primi risultati dell’accertamento autoptico disposto dalla procura di Modena, Laila sarebbe morta sul colpo a causa di fratture craniche e vertebrali procuratele dalla fustellatrice che l'ha trascinata e schiacciata.
La delega agli accertamenti sulla fustellatrice è stata data al Servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro dell’Ausl (Spsal) e all’Ispettorato del Lavoro. Andrà chiarito se la donna fosse formata all’utilizzo della fustellatrice, se quel giorno fossero stati rispettati gli orari di lavoro, se la macchina fosse provvista di sistemi di protezione e se questi possano essere stati rimossi o alterati.
Tra le tante domande a cui bisognerà dare una risposta per spiegare perché la fustellatrice alla quale l’operaia stava lavorando l’abbia risucchiata uccidendola, una per ora sembra aver trovato una parziale risposta: Laila è morta da sola, con lei non c’era nessuno vicino alla fustellatrice che potesse bloccare il macchinario, perché l’apprendista che solitamente la affiancava quel giorno non era a lavoro e secondo la relazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, il macchinario era provvisto di un doppio blocco di funzionamento meccanico, «ma purtroppo azionabile, da parte dell’operatrice, soltanto manualmente e non automaticamente. Ciò ha consentito un’operazione non sicura che ha cagionato la morte per schiacciamento».
Ma anche per Laila, come a Prato per Luana si è trattato di una tragedia annunciata. Laila aveva denunciato ai tecnici competenti il malfunzionamento del macchinario che l'ha uccisa ed aveva anche fotografato la fustellatrice. Laila segnalava da oltre un mese all'azienda inceppamenti del macchinario, del quale "se ne lamentava spesso, diceva che si bloccava, che non andava. E spesso dovevano intervenire gli elettricisti" riferisce il suo compagno.
Quella macchina, insomma, non consentiva di lavorare in sicurezza, ma per i padroni la sicurezza ha un costo, che val bene la vita di qualche operaia.
Questi assassinii seriali sono il frutto di questo sistema capitalista. In questo sistema la condizione di maggiore necessità e maggiore difficoltà a trovare e a mantenere un lavoro, soprattutto da parte delle donne, degli immigrati, viene usata per ottenere più lavoro e meno diritti.
Ieri per Luana, oggi per Laila, noi donne, noi lavoratrici dobbiamo dire: Basta! Ma basta sul serio!
Autorganizziamoci, facciamo noi "controlli", assediamo i padroni, imponiamo noi le condizioni per la nostra sicurezza!
Per le operaie uccise non basta il lutto, porci padroni pagherete tutto!

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