26/04/19

25 aprile - la Brigata composta da sole donne



Leggete l'opuscolo di documentazione sulle donne nella Resistenza (MFPR)





25 aprile, la storia dell’unica brigata composta da sole donne: “Coscienza di genere e prime lotte per parità salariale”


La più anziana aveva settant’anni e usava il nome di battaglia “Nonnina”. La più giovane ne aveva quindici ed entrambi i suoi genitori erano stati deportati. Sui monti liguri, negli anni dell’occupazione nazifascista, ha combattuto l’unica brigata partigiana composta da sole donne, anche nei gradi di comando. Nell’autunno 1944 prese il nome di “brigata Alice Noli”, in omaggio a una giovane staffetta di Campomorone, nell’entroterra di Genova, seviziata e uccisa dalle milizie nere per aver dato sepoltura ad alcuni tra i 147 partigiani morti nell’eccidio della Benedicta, nell’aprile dello stesso anno.

Alice era una ragazza piena di passioni: amava il canto e la pittura, “e spesso scendeva da Campomorone fino al centro di Genova per ottenere un autografo dai suoi artisti preferiti”, racconta Massimo Bisca, presidente provinciale dell’Anpi. A 16 anni aveva cominciato a lavorare alla Brambilla, una ditta di pelletteria nel quartiere genovese di Pontedecimo. Fece assidua propaganda partigiana, procurò aiuti e rifornimenti e collaborò con i Gruppi di difesa della donna, la più importante organizzazione femminile di sostegno alla Resistenza. Nel gennaio del 1944 era entrata a far parte della 3° brigata “Liguria”. Scoperta e catturata insieme ad altri sei compagni, venne portata in caserma: poiché si rifiutava di fornire informazioni, fu caricata su un camion e infine fucilata.



Nei mesi successivi, la brigata femminile che già operava sui monti di Genova – svolgendo una funzione di raccordo tra gli stabilimenti industriali della Val Polcevera e i nuclei partigiani – adotta il nome di Alice. Con l’inizio della guerra le donne avevano sostituito gli uomini in molti luoghi di lavoro, sviluppando coscienza di genere e iniziando le prime lotte per la parità salariale. L’8 marzo ’45 le donne della ‘Alice Noli’ distribuirono clandestinamente a Genova 20mila volantini e realizzarono oltre 500 scritte sul selciato, per testimoniare il proprio ruolo nella Resistenza.

 

Dopo la Liberazione, nel grande corteo del 1° maggio in cui sfilarono tutte le formazioni partigiane, qualcuno non vedeva di buon occhio la presenza della brigata femminile. Un dirigente delle Sap – Squadre d’azione patriottica – disse a una partigiana di stare attente a sfilare in pantaloni, perché avrebbero rischiato di sembrare delle poco di buono. “Lei gli rispose in malo modo – racconta Massimo Bisca – e assicurò che avrebbero cucito delle gonne per il corteo, ma lo mise in guardia dal toccare le armi dei fascisti che loro stesse avevano conquistato in battaglia”.



Felicita "Alice" Noli: nata nel 1906, fucilata l'8 agosto 1944, Medaglia di Bronzo al valor militare alla memoria.
A 16 anni si impiegò a Pontedecimo presso la ditta Brambilla e nell'ultimo anno fu direttrice del ramo confezioni di borse. Fece attivissima propaganda per i partigiani, procurando pure aiuti, e divenne attiva collaboratrice dei Gruppi di Difesa della Donna. Dopo l'8 settembre 1943, i tedeschi avevano disarmato soldati italiani e li avevano imprigionati. Alice, a braccia aperte in mezzo alla strada, obbligò un camion di soldati tedeschi a fermarsi. Impassibile, mentre i soldati le puntavano i mitra addosso, si rivolse al capitano e a voce alta esclamò: "Mi prometta che non si farà del male ai nostri soldati". L'ufficiale, che non aveva l'aria di intendere il valore di quell'intervento, rimase interdetto, poi disse: "Si, prometto". In più occasioni Alice mostrò con tenacia e coraggio le sue idee, come quando gridò in faccia ad un tenente fascista, a Pegli, cosa pensava del Duce e del regime; o come quando vide, davanti al ponte della Ferriera, un posto di blocco tenuto dai tedeschi e dalle brigate nere della "Silvio Parodi" e, sentendosi investita da un moto di rivolta, gridò loro in faccia: "Vigliacchi!". Bruscamente la fecero scendere dalla bicicletta, la scortarono nell'ufficio e la misero in stato di accusa. Impavida si difese, dichiarando apertamente la sua simpatia per i partigiani, ed ebbe il coraggio di aggiungere che le violenze che i tedeschi e le camicie nere commettevano erano inutili perchè ormai essi avevano perso la guerra e c'era da vergognarsene ad agire in quella maniera. "Non illudetevi: la guerra finirà presto, potete andarvene". Ciò che poi accadde sta a provare che i repubblichini si legarono al dito quell'offesa. E non soltanto quella, visto che, in un'altra occasione ancora, Alice aveva anche distribuito, davanti ad un comando di polizia, cibo e acqua a un gruppo di partigiani appena rastrellati. Nel gennaio 1944, la Noli entrò a far parte della III° Brigata Liguria svolgendo un'intensissima attività. Il 7 agosto '44 la brigata nera Ponzanelli bussò alla porta di casa di Alice, che fu portata in caserma. La donna si rifiutò di fornire ai tedeschi informazioni su dove fossero nascosti i partigiani e per questo venne picchiata violentemente. Verso l'una di notte fu caricata sul cofano di un camion. Lungo la strada per Isoverde (attuale Via Martiri della Libertà) il camion si fermò, fece scendere Alice ed altri sei arrestati. Dopo aver fucilato gli uomini, qualcuno disse "C'è anche la donna". Spinta al muro, le armi si abbassarono e la finirono. La sorella Rosita seguì l'amara vicenda, al buio, dal poggiolo. Dopo gli spari scese di corsa le scale, ma fu trattenuta dai vicini: uscirà di casa solo all'alba. Non appena riuscì a raggiungerla le abbassò le palpebre e scorse tra le dita un piccolo crocifisso che Alice portava al collo: lo aveva stretto tra i denti fino ad inciderlo. A suo nome fu intestata una brigata femminile delle SAP cittadine, ed a lei personalmente vennero attribuite la croce al merito di guerra ed una medaglia garibaldina. A fine guerra, furono dedicate alla intrepida donna una strada, una scuola materna di Pontedecimo e una scuola media di Campomorone.

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