La violenza sessuale - stupri, femminicidi - è un
crimine, l'apice di tante e continue oppressioni e violenze quotidiane contro
le donne e deve essere trattato sempre come tale, senza se e senza ma.
Non confidiamo nella giustizia borghese, ma nella solidarietà
attiva, rabbia, ribellione, giustizia autonoma della lotta delle donne contro
gli stupratori.
Contro la magistratura che li libera, violentando
anch'essa la donna, contro lo Stato, governo che genera, alimenta questo
crimine sistemico, scateniamo la furia delle donne.
La lettera della donna: "Io sono diventata
scarto"
I
magistrati hanno scarcerato «due dei miei carnefici. Ora ho paura. Quel giorno
sono caduta in una trappola. Più ancora della violenza che ho subito, mi ha
fatto male quello che è successo dopo. Quando ti accorgi che non c’è giustizia,
che non hai tutela, allora il dolore diventa insopportabile», dice a Repubblica
la ragazza di 24 anni stuprata nell’ascensore della stazione della
Circumvesuviana a San Giorgio a Cremano. Quando torna con la mente a quelle
scene affiorano le lacrime. Ma si fa forza, e grida alle altre donne vittime di
violenza: «Non abbiate paura di denunciare». E agli uomini che
compiono abusi dice: «Fermatevi, usate la forza della ragione, non l’istinto».
C’era
qualcuno, nella stazione, che avrebbe potuto aiutarla?
«No,
non c’era nessuno. Ero sola con i miei tre carnefici, in quell’ascensore. Forse
però, a pensarci bene, un momento c’è stato, in cui avrebbero potuto
aiutarmi...».
Quando?
«Per
un istante si sono aperte le porte e uno di loro mi è venuto incontro,
abbracciandomi, perché avevo i pantaloni abbassati. Ecco, se le persone si
fossero soffermate un attimo a osservare la scena, forse si sarebbero rese
conto che ero completamente inerme. E avrebbero potuto fare qualcosa».
Pensa
che sia stato un errore denunciare?
«No.
Però è un peccato che, pur essendoci tutte queste prove, non sia stato preso in
considerazione quello che ho detto».
Ora
i giudici hanno scarcerato due degli indagati.
«E io
temo che possano vendicarsi, non si aspettavano che li avrei denunciati. Non
abitiamo distanti, potrei facilmente incrociarli di nuovo».
Perché
sono stati rimessi in libertà, secondo lei?
«Credo
che i magistrati siano stati ingannati dal mio atteggiamento iniziale di
benevolenza verso quei ragazzi. Si vede dai filmati, ma io non l’ho mai
nascosto. Si sono avvicinati chiedendomi scusa per avermi seguita fino a casa
giorni prima e io gli ho creduto».
Crede
ancora nella giustizia, alla luce delle recenti decisioni del tribunale del
Riesame?
«Sì,
ci credo. Credo nel lavoro che stanno facendo i miei avvocati. E conservo la
speranza, perché senza speranza è come se non ci fosse vita».
Cosa
pensa di fare adesso? Come vede la sua vita negli anni a venire? Pensa che
questa ferita, almeno in parte, potrà risanarsi?
«Ho
il desiderio di fare qualcosa per le persone in difficoltà. Questo è il
pensiero che ricorre con maggiore forza da quando è successo tutto. Aiutare
donne, bambine, ragazze. Nella mia mente si sta facendo strada l’idea di costituire
un’associazione per tutti i soggetti a rischio, in particolar modo per le
donne».
Lei
ha detto che per lasciarsi tutto alle spalle intende andare via dalla sua
città. È così?
«Adesso
non ci penso più. Spesso dal male si può ricavare il bene, me lo hanno
insegnato i miei avvocati. Credo che, per poter promuovere un cambiamento
radicale, sia preferibile lavorare su questo territorio, dove più di una volta
sono rimasta vittima di violenze sessuali».
Si
riferisce al primo tentativo di abusi di cui ha parlato, avvenuto tre settimane
prima dell’episodio della Circumvesuviana?
«No.
Già a 14 anni ero rimasta vittima di una tentata violenza. Alle donne che
subiscono abusi dico che devono trovare la forza di denunciare, di credere
nella giustizia, di coltivare la speranza e la fede. Se non in Dio, nell’uomo,
perché ci sono uomini e donne pieni di valori, che sono pronti ad aiutarci e a
starci vicino nei momenti di difficoltà e di profonda crisi interiore».
E
agli uomini che ne abusano, invece, cosa direbbe?
«A chi
ha fede, ricorderei che siamo stati generati per essere fratelli ed essere
trattati alla pari. Agli uomini che, invece, non credono in Dio, direi di non
far valere i propri istinti, né la coercizione fisica e mentale, ma la forza
della parola e quella della ragione».
(Dall'intervista
a Repubblica - 31 marzo)
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